La la HaalandChe invidia vedere la Bundesliga ripartire, mentre la Serie A si guarda ancora l’ombelico

I tedeschi come al solito offrono lezioni di pragmatismo, organizzando il ritorno dei calciatori in campo in modo efficiente. Mentre noi siamo avvinghiati nella burocrazia dei protocolli, nell’incompetenza dei politici e negli interessi particolari

Afp

Poco meno di mezzora, 29 minuti esatti, per registrare il primo marcatore nella nuova era del calcio: è un ragazzone norvegese, Erling Braut Haaland, appena 19 anni e già top player, inseguito mesi fa dalla Juventus e invece approdato al Borussia Dortmund dove segna a raffica. Il gol di ieri in stile centravanti classico, un tempo si sarebbe detto alla Paolo Rossi o alla Pippo Inzaghi, oggi il paragone più plausibile è con Ciro Immobile.

In astinenza da oltre due mesi, persino più lunga di quella estiva, i tifosi e gli amanti del calcio si sono dati appuntamento “a distanza” davanti alla tv sabato 16 maggio alle 15.30.

È ripartita la Bundesliga con una bella classica tedesca Borussia – Schalke 04 che in una vita normale non farebbe tutta questa audience, anche perché il campionato in Germania da sette anni lo vince il Bayern Monaco, in testa prima dello stop, proprio come da noi la Juventus e in Francia il Paris Saint-Germain. Ben altro appeal, insomma, hanno la Premier (qui discorso chiuso per il Liverpool) e la Liga, nell’eterno duello Real – Barça.

Non importa. La sola ricomparsa di un rettangolo di prato verde ci riporta indietro nel tempo e a me in particolare a quel 13 febbraio 2020 che segnerò come l’ultima mia partita allo stadio, Milan – Juventus semifinale di Coppa Italia. Altre volte nella storia si erano dette frasi del tipo «questo è un altro sport», in particolare con l’introduzione della Var che noi tradizionalisti dell’errore umano ha sempre lasciato forti dubbi.

Qui però non si tratta di regolamento ma di unica possibile (?) rivoluzione nella speranza di mantenere vivo non solo uno sport ma anche una significativa fabbrica di spettacolo e denaro a concreto rischio tracollo, accettando persino la nuova regola delle cinque sostituzioni che sembrano troppe pure in emergenza.

Fino al gol di Haaland, il primo di quattro, l’impatto è stato traumatico, aldilà del vuoto raggelante sugli spalti, per una rappresentazione teatrale dove gli attori apparivano più simulacri che atleti in carne e ossa. Pochissimi contrasti, nessun fallo cattivo, parecchi metri per girarsi senza il solito pressing asfissiante (con questa lentezza persino Rabiot si sarebbe esaltato), giusto qualche accelerazione a ricordarci che cos’era un tempo il gioco del calcio e infatti la prima significativa manovra ha portato al gol.

Niente esultanza, un timido balletto, un darsi di gomito, d’altra parte se in tribuna non c’è nessuno verso chi rivolgi la tua gioia? Il tap-in di Haaland, comunque, ha sbloccato il disagio psicologico dei 22 in campo. Da lì in poi qualche fallo finalmente cattivo, tre ammoniti, l’insulto di Todibo pare verso la nonna dell’attaccante (con possibile squalifica da prova tv), un controllo a distanza chiamato dall’arbitro su un dubbio fallo di mano in area, la doppietta di Guerriero e il gol di Hazard (fratello di quello famoso) e la conferma che il Dortmund è la rivale più accreditata del Bayern.

Sugli altri campi, intanto, pareggia Il Lipsia terzo, vincono in trasferta Hertha Berlino, Wolfsburg e Borussia Moenchengladbach. Siamo diventati tutti esperti di calcio tedesco? Ci stiamo esaltando per match che di solito avrebbero meno fascino di un Sassuolo – Udinese o di un Fiorentina – Bologna, tanto per citare partite di metà classifica in serie A?

Dovremmo differire il nostro tifo sui campionati stranieri? In quanto ci abitueremo alla visione del calcio sterile, disinfettato e soprattutto sarà così per sempre visto che è sempre molto difficile tornare indietro dalle nuove abitudini, e ciò non vale solo per il pallone ma anche per le libertà personali e il concetto di democrazia?

Disquisire è superfluo, intanto la Bundesliga è ripartita e i tedeschi come al solito offrono lezioni di pragmatismo, in un Paese dove non a caso governa sempre la stessa persona chiamata a lavorare per il bene del popolo e non a fare comizi. E dove tutte le società hanno remato nella stessa direzione per riprendere a giocare, mentre da noi siamo avvinghiati nella burocrazia dei protocolli, nell’incompetenza dei politici e negli interessi particolari.

Solita vecchia storia. Zlatan Ibrahimovic ha scritto su Instagram: «Grazie Bundesliga: loro dicono e fanno». Non c’è altro da aggiungere, se non il rimpianto di non essere tedeschi e di tifare una squadra italiana, anzi “la” squadra. Quello che sta accadendo mi fa immaginare l’accelerazione verso una Eurolega che superi i concetti di campionati nazionali con inevitabili spaccature. Si può essere d’accordo o no, ma è indubbio che se la stanno andando a cercare.

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