Se siete tra i felici pochi che, dopo quattro e più mesi senza lavorare, avranno i soldi per andare in vacanza, e se quindi tra le vostre preoccupazioni c’è la tutela della vostra salute negli stabilimenti balneari, sappiate che l’Inail ha pensato a voi, emettendo linee guida per il contenimento del virus nelle spiagge. Linee guida severissime che, nientemeno, prevedono che il gestore dei bagni debba effettuare una «disinfezione a fine giornata» di servizi igienici e docce.
Se questa dicitura vi preoccupa (glielo devono imporre con decreto d’emergenza, di pulire i cessi?), sappiate che è probabile i servizi igienici venissero puliti già nelle estati precedenti: infatti il documento distingue tra “disinfezione” e “pulizia” e suggerisce – come ogni brava massaia e in spregio di quella colf che in quello spot degli anni 80 non puliva il water – «pulizia più volte durante la giornata». Cosa significherà “più volte”? Prima e dopo i pasti? Ogni ora? Ogni due? Ogni tre?
Certo, potremmo fare che ognuno se la cava col buonsenso, ma la mia esperienza di frequentatrice di bagni di bar e ristoranti dice che gli unici puliti sono quelli che hanno all’interno lo schema orario delle pulizie: se non sei così sfortunata da capitarci dopo qualcuno con problemi intestinali, e il bagno è stato pulito meno d’un’ora prima, al netto del virus la situazione è in genere accettabile.
Certo, potremmo fare che ognuno se la cava col buonsenso, ma allora perché mai produrre delle linee guida. Gli italiani hanno d’altra parte già dimostrato di cavarsela benissimo con le indicazioni generiche: quando gli è stato detto che potevano passeggiare «in prossimità» della loro abitazione non si sono affatto mostrati bisognosi di specifiche.
Sono previste anche le spiagge libere, casomai foste tra i felici pochi che tengono al loro riposo dopo quattro mesi di non lavoro ma tra gli infelici molti che non potranno più permettersi di dare a uno stabilimento balneare venti euro al giorno a sdraio (che nell’italiano da questione meridionale delle linee guida si pluralizza in “sdraie”).
Il comitato dei saggi suggerisce un’app per prenotarsi il posto sulla spiaggia libera. Non è dato sapere chi, una volta arrivati lì, dovrebbe garantire alla tua allegra famigliola i metri quadri che hai prenotato sull’app, su una spiaggia che è appunto non gestita e non organizzata in stabilimento. S’intravedono nuovi posti di lavoro: dopo i navigator che dovevano trovare lavoro agli altri non avendone uno loro, i parcheggiatori di corpi al sole sulle spiagge libere. Parcheggiator, sandeggiator, ombrellonaggiator: come vogliamo chiamarli?
Vengono inoltre invocate «disposizioni volte a limitare lo stazionamento dei bagnanti sulla battigia». Vediamo quindi, felici pochi vacanzieri, di stilare un elenco delle attività vacanziere che non sarà possibile intraprendere nelle vacanze 2020.
Fossimo negli anni Cinquanta, direi che la mamma non potrà stare seduta in riva al mare a farsi massaggiare la cellulite dalle onde, e il papà non potrà rimorchiare la turista esitante che non è ancora entrata in acqua perché le pare troppo fredda. Per fortuna viviamo nell’illuminata epoca in cui questi cliché di genere sono vietati, e quindi mi limiterò a far presente che i bambini non potranno fare i castelli di sabbia, ergo te li troverai tra le scatole anche per quella mezz’ora in cui avrebbero giocato agli architetti. Che vacanza bestiale.
Ma ci sono anche buone notizie, per quest’estate italiana. S’invoca, in conclusione di documento, una «vigilanza sui bambini» che pare cosa buona e giusta a ogni bagnante civile: perché ai figli degli altri non fosse consentito venire a tirarti la sabbia negli occhi sotto al tuo ombrellone, ci voleva il comitato di saggi e il distanziamento da virus.
C’è anche un analogo documento che concerne il settore della ristorazione. In cui ci si svela – meno male che il comitato dei saggi c’è – il rischio di contaminare, stando seduti al ristorante da infetti, «superfici come, ad esempio, stoviglie e posate». Quindi se ti metti la forchetta in bocca le trasmetti il tuo eventuale virus, e fin qui tutto come previsto.
Quello che non è chiarissimo all’italiana ligia, alla tapina che ha sentito per mesi invocare come misura precauzionale necessaria e sufficiente il lavarsi le mani, azione di solito effettuata con acqua a 30 gradi, quel che non le è chiaro è come sia possibile che la forchetta passata in lavastoviglie prima d’infilzare il suo cibo non sia non dico sterile ma insomma ben più igienizzata delle mani lavate sotto il lavandino.
Le lavastoviglie dei ristoranti lavano a 70 gradi: non dovrebbero bastare a rassicurarmi circa il fatto che mettendomi in bocca la forchetta col mio boccone io non mi stia in realtà mettendo in bocca la saliva di tutta la clientela precedente? C’è un comitato di saggi che possa rassicurarmi in merito, al netto dell’emergenza?