Svuotare Internet col cucchiainoLa Commissione ha imposto alle piattaforme digitali di togliere la pubblicità ingannevole sul coronavirus

Dall’inizio della pandemia, Bruxelles lavora con le società più grandi per rimuovere banner e annunci truffa di prodotti miracolosi o con prezzi troppo alti. Google ne ha rimossi o bloccati almeno 80 milioni, Amazon ha visto ridurre del 77 per cento i prodotti contraffatti legati alla crisi sanitaria

Pixabay

In gergo tecnico si chiama sweep. In pratica si tratta di togliere le pubblicità ingannevoli legate al coronavirus: prodotti difettosi, prezzi eccessivi, truffe. Da quando è iniziata la pandemia la Commissione europea compie questa fatica simile al mito greco di Sisifo: di giorno porta il masso in cima la montagna, di notte se lo ritrova a valle.

Per evitare di rimanere intrappolata nella metafora, Bruxelles ha organizzato un controllo a tappeto collaborando con le maggiori piattaforme online e le autorità per la protezione dei consumatori dei 27 Paesi. L’obiettivo era trovare la pubblicità ingannevole legate a mascherine, gel igienizzanti, kit di test per il tampone, alimenti o integratori che avrebbero presunti effetti curativi legati al coronavirus, mai però confermati dalla scienza.

La scansione approfondita è stata realizzata dalla rete europea di cooperazione per la protezione dei consumatori (Cpc) che ha prima fatto uno screening di alto livello delle piattaforme online e poi un’analisi approfondita di annunci pubblicitari e siti Web specifici collegati a prodotti molto richiesti a causa del coronavirus .

Questa ricerca ha coinvolto 268 siti Web, 206 dei quali sono stati contrassegnati per ulteriori indagini per potenziali violazioni del diritto dei consumatori. Almeno 88 siti web contenevano prodotti con pretese di presunti effetti curativi o preventivi contro il coronavirus, in 30 siti c’erano affermazioni inesatte sulla scarsità di prodotti e  24 siti web sono sotto sospettati di aver presentato prezzi eccessivi per alcuni prodotti sanitari.

La pubblicità ingannevole può essere anche più subdola. Nello sweep, la Commissione ha scoperto che in 39 casi il prezzo di vendita non era facilmente identificabile o leggibile, oppure non era possibile risalire all’identità del venditore (58 siti web) o l’indirizzo geografico dello stabilimento che vendeva i prodotti. Senza nome e luogo chiari e riconoscibili aumentano i sospetti di una possibile truffa.

Questa proiezione ha rivelato alcune tecniche ingannevoli usate dai truffatori che rendono più difficile essere trovati dalle autorità per la protezione dei consumatori: per esempio alcune affermazioni implicite di cura delle qualità dei prodotti con immagini o illustrazioni grafiche o persino l’inserimento di errori ortografici intenzionali per evitare filtri automatici basati su testo.

Non è il primo screening che il Cpc fa a nome della Commissione. Grazie alla collaborazione con Bruxelles molte piattaforme online hanno bloccato a o rimosso annunci falsi o fuorvianti correlati al coronavirus: Google oltre 80 milioni, eBay ha tolto o bloccato più di 17 milioni di annunci dal proprio mercato globale che violano le norme dei consumatori europei. Mentre Amazon ha segnalato una riduzione del 77% del numero settimanale di nuovi elenchi di prodotti con dichiarazioni relative al coronavirus rispetto a marzo.

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