Karlsruhe vs FrancoforteIl populismo economico dei giudici tedeschi

Il verdetto della Corte costituzionale federale usa argomenti che non sfigurerebbero in un programma di un qualsiasi partito sovranista, un inno a disfarsi di parassiti che lucrano sulla generosità teutonica. Quando la magistratura invade il campo della politica i danni sono irreparabili

Afp

Mentre la politica italiana si consuma nella tragica farsa di una “lite tra comari” (chiedendo perdono a Nino Andreatta e Rino Formica, i ministri del governo Spadolini per cui fu creata la metafora) tra due esponenti delle istituzioni che si azzuffano in un talk show non da salotto buono, la campana suona per tutti a Karlsruhe, sede della Corte Costituzionale tedesca.

Ciò che hanno deciso i giudici federali, non è solo una questione da giuristi o da esercitazione accademica, (cui volentieri lasciamo il compito) ma è nella sostanza il più insidioso attacco mai mosso da un organismo giurisdizionale a due delle più importanti articolazioni dell’Unione Europea, quella economico-finanziaria e quella giudiziaria. Una cosa senza precedenti con implicazioni politiche (che qui invece interessano moltissimo) a lunga gittata.

Non è la prima volta che la Corte di Giustizia deve avere a che fare con le recalcitranti resistenze delle supreme corti nazionali dei paesi membri. Ad esempio, è successo con l’Italia qualche anno fa sul tema altrettanto scottante della prescrizione ma non c’era mai stata una tale e diretta ingerenza nella politica economica dell’Unione.

E dire che sulla questione era già intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione europea con sentenza del 2018 in cui aveva tagliato corto: il Public Sector Purchase Program (il vecchio programma della Banca centrale europea di acquisto straordinario di titoli sul mercato secondario) è perfettamente conforme ai principi del Trattato, punto.

I Giudici tedeschi, invece hanno rimesso in discussione tutto e chiedono al governo Merkel e al parlamento tedesco di rinegoziare con la Banca centrale europea i termini del Pspp. Perché? A loro parere esso eccede i limiti stretti delle finalità che l’Unione persegue tramite la Banca centrale primo fra tutti, la stabilità dei prezzi (art.127 TFUE).

Secondo la Corte costituzionale, la Bce sta violando il principio di proporzionalità posto dall’art. 5 del Trattato, causando un danno ai risparmiatori tedeschi derivanti dalla politica di bassi interessi per i titoli di debito dei paesi economicamente meno virtuosi (e qui la fantasia non ha bisogno di sbizzarrirsi).

Questa decisione incomprensibilmente capovolge l’orientamento adottato dalla Corte di Karlsruhe appena quattro anni fa (e poi ribadito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea) contro il programma Omt (Outright Monetary Transactions) di acquisto di titoli pubblici sul mercato secondario varato anche in quella occasione dalla Bce.

Allora i supremi giudici avevano ribadito,che la competenza a valutare la rispondenza ai principi di stabilità della politica monetaria della Banca Centrale posti dal trattato europeo ( TFUE) spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Quattro anni dopo la Corte Costituzionale ha cambiato idea e l’impressione che non lo abbia fatto con il pensiero rivolto ai titoli del Pspp varato nel 2016 da Mario Draghi (il ben noto proclama del 2012 Whatever it takes) che sono l’oggetto della causa, ma al Pepp (Pandemic Emergency Purchase Program) da 750 miliardi di euro lanciato a marzo da Christine Lagarde.

Basta leggere il testo del provvedimento dei giudici tedeschi quando osservano che il Pspp «migliora le condizioni di rifinanziamento degli Stati membri in quanto consente loro di ottenere finanziamenti sui mercati dei capitali a condizioni notevolmente migliori di quanto accadrebbe in assenza del programma. In particolare, il PSPP potrebbe avere gli stessi effetti degli strumenti di assistenza finanziaria ai sensi dell’art. 12 e seguenti del Trattato del Meccanismo europeo di stabilità».

Un invito neanche troppo sottinteso a usufruire del famigerato Mes che almeno consente la sorveglianza del creditore. E non potrebbero essere più chiari anche gli ulteriori passaggi dedicati alle banche e alle imprese concorrenti di quelle tedesche che trarrebbero indebito beneficio dai programmi di soccorso della Bce.

E così «il Pspp incide anche sul settore bancario commerciale trasferendo grandi quantità di titoli di Stato ad alto rischio nei bilanci dell’Eurosistema, il che migliora significativamente la situazione economica delle banche interessate e aumenta il loro rating creditizio».

Nel verdetto la Corte cita i risparmiatori tedeschi «indirettamente colpiti, fra cui azionisti, affittuari, proprietari immobiliari, risparmiatori o titolari di polizze assicurative Ad esempio, vi sono notevoli perdite per i risparmi privati» ed alle imprese «poiché il PSPP riduce i tassi di interesse generali, consente alle società economicamente non redditizie di rimanere sul mercato».

E infine «più il programma continua e più aumenta il suo volume totale, maggiore è il rischio che l’Eurosistema diventi dipendente dalla politica degli Stati membri in quanto non può più semplicemente concludere e annullare il programma senza che la stabilità dell’Unione monetaria ne venga compromessa».

Sono argomentazioni che non sfigurerebbero in un programma di un qualsiasi partito sovranista, un inno a disfarsi di parassiti che lucrano sulla generosità tedesca, invece questa è l’autorevolissima opinione del massimo consesso giuridico del paese leader in Europa, a conferma di un principio non scritto ma ampiamente verificato sui danni irreparabili che la giurisdizione può arrecare quando invada i campi della politica. Il ciabattino dovrebbe pensare alle pantofole, invece si improvvisa economista e politico.

Al perentorio invito della Corte la BCE ha risposto con un belato della Lagarde mentre Ursula Von Der Leyen ha doverosamente ricordato ai giudici tedeschi che loro devono uniformarsi a ciò che scrive la Corte di Giustizia. Il che non è facilissimo perché, a partire dalla Consulta italiana , negli ultimi tempi le corti nazionali si sono dimostrate assai insofferenti a questo primato, anzi lo contestano.

La Corte di piazza del Quirinale ad esempio con alcune sentenze ha autocertificato la propria supremazia quando si tratti di difendere i principi costituzionali nazionali. Allora lo fece a fin di bene e salvò la prescrizione dalla richiesta di disapplicazione della Corte Europea ( in fin dei conti Bonafede non è esattamente un figlio di nessuno ma il frutto di un’onda lunga) oggi il rischio è che quella contestazione di supremazia costi all’Italia un prezzo salato.

L’Unione europea può salvarsi solo se la politica risponderà; se Angela Merkel avrà il coraggio di ribadire ai giudici tedeschi che a lei quel programma e soprattutto lo spirito europeo che lo ha originato sono «nell’interesse della Germania».

Farà bene a ricordare che ci sono casi in cui l’emergenza può giustificare degli strappi e che 77 anni fa il presidente Paul von Hinderburg rifiutando di utilizzare la clausola costituzionale dello “ stato di eccezione” e di assumersi la responsabilità politica di fronte ad un paese spazzato dalla crisi economico-istituzionale volle rispettare alla lettera lo statuto democratico: e dunque nominò cancelliere un tale Adolf Hitler.

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