Cover meLa fine delle copertine patinate, causa mascherina anti corona

I cosiddetti dispositivi di protezione individuale evitano la trasmissione del virus, ma nascondono anche il doppio mento e soprattutto consentono agli editori di risparmiare sui servizi fotografici

JOHN MACDOUGALL / AFP

Quindi normalmente sono uscita, dopo quattro ore e cinquanta giorni. Pioveva d’una pioggerellina fessa, e normalmente ho incontrato solo due persone senza mascherina (una aveva un sacchetto dell’Esselunga: ma al supermercato ti fanno entrare senza mascherina?).

Non volevo specializzarmi nella ricerca spasmodica del cretino in cui s’intrattengono i quotidiani italiani, giuro: volevo solo percorrere i trecentocinquanta metri che mi separano dalla farmacia più vicina.

Non ho però potuto fare a meno di notare che tutti quelli che incrociavo – il tizio che aspettava qualcuno sotto al portone, quello che aveva appena ritirato delle analisi, i muratori che in due cantieri stavano fumando, le tizie che camminavano parlando al telefono – tutti ma proprio tutti avevano la mascherina abbassata sul mento.

La mia non è un’istanza moralizzatrice, quanto un’osservazione che regalo ai giornali patinati, che continuano ad adempiere al loro compito di farci sembrare irresistibile quella nuova borsetta con cui fare invidia alle amiche – anche in questo periodo in cui, non uscendo di casa, per fare invidia alle amiche bisogna inventarsi metodi nuovi, instagrammarsi con l’ultimo modello d’aspirapolvere, cose così.

Insomma, cari giornali patinati: cos’aspettate a capire che la mascherina ha sostituito la barba, come accessorio hipster con cui occultare il doppio mento.

Date retta: invece che con borsette e bikini, il prossimo servizio di moda scattatelo con mascherine tempestate di brillanti. Certo, poi ci sarebbe il contraccolpo moralista – gli infermieri rischiano di morire perché non ci sono abbastanza mascherine e voi pensate a come accessoriarle, vergognatevi – ma ogni nuova moda ha bisogno di sacrifici sull’altare della polemica.

All’andata pensavo che quelle che parlavano al telefono senza mascherina fossero capricciose, ma all’arrivo in farmacia ho scoperto ciò che probabilmente tutti già sanno da settimane, non essendo stati in casa cinquanta giorni: è impossibile avere una conversazione con gente mascherata.

Mi scocciava fare la nonna sorda che continua a rispondere «Eh?! Che ha detto?!», quindi ho risposto «Sì» a ogni frase della farmacista; spero tra di esse non ci fosse «A questo medicinale che acquista abitualmente è stato aggiunto del cianuro, è sicura di volerlo lo stesso?».

La farmacista aveva, oltre alla mascherina, anche una visiera di quelle che indossava Jennifer Beals quando faceva la saldatrice in Flashdance.

Mi sono ricordata di Fiorello che raccontava, conciato con visiera e mascherina, d’aver incontrato dei paparazzi disperati che erano stati contentissimi di poter finalmente fotografare un famoso, benché irriconoscibile: non esce più nessuno, si disperavano, i giornali prendono le foto da Instagram e noi non vendiamo più niente.

Mentre i rotocalchi saccheggiano i social, i giornali patinati come hanno risolto il problema delle foto, come illustrano interviste ad attori che l’intervistatore si precipita sempre a dichiarare siano state fatte via Skype? Nel modo in cui ogni mercato risolve preferenzialmente i contrattempi: tagliando sui costi.

Hanno scoperto che si può risparmiare sui fotografi: chi me lo fa fare di pagare la tariffa di Rankin se posso dire a Robert Pattinson «Fatti delle foto da solo», mandargli i vestiti che gli avremmo messo addosso, e fargli fare ciò che ormai, nell’era dell’autoscatto, sanno fare tutti?

L’ha fatto l’edizione americana di GQ, in Italia l’aveva fatto (con Alessandro Borghi) Rolling Stone, nei prossimi mesi è sensato pensare lo faranno tutti ovunque.

Le foto erano l’ultima cosa su cui il giornalismo patinato non risparmiasse, e adesso è caduto anche quel mercato lì: si possono fare i giornali di moda a costo zero.

È un risparmio notevole per gli editori, ma anche un bel sollievo per attori e cantanti e star assortite che non devono passare una giornata a dire «Eh?! Che hai detto?!» a fotografi e stylist e parrucchieri con mascherina che cercano di ottenere l’immagine perfetta, relitto ideologico d’un’epoca in cui le star non s’instagrammavano in autoscatti realizzati al cesso, senza neanche abbassare la tavoletta prima di scattare.

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