Antonio Parenti«Il Next Generation Eu non è un fondo per tornare all’era pre-Covid»

Parla il nuovo capo della Rappresentanza della Commissione europea in Italia: «La solidarietà europea non è fine a se stessa ma indirizzata a migliorare nel lungo periodo le nostre società. Bisogna assicurare un futuro più sostenibile, più digitale, più verde»

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Il capo della Rappresentanza della Commissione europea in Italia è un compito di prestigio ma ha una caratteristica che lo rende uno dei mestieri più difficili nel mondo: far capire agli italiani e ai mass media cosa fa per loro l’Unione europea ogni giorno. È ancora più difficile farlo nel bel mezzo di una pandemia e di un negoziato tra Stati nazionali per decidere come spendere 750 miliardi di aiuti, quando la tentazione di molti politici è quella di prendersi i meriti e scaricare le colpe su Bruxelles.

Per complicare ancora più le cose, Antonio Parenti, entrato in carica dal 1 giugno, fino a poche settimane fa dirigeva la sezione Affari economici, commercio e sviluppo della delegazione dell’Ue presso le Nazioni Unite. Chi mastica un po’ di diplomazia sa che si tratta di una lavoro molto diverso con regole, tic e protocolli forse agli antipodi.

«Per l’intensità più che 19 giorni mi sembrano di stare qui da almeno due anni: ogni giorno imparo qualcosa e metto a frutto la mia esperienza. Finora è stato entusiasmante, ma la curva di apprendimento è molto ripida. Diciamo che non abbiamo tempo per annoiarci», spiega Parenti.

Ecco Parenti, spieghiamo cosa fa la Rappresentanza della Commissione europea in Italia. 
Ci sono alcuni compiti che sono assimilabili al lavoro che viene fatto da un’ambasciata. Per esempio comunicare periodicamente a Bruxelles un’analisi del dibattito politico in Italia, e viceversa far capire il pensiero della Commissione europea alle istituzioni italiane, con cui cooperiamo costantemente. Ma ci tengo a chiarire un punto.

Prego.
Noi siamo una Rappresentanza, non un’ambasciata. Non lavoriamo in uno Paese terzo ma in uno Stato membro e fondatore dell’Unione. E il nostro obiettivo principale è quello di spiegare ai cittadini cosa fa l’Unione europea per loro ogni giorno. Lo facciamo via social ma in condizioni normali organizziamo gli eventi nei nostri spazi di Roma e Milano per divulgare il più possibile la realtà europea. Per esempio abbiamo fatto conoscere il grande lavoro di raccordo svolto dalla Commissione con gli Stati membri per favorire l’arrivo del materiale sanitario in Italia durante la pandemia, ma anche l’attività concreta dei fondi strutturali nelle regioni italiane, il collegamento con realtà scolastiche e universitarie, l’Erasmus.

Non è sempre facile comunicarlo.
C’è un errore di fondo da parte nostra che va modificato: nel lavoro della Commissione c’è una parte tecnica necessaria, una mole di lavoro complicata, difficile da far capire al cittadino comune e percepita spesso come poco interessante. Anche per questo a volte siamo timidi nel comunicarla. Ma è importante: l’80-90% della legislazione economica in Italia viene determinata a livello europeo. Non parliamo solo del grande accordo commerciale, ma qualcosa di molto più concreto che riguarda la vita degli italiani tutti i giorni.

Per esempio?
La spesa al supermercato. Gli italiani possono fidarsi della qualità dei prodotti che comprano grazie all’Unione europea che pretende il rispetto di alcuni requisiti standard di alta qualità. La standardizzazione dei prodotti in agricoltura sarà pure un termine difficile, ma è qualcosa di molto concreto nella vita dei cittadini europei.

E il Next Generation Eu, il piano della Commissione europea da 750 miliardi è stato ben comunicato?
È stato comunicato nel modo in cui doveva essere comunicato. Si è messo l’accento sugli aspetti fondamentali di questo fondo. La solidarietà europea non è fine a se stessa ma indirizzata a migliorare nel lungo periodo le nostre società. Il Next Generation Eu non è semplicemente un fondo per tornare all’era pre covid. Non guarda al passato ma disegna il futuro. La maggior parte dei mass media italiani è riuscito a riportare questa enfasi: dobbiamo assicurare alle prossime generazioni un futuro più sostenibile, più digitale, più verde.

I miliardi saranno erogati tramite i fondi europei e in base ai settori indicati dagli Stati. In attesa dei risultati possiamo fidarci del metodo?
Avere soldi legati a progetti in settori specifici con finalità precise è sicuramente uno stimolo e una garanzia che queste riforme saranno realizzate. Sono convinto che si tratta dello strumento calibrato per tutte le esigenze. Ovviamente nella misura in cui gli Stati membri definiranno le loro priorità all’interno del quadro che da tempo propone l’Unione europea.

Il piano però dovrà ancora essere negoziato dagli Stati. Secondo lei c’è il rischio che alla fine diminuirà il numero dei miliardi a disposizione?
È un negoziato che ha luogo in un contesto storico molto diverso rispetto a quello dell’inizio dell’anno in cui si è discusso del bilancio pluriennale europeo 2021-2027. Credo ci saranno delle modifiche. Se posso azzardare una previsione direi che il testo sarà modificato più nell’allocazione dei fondi che nei numeri generali. Forse ci sarà più flessibilità nelle varie voci che tagli drastici o particolari aumenti rispetto alle cifre di cui si sta già parlando.

In passato lei è stato il vice-capo negoziatore dell’accordo di libero scambio col Giappone, il più importante negoziato commerciale siglato dall’Unione europea. Come giudica lo stallo nelle trattative post Brexit con il Regno Unito?
È complicato. Sarebbe opportuno arrivare a una soluzione condivisa sulla base dei testi fin qua accordati in maniera molto rapida. Dobbiamo evitare di non arrivare a fine anno senza accordo. Credo sia nell’interesse anche degli inglesi finire bene il negoziato. Dal punto di vista europeo ci sono delle linee rosse su cui non si potrà transigere: per accedere al mercato unico bisogna rispettarne i requisiti e assicurarsi che tutte le impresse adottino una concorrenza leale.

Il tempo scorre e mancano solo sei mesi al 31 dicembre, ancora meno al 31 ottobre, l’ultima data per l’approvazione tecnica dell’accordo da parte dei rispettivi parlamenti.
In realtà esiste una differenza fondamentale tra il negoziato che l’Unione Europea ha fatto con il Giappone e quello con il Regno Unito perché in questo ultimo caso stiamo parlando di un ex stato membro. Gran parte della legislazione che esiste oggi nel Regno Unito è una legislazione europea e c’è una filosofia economica e commerciale comune. Se da parte inglese c’è la volontà di avere mani completamente libere per altri accordi e al tempo stesso avere tutte le garanzie di accesso al mercato comune allora diventa una situazione molto complicata.

Il Parlamento europeo ha chiesto che la Conferenza sul futuro dell’Europa parta ad autunno. State già pensando a come coinvolgere i cittadini?
Sì, spero che la Conferenza diventi uno strumento rilevante per la discussione con i cittadini. Non può essere solo un discorso tra gli addetti ai lavori. Bisogna coinvolgere le istanze degli enti locali e regionali ma soprattutto inserire il più possibile i cittadini nel dibattito su cosa vorrà essere l’Unione nel futuro

Intanto i cittadini non hanno nel presente sempre un’ opinione favorevole dell’Unione. Come riportano i dossier del Servizio esterno per l’azione europea ci sono stati molti episodi di disinformazione e propaganda anti Ue da parte di Paesi terzi. Come si risolve un problema del genere?
Un antidoto estremamente rilevante è la comunicazione diretta da parte nostra ma anche di chi ha qualsiasi responsabilità politica su cos’è l’Europa: quali sono stati i benefici, quali sono i problemi da risolvere e soprattutto quali sono gli interessi da perseguire. Una volta che si comprendere quali sono gli interessi europei e come si arriva alla loro definizione, credo che alcuni tentativi veri non veri, forti o non forti, ma purtroppo ben documentati, gli atti di influenza da parte di Paesi terzi avranno un impatto minore. Capiamoci: siamo cittadini italiani, ma anche europei. Abbiamo le nostre differenze ma è tantissimo ciò che ci unisce. Quello che abbiamo fatto in questi 70 anni è straordinario, nessun altra istituzione è riuscita a fare lo stesso.

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