Il coronavirus, nella nostra vita, è uno spartiacque per tanti aspetti importanti. In primis, ovvio, lo è per la salute, poi per il lavoro, la sfera economica e anche per il tempo libero. Insomma, c’è un prima e un dopo, con le abitudini di tutti noi che probabilmente cambieranno per molto tempo o, forse, per sempre.
In questo passaggio epocale, nel settore della pubblicità, sta emergendo una ulteriore linea di confine prima inimmaginabile: il respiro – inteso proprio come il gesto del respirare – che diventa la nuova forma di lusso, con la possibilità di respirare (bene) che assume il ruolo di vera e propria attrazione turistica e assurge a status d’ispirazione e aspirazione (i giochi di parole sono voluti).
Spieghiamo la questione con tre pubblicità del Corriere della Sera, la più importante testata cartacea d’Italia e quindi, inevitabilmente, lo spazio a pagamento con più visibilità e autorevolezza possibile per la carta stampata nazionale.
La prima – a pagina intera, (addirittura) la quarta – è del 7 marzo e ha tutte le carte in regola per rappresentare uno dei punti più bassi della storia dell’advertising del nostro Paese. Siamo nello stesso giorno di morti a decine e della fuga di notizie – e di italiani verso il sud – in risposta al decreto anti-contagio e abbiamo visto quanto segue: su foto a tutta pagina di famiglia felice con padre, madre e figlia imbacuccati sulle piste da sci, campeggia il titolo alto «Vivi la montagna a pieni polmoni» e in basso, sopra i loghi di Bormio e Livigno – Dio vi perdoni –, si aggiunge, come se non fosse già abbastanza chiaro il messaggio: «C’è una zona bianca dove star bene è contagioso».

Pieni polmoni… zona bianca… contagioso… Dai, questa roba è un crimine. Non solo contro il buongusto e il buonsenso, ma anche contro l’intelligenza. E non vale nemmeno sapere quale agenzia pubblicitaria possa aver avuto il pelo sullo stomaco di aver inventato un claim da sciacallaggio così spregevole. E non è neanche interessante conoscere i nomi di quei “fenomeni” che hanno avuto l’incoscienza di approvare e poi pagare tale campagna con i soldi dei cittadini, anche perché di campagne simili, allestite in tutta fretta che cercavano di invogliare gli studenti a casa da scuola ad andare a sciare, ce ne sono state altre.
Poco dopo è arrivato il lockdown e tutto il resto, che ormai è storia universale, e fortunatamente simili riferimenti sono terminati e nella drammaticità dell’escalation dell’epidemia di coronavirus in Italia, ancora nel mese di marzo e soprattutto nelle prime due settimane della quarantena nazionale, abbiamo assistito a una comunicazione pubblicitaria molto particolare che andava in tre direzioni: la prima è stata quella di abbinare il proprio marchio allo slogan #iorestoacasa, sensibilizzando sull’importanza capitale di questo precetto per fermare il contagio; la seconda ha puntato sui ringraziamenti – dei marchi – agli operatori sanitari; e la terza invece ha esplicitamente pubblicizzato quanto hanno donato imprese e imprenditori agli istituti ospedalieri.
Adesso, però, con l’allentamento della morsa del virus, la riapertura al transito nazionale, la fine dell’anno scolastico e il lento avvio della stagione estiva, quella strategia a dir poco aggressiva del “pieni polmoni” è sorprendentemente riapparsa con rinnovato vigore e portentosa ricrescita di pelo sullo stomaco.
Ecco quindi che – sempre dalle pagine del Corriere della Sera – il 19 giugno a pagina 21 è la Regione Liguria che cala il “briscolone” e stavolta la famiglia felice è tutta in bicicletta con i pubblicitari che trovano geniale questo slogan: «Respirare, camminare, pedalare, nuotare, gustare».

E forse il messaggio funziona davvero perché qualche giorno dopo ci si mette anche il Trentino, rilanciando il concetto con doppia pagina – per l’esattezza siamo al 24 giugno – su due ciclo-amatori che da un suggestivo promontorio contemplano il paesaggio mozzafiato – certo, mozzafiato l’ho usato non a caso – su Riva del Garda, con, a questo punto, l’immancabile e in maiuscolo: «RESPIRARE». Seguito da «La libertà ha un profumo».

Cosa dite? Nelle vicine Lombardia ed Emilia-Romagna, tanto per citare un paio di regioni dei dintorni, non si respira? Per non dire che, ancora a caso, in Veneto non si è liberi? Nelle Marche non si cammina? In Umbria non si pedala? In Sardegna non si nuota? E in Puglia non si gusta?
“Ciaone”, come diceva quello, alla vacanza in un luogo esclusivo ed esotico, al capo di alta moda, all’orologio svizzero di lusso o alla supercar da 12 cilindri, il mantra della pubblicità di oggi è: vieni a respirare da noi. Nella speranza che la prossima pandemia non colpisca l’intestino, altrimenti i pubblicitari scenderanno ancora più in basso.