È un leggero dolore leggere le previsioni sul turismo italiano che stanno girando in questi giorni in Rete, anche per chi è solo un utente e non è coinvolto in prima persona nel settore. Per i tre mesi dell’estate 2020 si prevedono 12,8 milioni di viaggiatori e 56 milioni di pernottamenti in meno rispetto all’estate 2019 (dati Cst per Assoturismo Confesercenti).
Una brusca frenata che cancellerà oltre 3,2 miliardi di euro di fatturato. A pesare è soprattutto il calo dei visitatori stranieri: sui 56 milioni di pernottamenti perduti, ben 43 milioni sono di turisti esteri che quest’anno non giungeranno nelle località del nostro paese, con un crollo del -43,4% rispetto all’estate 2019: quasi un dimezzamento. La flessione sarà invece più contenuta per la domanda interna dei viaggiatori italiani (-11,6%). Questo è lo scenario del mercato del turismo che quest’anno dal lato della domanda sarà autarchica e di prossimità.
È cambiata anche la comunicazione del turismo. Innanzitutto si è drasticamente ridotta, anche perché di fatto è partita – timidamente – dalla prima metà di maggio. Sono cambiati anche i messaggi, perché oggi il turismo vende soprattutto bellezza, serenità e sicurezza: quindi le parole chiave sono per lo più tranquillità, protezione, prendersi cura, ma anche apertura e libertà, perché altrimenti il rischio è quella di creare recinti e piccole riserve.
Cambiano molto invece i media di riferimento: pochissimi spot tv da parte dei grossi gruppi, perché c’è da risparmiare, ma anche meno affissioni e stampa. Tutto si sta giocando e si giocherà sul digitale che, come abbiamo già avuto modo di leggere, come canale pubblicitario ha risentito in modo ridotto della pandemia.
Per quanto riguarda le strutture alberghiere, i tour operator e le destinazioni vacanziere oltre a investire su Google e Facebook hanno riesumato gli influencer, molti dei quali erano caduti in letargo durante il lockdown. I Ferragnez sono stati invitati per un week end in un B&B a Manarola alla Cinque Terre in cambio di foto e commenti favorevoli sui social: in due giorni i follower delle pagine web della struttura turistica sono passati da tremila a trentamila e, a detta del proprietario, anche le prenotazioni si sono moltiplicate.
Ma sono le città d’arte a essere quelle più penalizzate dall’assenza del turismo straniero, così il gagliardo assessore alla cultura di Firenze Tommaso Sacchi sta pianificando la promozione turistica su Instagram coinvolgendo influencer come l’Estetista Cinica che quotidianamente dispensa consigli di bellezza a 656 mila follower per raccontare loro la bellezza di Firenze.
Lo stesso farà con i nuovi storyteller dei social come Stefano Guerrera, Paolo Stella e Wikipedro, nomi che a molti di voi non diranno niente ma che hanno centinaia di migliaia di fedelissimi follower millennials.
Sarà un’estate strana per il turismo in cui magari località blasonate faranno molto fatica e antichi borghi misconosciuti riescono a diventare desiderati e perfino popolare: è successo in queste settimane con il borgo di Campli, in Abruzzo a 11 km da Teramo, inserito già tra i borghi più bella d’Italia, la cui amministrazione durante il lockdown ha creato il format BorGO! con una serie di appuntamenti su prenotazione che animano il centro storico, i bar, i ristoranti e i musei, a cui anche il The Guardian ha dedicato un articolo.
Interessante anche la campagna social caratterizzata dall’hashtag #SardegnAperta che porta l’attenzione sui vari aspetti che rendono la Sardegna unica e speciale anche in questo periodo complicato: un progetto di comunicazione creativa nata dal basso e senza scopo di lucro a cui possono aderire istituzioni, aziende e privati cittadini al fine di consolidare valori come la condivisione e il senso di comunità.
Per finire questa breve carrellata, non possiamo non tacere sulla polemica di questi giorni in merito alla descrizione dell’aeroporto di Lamezia Terme sul sito di Easy Jet. Una volta appurato che si è trattata di una uscita non felice e di una cattiva traduzione dalla guida Lonely Planet (ma il senso era più o meno lo stesso), vale la pena fare una riflessione.
Se oggi, come abbiamo già scritto, le aziende mirano a diventare sempre più delle media company, inevitabilmente dovrà cambiare l’approccio nel realizzare i contenuti. Quindi la domanda da porci è: per un’azienda che vuole attuare questa strategia di content, in qualunque settore essa operi, è peggio mentire od omettere alcuni particolari al fine di vendere? Anche da questa risposta forse passa la comunicazione prossima ventura.