Il problema con la birra di qualità all’interno della cosiddetta grande distribuzione organizzata, nei supermercati, è lo stesso che riguarda diversi altri settori merceologici distribuiti in modo capillare su larga scala: la necessità si conservino per un periodo piuttosto esteso di tempo e che siano sempre uguali a se stessi, che siano cioè sempre riconoscibili da tutti che ci si trovi a Catania o a Milano, che sia inverno o che sia estate.
La birra (non tutta, ci sono molte ed eccellenti eccezioni), a differenza per esempio del vino, è un po’ come il pane: più è fresca e meglio è. Questo il motivo per cui alcuni stili, come vengono definite le varie tipologie di birra presenti sul mercato, è sempre preferibile consumarli nel minor tempo possibile dall’imbottigliamento. La loro parabola evolutiva, il loro stato di forma, è spesso discendente: sono birre che bevute entro qualche settimana, magari pochi mesi, sono eccellenti; dopo anche solo due anni probabilmente scadenti.
Quando ci si trova davanti ai lunghi scaffali della birra, al supermercato, tante le cose che andrebbero tenute quindi a mente per provare a trovare bevande di qualità. Due, in particolare.
Meglio bere locale
Sono molte le catene che riescono a differenziare la propria offerta in base alla collocazione geografica dei punti vendita. Questo permette loro di stringere accordi con birrifici che operano prevalentemente in determinate aree, spesso regionali. Realtà che non potrebbero soddisfare una richiesta nazionale ma che non hanno problemi a distribuire le proprie birre entro alcune decine di chilometri dallo stabilimento. Coop ma non solo, è notizia di qualche settimana fa l’inizio di una collaborazione tra Unionbirrai, associazione di categoria che tutela i piccoli birrifici indipendenti italiani, e Despar per portare all’interno dei punti vendita di alcune selezionate regioni italiane birre prodotte nelle zone dai suoi associati. Una bella possibilità per alcuni microbirrifici artigianali per raggiungere più facilmente gli appassionati ed entrare in contatto con un maggior numero di clienti.
Attenzione: la cosiddetta industria, le grandi multinazionali della birra, ha spesso all’interno dei suoi portafogli marchi che agli occhi del consumatore possono sembrare molto locali, strettamente collegati a una città o a una regione. Niente di più falso, non solo perché possono essere birre prodotte a centinaia di chilometri di distanza ma anche, e soprattutto, perché si tratta di birre di qualità molto scadente. Magari quando la si sta sorseggiando al tramonto, in spiaggia, non ci si fa caso, ma quella lager industriale così famosa se inserita alla cieca in una degustazione uscirebbe malissimo, mai all’altezza della grande maggioranza delle lager artigianali.
È un po’ questo il punto: le birre industriali per poter competere in termini di diffusione e di prezzo devono necessariamente scendere a compromessi con la qualità sia delle materie prime che del procedimento produttivo. Questo fa sì che, nonostante la birra sia replicabile sulla carta da chiunque, l’industria non sia in grado di reggere il passo dei migliori birrifici artigianali. Da qui un problema: negli ultimi anni diverse le acquisizioni che hanno interessato il mondo “craft”. Diverse cioè le multinazionali che hanno acquistato birrifici di successo, soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Europa e in Italia. Meglio quindi sempre fare una breve ricerca su Google e controllare la vera o presunta artigianalità di un birrificio. Non un vezzo, si tratta di legge dello Stato: la birra artigianale, qualitativamente quasi sempre la migliore, deve essere non pastorizzata, non microfiltrata, prodotta in piccole quantità e indipendente.
Meglio affidarsi ai grandi marchi artigianali
Non sono molti, ma ci sono: birrifici artigianali di grandi dimensioni, in grado di produrre da decenni birre considerate come veri e propri riferimenti. Una delle più famose Belgian Ale del mondo viene per esempio prodotta da Orval, birrificio trappista che da quasi 100 anni continua a proporre la stessa omonima birra. Uno di quei classici senza tempo che nonostante i grandi numeri è da sempre sinonimo di qualità e di straordinario rapporto tra qualità e prezzo. Una birra ambrata, piacevolmente acidula, ricca e avvolgente che è possibile trovare in molti supermercati e che, bella sorpresa, è anche in grado di migliorare con il passare degli anni. Provare per credere.
Non solo, dalla famosa Chimay fino alle meno note Rochefort, Westmalle e altre non è impossibile trovare grandi birre che ogni appassionato dovrebbe conoscere a memoria, o quasi, nei supermercati. Non in tutti, non dappertutto. Quando capita, un solo consiglio: controllare la data di imbottigliamento e stare molto lontani da quelle la cui bottiglia è trasparente. La birra va protetta, non esposta.