Money for somethingLa notizia della morte del contante è fortemente esagerata

In periodi di crisi le banconote hanno un grande valore per tutti i cittadini. Non solo permettono di acquistare beni di prima necessità: rappresentano un porto sicuro, la certezza di avere un salvagente in caso di emergenza. Anche se le transazioni fisiche stanno diminuendo, in molti preferiscono ritirare agli sportelli e conservare per i giorni di pioggia

John MACDOUGALL / AFP

A giudicare dall’aumento delle transazioni online, dalle difficoltà di comprare nei negozi fisici e dalle restrizioni ai movimenti, il coronavirus sembrava aver dato il colpo di grazia al contante. E alcuni indicatori confermano questa tendenza: con la pandemia sono aumentati i pagamenti cashless, accelerando un fenomeno in corso da tempo. 

E però, nonostante possa sembrare controintuitivo, è vero il contrario. Il contante sta vivendo una sorta di seconda giovinezza.

Lo spiega un lungo articolo del Financial Times che, citando alcune indagini della Federal Reserve, rivela come negli Stati Uniti l’utilizzo delle banconote alla cassa è sì leggermente diminuito, ma non il prelievo dai bancomat. Anzi, proprio come nei periodi precedenti a un disastro naturale annunciato – ad esempio l’arrivo di un uragano – la circolazione di cartamoneta si è impennata.

Il fenomeno raccontato dal quotidiano britannico non vale solo per l’America: nei periodi di crisi l’essere umano è naturalmente portato ad accumulare scorte, quindi se da un lato svaligia i supermercati per non restare a corto di carta igienica o di scatolette di tonno, dall’altro si ferma a un bancomat per ritirare qualche dollaro in più rispetto alle abitudini. 

In momenti complicati si ricerca sicurezza, il comfort dei beni materiali, una sensazione che il denaro sull’app dello smartphone non può restituire. Essendo una scorta, il denaro che i cittadini ritirano in contanti, però, rimane nelle tasche, nel portafogli, sotto al materasso.

Eric Rosengren, presidente della Fed di Boston, ha spiegato al quotidiano economico che «il denaro liquido è l’unica risorsa di cui le persone si fidano, così preferiscono trasformare il loro patrimonio in contanti». Sono principalmente misure di precauzione in una fase di grande incertezza.

Il sociologo di Princeton Frederick Wherry dice che «fare scorte di cibo e altri beni può essere una risposta a sentimenti di impotenza o isolamento. E la carta moneta è una soluzione altrettanto valida».

D’altronde gli economisti usano l’espressione “Cash is King” soprattutto nei periodi di crisi, quando la propensione al rischio si riduce e avere una buona dose di liquidità diventa, a maggior ragione, un rifugio sicuro. 

Negli Stati Uniti, spiega il Ft, alla fine di giugno la quantità di valuta che circolava in strada – o meglio, che non era nelle casse delle banche – era del 13% più alta rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un aumento dell’8% rispetto al mese di febbraio.

A questo va aggiunto che le transazioni con denaro liquido non sono destinate a sparire, non nell’immediato almeno. Soprattutto tra i ceti più bassi della società e tra le fasce d’età più alte.

In Italia dal primo luglio è stato ridotto il massimale di pagamento in contante, da 3mila a 2 mila euro: oltre quella soglia, la transazione dovrà essere fatta con strumenti tracciabili, quindi bonifici o un assegni. E l’idea è portare quel tetto a mille euro nel 2021. Ma è soltanto un piccolo step verso una società più digitalizzata, non la pietra tombale sui pagamenti cash.

«La morte del contante – spiega l’analista finanziario Jordan McKee – sarà molto lenta, difficilmente la vedremo con i nostri occhi». Nel frattempo, semmai, aumenterà il costo del contante, perché tenere in piedi l’intera filiera di produzione e smistamento delle banconote è sempre più oneroso.

Le banche infatti devono assicurarsi che tutti i cittadini – di tutte le estrazioni sociali, di tutte le fasce d’età – possano trovare la liquidità agli sportelli per ritirare ed effettuare i loro pagamenti. Anche nei periodi in cui c’è un picco di domanda di moneta.

In questa particolare congiuntura l’assunto si complica, perché nell’equazione va inserito l’aspetto sanitario: far rispettare il distanziamento sociale nei luoghi di lavoro vuol dire, ad esempio, rallentare i ritmi delle operazioni dei dipendenti delle banche che caricano e scaricano fisicamente il denaro nei veicoli portavalori.

Quindi, indipendentemente da un calo accertato e misurabile nell’uso dei contanti – e un contemporaneo aumento di pagamenti contactless -, le banche centrali non possono permettersi di smantellare l’impalcatura che garantisce il movimento della liquidità all’interno di uno Stato.

Un esempio pratico arriva dalla Svezia, dove le operazioni cash negli ultimi anni si sono ridotte a circa il 15% del totale. L’ambizione di Stoccolma era creare un Paese interamente cashless, privo di moneta. Un’utopia che nascondeva diverse controindicazioni: il motivo è semplice, spiega un report della banca Riksbank, la banca centrale svedese, tra le più avanzate in materia di valuta digitale. «Se non siamo abituati a far circolare denaro contante in un certo modo in tempi normali, quando arrivano i periodi di emergenza diventa impossibile far funzionare la macchina operativa come dovrebbe».

Così già da prima della crisi del coronavirus c’era stato un dietrofront che aveva convinto a mantenere stabile una quota di denaro contante, garantendo sempre una doppia opzione per le transazioni, almeno quelle più piccole. È un’esigenza che ha un valore soprattutto sociale: le categorie che non possono o non riescono a fare a meno del denaro contante esistono; per anziani, immigrati, turisti può essere complicato avere un conto aperto o una carta con valuta digitale valida per tutte le spese.

Non è la prima volta che si osserva un fenomeno del genere. Il Financial Times lo spiega ripercorrendo alcune tappe fondamentali dei primi due decenni del XXI secolo. «Dopo il passaggio dell’uragano Katrina nel 2005, una filiale della Federal Reserve a New Orleans, Louisiana, posta su un’altura, era rimasta disconnessa dal resto della città e non aveva più possibilità di distribuire denaro: in quei giorni la Fed ha progettato un sistema di coordinamento che permette a tutte le sue filiali di cooperare sugli ordini anche in caso una di queste diventi irraggiungibile».

Un’emergenza simile si registrò a San Carlos, in Florida, nel 2017. «Con la devastazione dell’uragano Irma – scrive il quotidiano economico – i sistemi di pagamento elettronico di molti negozi erano andati in cortocircuito, ma la maggior parte dei cittadini era comunque riluttante al pagamento in contanti: stavano risparmiando le loro banconote di piccolo taglio nel caso ne avessero bisogno per comprare il cibo».

Se l’evoluzione tecnologica, la necessità di tracciare i pagamenti e la sicurezza delle transazioni spingono verso un uso sempre più esteso delle operazioni contactless, la praticità e l’immediatezza delle banconote – specialmente nelle situazioni di emergenza allontana – allontanano la morte del contante. 

L’esempio più chiaro possibile lo fa, sulle colonne del Ft, il professor Bill Maurer, antropologo dell’Università della Calfiornia: «Vedete, il cash è forte perché funziona praticamente sempre e con chiunque. Non ho bisogno di uno sportello elettronico, non ho bisogno di PayPal o un’app. Posso andare dal mio vicino e dirgli “Ehi, ho un disperato bisogno di carta igienica. Eccoti 5 dollari”».

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