Il pedaggioEcco quanto ci costerà l’accordo tra Conte e i Benetton

Cassa depositi e prestiti dovrebbe mettere una cifra tra i 3 e i 4 miliardi. Inizialmente salirà al 33%. Contemporaneamente, Atlantia venderà un altro 22% agli altri investitori istituzionali «graditi», raggiungendo così il controllo con il 55%. Ma tutto dipenderà dagli accordi e dalla valutazione di Aspi. Senza dimenticare i debiti della società e gli investimenti già programmati

FILIPPO MONTEFORTE / AFP

Il titolo di Atlantia sospeso più volte a Piazza Affari per eccesso di rialzo. Il Tesoro che comincia a fare i conti su quanto costerà a Cassa depositi e prestiti l’accordo raggiunto dal governo con Autostrade per l’Italia. Accantonata l’ipotesi della revoca, nel day after dell’intesa notturna per l’ingresso dello Stato in Aspi, a festeggiare sono stati soprattutto gli azionisti di Atlantia. Mentre in Cdp si sono messi subito al lavoro per capire quale sarà alla fine la somma da elargire.

Cassa depositi e prestiti dovrebbe mettere una cifra che si aggirerà tra i 3 e i 4 miliardi. Con uno schema per scalare Aspi in due step. Cdp salirà inizialmente al 33%, vincolando l’aumento di capitale agli investimenti nella rete autostradale. Contemporaneamente, Atlantia venderà un altro 22% agli altri investitori istituzionali «graditi» a Cdp, raggiungendo così il controllo con il 55% e diluendo per il momento al 10-12% la partecipazione di Atlantia. Tra gli investitori pronti a comprare le quote di Atlantia, ci sarebbero il fondo americano Blackstone, l’australiano Macquarie e si è fatto pure il nome di F2i e Poste Vita.

Almeno questo è lo schema che Cassa depositi e prestiti dovrebbe mettere sul tavolo del negoziato, passando però prima dal consiglio di amministrazione. Con il vincolo imposto ai Benetton di non distribuire dividendi almeno per due anni. Ma qualsiasi importo resta provvisorio finché non si avrà la certezza sulla valutazione di Autostrade e soprattutto non verrà definito l’accordo, specificano tutti.

I soldi di Cdp, tecnicamente, non sono soldi pubblici. Nelle casse della controllata del Tesoro si trovano i risparmi postali degli italiani, e tutti gli investimenti di Cdp prevedono un ritorno remunerativo, compreso quello in Autostrade. Ma sono pur sempre soldi dei cittadini italiani.

Ma al momento, sia negli uffici di Cdp sia in quelli di Aspi, ci si muove nel novero delle ipotesi in campo e dei calcoli aritmetici. E si preferisce non parlare di cifre. Anche se la forchetta che va tra i 3 e i 4 miliardi sembra la più accreditata.

L’incertezza delle cifre ruota soprattutto intorno al valore di Autostrade. La manovra complessiva per l’aumento di capitale riservato a Cdp – dicono gli analisti di Banca Imi – potrebbe aggirarsi intorno ai 4 miliardi, considerato anche che l’ultima valutazione dell’88% detenuto da Atlantia in Aspi sarebbe di circa 8 miliardi.

Rispetto ai 14,8 miliardi della valorizzazione assicurata da Allianz e Silk Road Fund nel 2017 per salire al 12%, i numeri si sono ridotti. I soci di Appia Investments srl (Allianz, Edf e Dif) erano già scesi a una valutazione di 11,5 miliardi. Ma perché si possa stabilire il valore di mercato andrà rivisto il decreto Milleproroghe, che ha ridotto da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca, una cifra inferiore rispetto all’indebitamento di quasi 9 miliardi della società. E bisognerà considerare anche gli effetti sulla valutazione del nuovo piano tariffario da riformulare.

Nell’accordo potrebbero spuntare «possibili, ulteriori extra-costi» e la valutazione potrebbe scendere ancora, dicono da Ubs. Dove fanno notare pure come l’intesa raggiunta sia positiva sotto il profilo del debito per Atlantia, senza scadenze imminenti fino al quarto trimestre 2021. Da Banca Akros si ipotizza che la ricapitalizzazione potrebbe in effetti in parte avvenire anche attraverso una conversione del debito di Aspi nei confronti di Cdp.

Autostrade per l’Italia ha chiuso il bilancio del 2019 con 3,69 miliardi di ricavi da pedaggio su 4 miliardi di ricavi totali e una perdita netta di 268 milioni. Il tutto, a fronte di un indebitamento finanziario netto di 8,39 miliardi, che andrebbe quindi a gravare sulle spalle del nuovo azionista. E cioè Cdp e ulteriori investitori, che dovranno farsi carico anche delle perdite causa Covid di almeno 1 miliardo di ricavi nel 2020.

Il debito di Aspi è costituito quasi interamente da prestiti obbligazionari e in misura minore (meno di 2 miliardi) da debiti verso diversi istituti italiani: da Bpm a Unicredit, da Intesa alla stessa Cdp. A dicembre 2017, Cassa depositi e prestiti ha concesso ad Aspi una linea di credito da 1,7 miliardi (1,1 a lungo termine più 600 milioni “revolving” a cinque anni) per mettere al punto un piano di potenziamento e ammodernamento della rete nazionale, con un focus in ambito green. E ora anche questi crediti, di cui 400 milioni utilizzati finora, potrebbero entrare nella transazione.

Resta poi il fatto che l’indennizzo in caso di revoca, i famosi 7 miliardi indicati nel Milleproroghe, prima o poi andrebbe pagati dallo Stato ad Aspi. Il viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancellieri ha spiegato che «i sette miliardi diventerebbero la cifra che dovrebbe sborsare il nuovo concessionario, una volta messi a gara i tratti oggi gestiti da Autostrade». Ma la questione resta controversa.

E vanno tenuti in considerazione anche gli investimenti da 14,5 miliardi fino al 2038 (di cui 7,5 miliardi già cantierabili). Che ovviamente finiranno in capo al nuovo azionista.

Certo si naviga ancora nel terreno delle ipotesi. E il governo tiene sempre l’asso nella manica: «La rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo», si specifica nel comunicato del consiglio dei ministri. Il conto finale per le casse dello Stato dipenderà da come l’accordo verrà finalizzato.

Come spesso accade, insomma, si sono fatti i titoli, ma la sostanza – nonostante i toni trionfalistici e lo slogan Cinque Stelle “Bye Bye Benetton” – è ancora tutta da scrivere. Lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo dice nel suo annuncio vittorioso su Facebook: «Tutto questo andrà tradotto nei prossimi giorni in un accordo chiaro e trasparente».

«Ovviamente, per una valutazione compiuta dell’accordo, il diavolo sta nei dettagli, a cominciare dal valore delle azioni Aspi in riferimento all’aumento di capitale riservato a Cdp», chiarisce bene il deputato di LeU Stefano Fassina. «Quello che si legge “Abbiamo cacciato i Benetton, non pagheremo una lira”. Non pagheremo una lira? Comprerete la società, quindi immagino che 2 euro li caccerete», dice Carlo Calenda.

Solo entrando nei dettagli, si potrà dire davvero chi ha vinto e chi ha perso. Per il momento a incassare sono gli azionisti di Atlantia. E cioè soprattutto i Benetton. Finiti guarda caso nel mirino del governo, dopo due anni di attesa dalla minaccia di revoca successiva al crollo del ponte Morandi, solo a pochi giorni dall’inaugurazione del nuovo ponte di Genova, prevista intorno all’8 agosto. Non è un caso che Cassa depositi e prestiti dovrà iniziare la negoziazione con Aspi entro il 27 luglio, prima di diluire ancora la presenza di Atlantia con la successiva quotazione in Borsa.

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