Roberto Speranza, ministro della Salute e leader di Articolo 1 (componente di LeU), per funzione e mentalità, è il capofila dei “responsabili” e “preoccupati”: «Siamo fuori dalla tempesta ma non ancora in un porto sicuro – ha detto per la milionesima volta – mi piacerebbe dire che è tutto finito, ma direi una cosa non vera».
E replicando indirettamente all’offensiva negazionista dei bolsonari alle vongole Sgarbi&Salvini, ha ribadito che «è essenziale rispettare le tre regole fondamentali: uso delle mascherine, distanziamento di almeno un metro e lavaggio frequente delle mani», cioè quello che Amadeus diceva in tv quattro mesi fa. Ma ha fatto bene a ripeterlo.
Speranza fa senz‘altro il suo dovere, come d’altronde ha fatto nella guerra contro il Covid: sempre presente, sempre provato, sempre razionale. Difficile contestare il suo buonsenso: e infatti la sua popolarità è molto cresciuta, bravo com’è stato a evitare gli errori marchiani nei quali a rotazione sono incappati più o meno tutti i suoi colleghi ministri, da Boccia ad Azzolina, per dire i più estroversi. D’altronde è un politico non improvvisato. Probabilmente è solo grazie a lui che il suo partito non solo esiste ma cresce di qualche decimale ogni volta.
Allora la domanda che si potrebbe fare a Roberto Speranza il Preoccupato è semplice: perché non minaccia di dimettersi se la penosa incertezza del governo sul Mes dovesse proseguire? Perché non pretende un voto in Parlamento (e se su questo nasce una maggioranza Ursula tanto meglio)? Dato che anche un bambino capisce che 37 miliardi sarebbero oro per un Servizio sanitario pieno di magagne, coperte solo dalla abnegazione del personale medico, e che sarebbe immorale (oltre che intimamente anti-europeo) lasciarli lì.
Infatti, c’è da chiedersi dove sia la mitica telemedicina; dove gli ospedali “dedicati” per un’eventuale seconda ondata; come si garantirebbero necessarie prestazioni ad ammalati di altre patologie se riprendesse fiato il terribile virus. Sono cose che ovviamente il ministro sa bene.
E dunque come fa a lasciar trascorrere il tempo mentre 37 miliardi sono lì, senza condizionalità e a interessi ridicoli? Come può un uomo di governo serio e di sinistra tollerare l’ambiguità del premier in omaggio ai suoi amici pentastellati che ancora credono all’arrivo della Trojka come ieri credevano alle scie chimiche?
Un gesto politico forte come la minaccia di dimissioni per un obiettivo alto e nobile si staglierebbe nel cielo lattiginoso della politica italiana come un raggio fra le nubi di novembre. Nessuno potrebbe fare finta di niente, tantomeno un presidente del Consiglio timoroso della sua stessa ombra, e men che meno un Quirinale che vigila su una situazione che sta diventando imbarazzante. Se facesse questo gesto, Roberto Speranza si dimostrerebbe coerente con le sue preoccupazioni. E sniderebbe i pavidi, che è pur sempre una cosa di sinistra.