Una serie di misure per garantire che la solidarietà europea e il pagamento dei sussidi dell’Ue siano basati sul rispetto della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti fondamentali. È questo il contenuto del paper “Condizionalità intelligente: come la Commissione europea potrebbe governare i fondi dell’Ue a livello centrale attraverso la gestione diretta e indiretta”, redatto da Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe, e la vice-presidente del Gruppo, Katalin Cseh.
Il documento, approvato all’unanimità dal gruppo parlamentare, chiarisce l’importanza di fissare delle condizioni sia per gli stati candidati a entrare nell’Unione, sia per coloro che sono già all’interno e al momento ricoprono il ruolo di fautori della «democrazia illiberale», come Ungheria e Polonia.
«Abbiamo legato formalmente la questione dei fondi europei e dello stato di diritto al tema del Recovery fund. Ovvero se gli Stati membri non rispettano determinate condizioni, violando apertamente i principi fondamentali, sarà possibile congelare o interrompere l’erogazione dei fondi europei» spiega Sandro Gozi a Linkiesta. «Ai punti 22, 23 e 24 delle conclusioni dell’accordo si parla, al contrario di quanto avrebbe voluto Orban, di introdurre un nuovo meccanismo, da attivare in caso di violazioni di stato di diritto, con votazione a maggioranza qualificata. Adesso c’è tantissimo lavoro da fare. La Commissione dovrebbe verificare molto rapidamente le violazioni dello stato di diritto e attivare le sanzioni. Inoltre chiediamo anche che la presidenza tedesca metta questo punto all’ordine del giorno durante il semestre di presidenza dell’Ue».
Per il momento si parla quindi di una breccia da allargare e sul quale accendere i riflettori. Anche in forza di sanzioni e provvedimenti, nei riguardi del mancato rispetto dei diritti fondamentali in Ungheria e Polonia, che la Commissione europea per i poteri di cui dispone avrebbe già potuto adottare. «È arrivato il momento di superare veti e unanimità ai vertici europei, e grazie a questo studio ricordiamo alla Commissione che per legge può già congelare i fondi se verifica delle violazioni. Adesso anche con l’ufficialità legata al recovery plan» continua Gozi.
La questione infatti è stata per molto tempo considerata “impossibile” da parte della Commissione stessa. Questo perché in gioco ci sono equilibri e fondi di milioni e milioni di euro diretti in particolare alle piccole medie imprese degli Stati membri più coinvolti. «Abbiamo anche un primo banco di prova: alcuni comuni polacchi si sono dichiarati lgbt free, un’azione inammissibile all’interno dell’Unione europea. Quindi, pochi o molti che siano, i fondi per quei comuni secondo noi vanno sospesi. Da subito» aggiunge l’eurodeputato.
Quello che si chiede è inoltre una parità di trattamento. «Alla Commissione semplicemente chiediamo: quello che già fate con i Paesi candidati, con i Balcani, con gli Stati del Caucaso, o con i Paesi del Mediterraneo, fatelo anche con qualsiasi altro governo che viola i principi fondamentali. In altre parole, non si può fare i nazionalisti con i soldi europei» assicura Gozi.
Adesso l’obiettivo è quello di ricevere maggiori adesioni possibili, compresa quella di Conte e del governo italiano. «I primi ad appoggiare questa battaglia sono stati Emmanuel Macron e Angela Merkel. In questo momento è quindi fondamentale un appoggio condiviso dei Paesi democratici, in modo da poter chiedere alla Commissione, oltre che il rafforzamento della condizionalità sullo stato di diritto, un impegno preciso sull’introduzione di questi vincoli» conclude Gozi.