FolkloreTaylor Swift è una cantautrice indie con i fiocchi

L’album a sorpresa della regina del pop è stato prodotto dai National, c’è un duetto con Bon Iver e c’è l’influenza di Sufjan Stevens, ma è soprattutto un disco suo, di un’autrice di canzoni perfette sottovalutata perché di successo commerciale. Lo aveva capito anni fa Ryan Adams, quando rifece in versione alt-country ”1989” e fece scoprire anche a noialtri anziani quanto fosse brava

Il primo ricordo di noialtri anziani, mentre tutti i giornali americani raccontavano che Taylor Swift era diventata un altro modo per dire ”industria discografica”, è quel fastidioso ma irresistibile motivetto di “Fifteen” che i cinema di New York sparavano senza tregua per accompagnare le pubblicità locali, prima dei trailer. Taylor Swift era la bambina prodigio di Nashville e cantava l’inizio dell’adolescenza in modalità country ma virata pop.

La prima volta che abbiamo capito che Taylor Swift non era un fenomeno della musica commerciale per teenager, ma una delle più geniali artiste pop del pianeta è stata quando abbiamo ascoltato un disco di Ryan Adams, cantautore indie allora molto quotato (poi, nel 2019, finito nei guai per accuse di molestie sessuali).

Era il 2015 e Ryan Adams fece una cosa che sembrava priva di senso: prese l’ultimo disco di Taylor Swift, ”1989”, un caleidoscopico miscuglio di suoni pop a primo ascolto irritanti per un orecchio abituato al rock o come si chiama adesso, e lo ricantò dall’inizio alla fine al suo modo di cantautore alt-country. Spoglie della produzione commerciale, le canzoni di Taylor Swift in realtà erano meravigliose e a quel punto è stato chiaro quanto fossero perfette anche nella loro versione originale, super carica, quella per cui lei è diventata la superstar del mercato discografico americano.

Dopo ”1989”, Taylor Swift ha fatto uscire altri due dischi, l’ultimo lo scorso agosto ”Lover”, entrambi molto spinti nella direzione del pop commerciale, ma con la lezione di Ryan Adams in mente è stato molto facile non sottovalutare il genio artistico della ragazza, una capace di scrivere canzoni di successo che piacciono ai bambini e ai genitori, come solo i grandi, dai Beatles a Jovanotti, sono in grado di fare.

I suoi dischi sono ipnotici, ma a noi che ascoltiamo i singer-songwriters è sempre rimasto il dubbio che se Taylor Swift avesse fatto un disco di Taylor Swift al modo di Ryan Adams, ma cantato da lei e non da Ryan Adams, sarebbe stato un capolavoro che avrebbe convinto anche i cultori della musica non commerciale. Sensazione confermata dal documentario Miss Americana, uscito a febbraio su Netflix, di cui su Linkiesta ha scritto Simonetta Sciandivasci.

Ebbene, a sorpresa ieri Taylor Swift ha pubblicato quel disco, Folklore. Un disco indie, un disco suonato e prodotto da Aaron Dessner della stimatissima band dei National (oltre a Jack Antonoff che ha prodotto il fenomenale Norman Fucking Rockwell! di Lana Del Rey). Un disco che contiene anche un duetto con la più titolata band indie contemporanea, Bon Iver, formata in realtà da una sola persona che si chiama Justin Vernon.

La loro canzone, Exile, è un piccolo gioiello perché riesce a essere contemporaneamente una canzone di Taylor Swift e una canzone di Bon Iver, cosa che, come da insegnamento di Ryan Adams, non solo ha perfettamente senso ma sembra che non aspettava altro che essere finalmente messa in scena. L’influenza di Bon Iver e soprattuto dei National si sente lungo tutte le sedici canzoni, ma in alcuni casi Taylor Swift si spinge in zona Sufjan Stevens (Mad Woman e Seven), perlomeno del Sufjan Stevens più intimo di Carrie & Lowell.

I testi di Folklore sono più adulti, meno storie di amori finite male, meno faide con nemici invisibili, anche se ci sono anche quelle, anche perché le ha scritte durante il lockdown (Aaron Dessner ha prodotto l’album da remoto). Il primo singolo è Cardigan, ma i brani più belli, oltre a quelli già citati, sono Invisible String e The last american dinasty. I critici dei giornali americani e inglesi sono entusiasti di Folklore. Anche noialtri anziani.

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