Università chiuse, lezioni ed esami a distanza. È questo il panorama dell’istruzione accademica italiana che, a causa del Covid-19, ha dovuto far fronte al lockdown. Circostanza che ha accelerato la digitalizzazione degli atenei per mettere online corsi e lezioni, collegare prof e studenti alle piattaforme e trovare il modo per garantire lauree ed esami a distanza. Nel rispetto della correttezza e trasparenza delle prove.
E proprio sulle prove di valutazione, le università italiane hanno seguito percorsi diversi. A Torino, il Politecnico ha messo in campo una soluzione fatta in casa, Exam, per 4.400 esami orali e scritti su carta con videosorveglianza da remoto. E in vista del prossimo anno, il senato accademico sta valutando di estendere questa possibilità. Così da dare una risposta «ai ragazzi che dovranno prendere una decisione per il loro futuro» in concomitanza con il periodo di orientamento all’anno accademico 2020-21, ha affermato il rettore Guido Saracco. A Venezia, dopo una sperimentazione coordinata da Paolo Pellizzari, professore di Matematica per le Scienze Economiche e Sociali dell’Università Ca’ Foscari, hanno deciso di non proseguire con i sistemi di “proctoring” (da to proctor, sorvegliare). Negli ultimi mesi, l’ateneo ha ergogato oltre 3.500 esami scritti in 34 prove di economia e di management svolti nell’ateneo veneziano, ma non si appoggerà a questi software di validazione.
Con il boom dell’e-learning e il protrarsi del lockdown, si è reso necessario prepararsi agli esami. Ma come garantire che sia una valutazione equa e corretta? Come evitare che qualche studente possa barare? Magari dando una sbirciatina allo smartphone oppure portandosi il suggeritore di fiducia in stanza? Grazie a dei software che utilizzano tecnologie già disponibili come l’eye tracking e il riconoscimento facciale e biometrico per identificare lo studente. Respondus, Proctorio ed Examinity sono solo alcuni dei più noti, soprattutto negli Usa, dove la pratica è più diffusa. Attraverso il ricorso all’intelligenza artificiale, questi software possono analizzare la registrazione della sessione d’esame avvenuta via webcam per rintracciare possibili atteggiamenti o suoni sospetti. Un alert segnala l’anomalia al professore in fase di correzione.
Tutto perfetto? Non proprio. «A Pisa li abbiamo vietati», racconta Antonio Cisternino ricercatore di Computer Science dell’università della città. «Fin da subito ci siamo attivati per garantire le lezioni a distanza. In quattro giorni abbiamo messo a disposizione online la quasi totalità dell’offerta formativa. Ma devo dire che tutto il panorama italiano ha risposto bene». A Pisa, oltre 53mila utenti collegati negli ultimi 90 giorni; più degli iscritti ai corsi di laurea che arrivano a 47mila. E i report delle sessioni hanno dimostrato una buona attenzione da parte degli studenti che hanno potuto dialogare via chat scambiandosi un milione di messaggi.
E il proctoring? «Sono sistemi che si aggirano abbastanza facilmente, magari utilizzando qualche cavo, un monitor oppure un acetato su cui ci sono gli appunti da attaccare allo schermo. E presentano una serie di problemi ulteriori: digital divide e privacy. Nel primo caso, considerato che molte zone sono servite ancora dall’Adsl, il traffico in caricamento ridotto non permette connessioni stabili ed efficaci con il rischio di dover interrompere la sessione. La privacy si lega alla questione video e ai possibili bias che potrebbero nascere da valutazioni sul contesto dello studente», afferma Cisternino. La tecnologia, però, ha lasciato il segno: «Se opportunatamente strutturato per il canale digitale, il ricorso ai test online potrebbe essere un buon modo per organizzare le sessioni d’esame. Una sorta di verifica propedeutica all’esame orale vero e proprio così da evitare tempistiche lunghe nei successivi colloqui», conclude Cisternino.
A scommettere su una modalità simile ci ha pensato anche Cisco che, con la Luiss Guido Carli, ha messo a punto una soluzione che ha permesso di erogare attraverso Webex, dal 5 marzo, la totalità dei corsi per circa 8.500 studenti e oltre 550 docenti impegnati in 10.600 classi virtuali e interattive, per un totale di oltre 17.000 ore di lezione e 75 milioni di collegamenti. «Ci siamo trovati di fronte a un’esigenza non prevista: trasformare l’università in presenza in una che realtà che si muove sul digitale con gli stessi processi dell’esperienza in classe», spiega Michele Festuccia, senior systems engineer manager di Cisco che ha seguito il progetto. Decisiva la collaborazione con la start-up Keyless, con sede a Roma e Londra, che ha sviluppato una tecnologia di autenticazione biometrica per l’identificazione dello studente in fase di esame.
Attraverso degli algoritmi matematici, l’immagine dello studente viene salvata e crittogafata all’interno di un server proprietario e utilizzata per i futuri accessi. «L’obiettivo è quello di allargare l’audience e superare le barriere fisiche senza per questo pensare di trasformare l’ateneo in un’università online. L’idea è quella di rendere accessibili i contenuti a studenti e docenti anche al di fuori dell’università», ricorda Festuccia. Mantenendo la stessa onestà intellettuale. Per evitare chi copia e imbroglia, al posto dei sistemi di proctoring l’università ha deciso di mettere a punto con Cisco un protocollo di regole, codici e tecnologie utili a raggiungere lo stesso risultato: garantire che le condizioni della prova siano eque nel rispetto della privacy che dipende anche dalla dotazione tecnica a disposizione. «Molti utenti hanno device non aggiornati, con applicazioni mancanti oppure si connettono via mobile e connessione dati. Situazioni che renderebbero instabile l’utilizzo dei software di sorveglianza più complessi», puntualizza Festuccia.