Quando è stato annunciato per la prima volta il lockdown per molti è stata l’occasione buona per riorganizzare gli spazi in casa, per pulire a fondo in ogni angolo e per mettere ordine in tutti quei posti che nella vita di tutti i giorni sono un po’ trascurati. Molti oggetti sono stati messi da parte nelle operazioni di decluttering, un anglicismo sempre più diffuso che indica la riorganizzazione degli ambienti di casa per eliminare gli oggetti che non servono più.
Appena iniziata la fase due tutto ciò che era stato messo da parte non necessariamente è finito in discarica, molti hanno scelto di rivolgersi ai negozi che vendono oggetti di seconda mano, portando a una crescita del mercato dell’usato.
«Abbiamo registrato un incremento nel fatturato dell’8 per cento a giugno e di una cifra tra il 15 e il 20 per cento a luglio sugli stessi mesi dell’anno scorso», dice a Linkiesta Alessandro Giuliani, imprenditore del settore. Giuliani gestisce un network di 130 negozi in tutto il paese, divisi prevalentemente in Mercatopoli – store generalisti che vendono libri, mobili, abbigliamento, collezionismo, bigiotteria – e Baby bazar, dedicati ai prodotti per l’infanzia.
Accessibilità, semplicità e convenienza sono le motivazioni più immediate che guidano gli acquirenti alla compravendita di qualsiasi prodotto di seconda mano. Ma, come fa notare Giuliani, c’è di più: «L’incremento delle vendite delle ultime settimane è sicuramente dovuto al minor reddito, ma non è la prima causa. Il mercato dell’usato non è legato solo ai prezzi più bassi, perché con 50 euro posso comprare un prodotto nuovo o un prodotto usato ma di qualità migliore. A me piace pensare che oggi ci sia una maggior consapevolezza nel preferire acquisti di seconda mano anche per un discorso di qualità e per fare scelte sostenibili per l’ambiente. Quest’ultima è una strada obbligata, altrimenti non riusciamo più ad avere un consumo compatibile con il mondo in cui viviamo».
Allungare la vita di un bene, dandogli una seconda, una terza o quarta vita riduce la produzione, si evita lo smaltimento di un rifiuto, quindi si riduce l’inquinamento e nasce un mercato di consumo sostenibile.
La crescita della second hand economy era un trend già in crescita negli ultimi anni. Lo ha confermato l’Osservatorio Second Hand Economy condotto da Bva-Doxa, che rileva un incremento del settore dell’usato del 33 per cento negli ultimi 5 anni: nel 2019 è arrivato a un valore di circa 24 miliardi di euro, pari all’1,3 per cento del Pil italiano.
«In Italia – dice Giuliani – le difficoltà del settore sono dovute soprattutto alla percezione nell’opinione pubblica, che spesso guarda l’usato con lo stigma della mancanza di liquidità. Ma solo qui è considerato di serie B. Altrove, per esempio in Regno Unito, Francia, Germania non è così, è un’alternativa a tutti gli effetti».
Numeri positivi, per il settore, arrivano dalle nuove generazioni. «I ragazzi nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni – si legge sul report di Bva-Doxa – sono decisamente a proprio agio con la second hand economy perché permette di risparmiare e contemporaneamente di comprare ciò che altrimenti non potrebbe permettersi. Comprano soprattutto telefoni, libri, vestiti e videogiochi. E nel 79 per cento dei casi sentono che stanno facendo una scelta sostenibile».
Il merito della crescita di questo mercato è anche dovuta ad affidabili piattaforme online che hanno diffuso l’usato anche nell’e-commerce, dove solitamente c’è più reticenza perché il consumatore preferisce toccare con mano il prodotto per valutarne lo stato d’uso. Un esempio è la grande crescita del portale Subito, piattaforma per la compravendita di oggetti usati che conta oltre 13 milioni di utenti unici mensili.
Secondo Giuliani, però, c’è ancora molta strada da fare: «In Italia è un mercato in fase di evoluzione. Bisogna ancora lavorare per cambiarne la percezione. E il passaggio fondamentale è ispirarsi al retail, con una impostazione tipica di un negozio vero e proprio e non di un rigattiere, condizione fondamentale per guidare la crescita del settore che fa bene non solo all’economia ma anche all’ambiente».