L’Italia sarà il Paese più colpito dalla crisi in tutta l’Unione europea. Il Prodotto interno lordo italiano dovrebbe calare dell’11,2 per cento nel 2020 – in netto peggioramento rispetto al -9,5 pronosticato da Bruxelles a fine aprile – per poi avere una crescita del 6,1 per cento l’anno prossimo. Tradotto: dopo il colpo ci sarà una ripresa ma non così alta da far tornare l’economia all’era pre-covid. Non ci sarà quindi il rimbalzo a “V” in cui molti speravano.
Queste sono le previsioni della Commissione europea per tutti gli Stati membri. L’economia dell’Unione calerà dell’8,7 per cento, con una crescita l’anno prossimo del 6,1 per cento. Mentre l’eurozona, cioè l’economia dei 19 Paesi con l’euro, avrà una contrazione media dell’8,3 per cento quest’anno, con una crescita del 5,8 nel 2021. Anche in questo caso, come in Italia, sarà molto difficile tornare all’epoca pre pandemia.
Ecco perché presentando i dati il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ha spiegato che le «stime mostrano che la strada della ripresa è ancora in salita e incerta». Ma con un fattore di incoraggiamento: «Le rapide contromisure adottate – ha detto – hanno evitato un tracollo più consistente, soprattutto nel mercato del lavoro».
Nel caso italiano è tutto amplificato. L’Istat ha stimato che solo nel primo trimestre di quest’anno l’economia ha subito una contrazione del 5,3 per cento a causa del lockdown imposto dal governo per contenere l’emergenza sanitaria.
Con l’allentamento delle restrizioni, spiega il report della Commissione, «la spesa dei consumatori dovrebbe riprendersi nella seconda metà dell’anno, e le misure di assistenza e di sostegno al reddito dovrebbero attenuare almeno in parte l’impatto negativo».
Così, in assenza di una seconda ondata di contagi, l’attività economica potrebbe iniziare a riprendersi nel terzo trimestre di quest’anno.
Gentiloni ha spiegato che gli effetti della crisi non saranno uniformi sul continente. «Siamo stati tutti colpiti da uno shock comune, con un impatto diverso su ogni Stato membro. È per questo, per il rischio di una divergenza crescente all’interno dell’Unione, che abbiamo proposto il nostro piano di ripresa comune. Questo rischio adesso sembra materializzarsi, e si avverte sempre più la necessità del “Next Generation Ue”, i cui effetti non sono calcolati nelle previsioni», ha detto.
Alcuni Stati membri accuseranno il colpo più di altri, dunque. Subito dopo l’Italia, nella graduatoria dei Paesi più colpiti c’è la Spagna, il cui Pil potrebbe avere un calo del 10,9 per cento. E poi, a seguire, Croazia (-10,8) e Francia (-10,6). Anche qui le restrizioni nei mesi di aprile e maggio produrranno contrazioni economiche difficili da recuperare nel breve periodo: se il secondo trimestre per l’Italia equivale a un -15,8 per cento del Pil, e Francia e Spagna hanno fatto addirittura peggio, rispettivamente -16,8 e -16,9.
In altri casi gli effetti saranno meno consistenti. La Germania, ad esempio, dovrebbe vedere un calo del Pil del 6,3 per cento: gli stimoli fiscali sembrano abbastanza efficaci da contenere le perdite in termini di reddito e posti di lavoro, e avere effetti positivi su consumi e investimenti.
Tra i Paesi meno colpiti anche Danimarca e Svezia, con una contrazione di 5,2 e 5,3, e soprattutto la Polonia. Con un calo previsto del 4,6, l’economia polacca sarebbe quella meno danneggiata dalla crisi, e otterrebbe un vero e proprio rimbalzo a “V” nel 2021 con una ripresa del 4,3 per cento.
Tra l’altro la Polonia sarà tra i maggiori beneficiari del “Next Generaion Ue”, il piano di risanamento previsto dalla Commissione: Varsavia dovrebbe incassare poco meno di 39 miliardi di euro, uno degli Stati membri a ricevere di più da questi aiuti. La fetta più grande del fondo spetta all’Italia (173 miliardi), seguita da Spagna (quasi 140 miliardi) e Francia (39 miliardi) ma, come si è visto nelle previsioni, questi ultimi saranno tra i più colpiti, mentre la Polonia è all’estremo opposto.