Il candidato cringeBiden provoca ansia, ma mai quanto Trump

La convention democratica virtuale è uno spettacolo televisivo per anziani costruito per rendere accettabile lo sfidante gaffeur del presidente in carica, senza pubblico ma con claque che ogni tanto applaude nei riquadrini da aperitivo su Zoom. Clinton ridimensionato, come Alexandria Ocasio Cortez. Stasera tocca a Obama e a Kamala Harris

Afp

«Ho paura che arrivi lui e rovini tutto». Che arrivi durante la diretta della convention, in questi giorni; poi nei dibattiti, e in video sulle piattaforme social. Nella notte italiana/serata americana, guardando la convention democratica virtuale, alcuni spettatori del luogo, consultati via Whatsapp, ammettevano compatti che Joe Biden gli fa ansia.

L’ansia provocata, per dire, da un anziano parente che dopo una serie di guai e compromessi viene messo a capo dell’impresa di famiglia. Ed è una brava persona, forse un po’ andata, di cui si contano le gaffes. L’ansia sale ogni volta che apre bocca, e fino al 3 novembre non si placherà.

E la convention di Milwaukee che non è più a Milwaukee – si svolge virtualmente causa Covid – è costruita per rendere accettabile il gaffeur Biden a critici e pubblico. O almeno, ad assicurare che verrebbe circondato da persone competenti, anche se politicamente in disaccordo. I discorsi a favore di Biden vanno avanti fino a giovedì sera, in collegamenti video, senza pubblico tranne una claque selezionata che applaude ogni tanto nei riquadrini da aperitivo su Zoom. Forse non è un male.

Il cringe candidate
Ora, anche siti e opinionisti irriverenti sono bideniani per disperazione, e twittano cose carine su lui e signora. Anche quei sostenitori di Bernie Sanders che si sono convertiti al voto utile mantengono la disciplina e non ne parlano male. Ma in privato tutti lo trattano da Cringe Candidate, candidato per il quale si prova imbarazzo. Googlando “Biden” e “cringe”, si trovano raccolte di gaffes, di Gif, di accuse di eccessiva affettuosità (su Twitter si esercitano bot in tutte le lingue, gli danno del “pedofilo satanista”).

Alla convention si parla casomai di affetto per la famiglia. Molti speaker ricordano il figlio morto Beau, e forse rischiano di inflazionare la tragedia. Poi Biden viene messo in nomination da Jaquelyn Brittany, addetta all’ascensore afroamericana che lo aveva elogiato in un video virale. Poi esce allegrissimo ad abbracciare la moglie Jill che ha appena parlato bene di lui, dice due parole, a casa trattengono il fiato.

La sparizione di Bill
Clinton ha parlato cinque minuti perché è una convention veloce. E perché ora si sa quanto fosse amico del defunto faccendiere accusato di infiniti reati su ragazzine, Jeffrey Epstein (sono opportunamente appena uscite foto in cui Clinton si fa massaggiare il collo da una delle accusatrici). L’ex presidente ha accusato il presidente attuale di essere un buzzicone teledipendente che insulta a tutto spiano sui social media, e poco altro.

Otto anni fa, Clinton, alla convention di Charlotte, con un Discorso Perfetto (di tre quarti d’ora) aveva puntellato la ricandidatura di Barack Obama. Ora, nella serata in cui si promuovono l’empatia e il senso della famiglia di Biden, viene liquidato come il cugino un tempo di grande successo ma finito nelle televendite. Qualcuno ha commentato che sarebbe stato meglio invitare Al Gore, per ricordare a tutti di votare, e di contrastare i brogli.

La nuova star dissennata
Ad Alexandria Ocasio-Cortez, stella nascente della politica americana e unica politica irresistibile come un topo disneyano, hanno dato solo un minuto; per mettere simbolicamente, come da regolamento, in nomination Sanders. Lei ha preso un minuto e 38, e ha fatto un Discorsetto Quasi Perfetto però di sinistra, sulle disuguaglianze, chiedendo riforme. I suoi fans sono indignati per il minuto, tutti si chiedono perché il Democratic National Committee abbia organizzato solo serate per anziani, e finora non si sia visto nulla diretto ai più giovani che sono i più anti-trumpiani e i più a sinistra (si teme, come altre volte, come altrove, l’autolesionismo dei moderati).

Hollywood o morte 
Non nel senso delle celebrities, quest’anno contenute, preferibilmente donne di colore   (se non vanno a votare loro, Biden non vince), preferibilmente iconiche (la presentatrice della serata, Tracee Ellis Ross, è attrice della sitcom afroamericana Black-ish e figlia di Diana Ross). Nel senso della molto godibile roll call, dell’appello in cui i vari stati annunciano il loro voto per la nomination.

Quest’anno è stato fatto in collegamento con stati e territori. Con paesaggi classici, personaggi significativi, regia e fotografia pastello che ricordano davvero Hollywood or Bust (1956), con Jerry Lewis e Dean Martin in viaggio da costa a costa in decappottabile. Tra i colori pastello ci sono lavoratori preoccupati e malati gravi. E c’è un elemento di nostalgia neanche subliminale nella presentazione del candidato Biden, inevitabile in tempi di futuro inimmaginabile.

La piattaforma della decenza
La prima serata della convention è stata dedicata a Trump e al suo essere un pericolo per la salute, l’economia e della democrazia. La seconda, si diceva, a Joe Biden, e l’aggettivo chiave, ripetuto obbligatoriamente da tutti gli speaker, era “decency”. Decenza, decoro, convinto rispetto delle regole, ragionevole generosità, autocontrollo.

Essere decent è il contrario dell’essere Trump. Gli elettori del Cringe Candidate hanno ancora paura che non basti. Che la piattaforma democratica sia troppo vaga. Che il candidato troppo vecchio sia troppo loquace. Stasera parla Obama, e parla Kamala Harris. E si vedrà se il partito democratico, problematico come altri partiti democratici nel mondo, saprà rilanciarsi. O se, solo, ancora, conta su Trump, sul rapporto del Senato sui suoi rapporti con la Russia. E sui previsti eccessi della sua convention, la settimana prossima (Trump minaccia di parlare tutte le sere, tornando al cringe).

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