Man mano che si hanno delle convergenze a sinistra – con il patto per le regionali e con il referendum per il taglio dei parlamentari – fra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, e a destra con il patto anti-inciucio fra Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia, diventa pressante chiedersi se sia possibile una fusione fra chi è populista e chi no.
L’intesa – come ogni compromesso fra le differenze di cui vive la politica democratica – va, infatti, tenuta distinta dall’accordo strategico che prelude a una qualche fusione – laddove le differenze si dissolvono. Le differenze di interesse e di visione fra i due schieramenti oggi in lizza si possono colmare
Partiamo dalla finanza, continuiamo con le diversità, e concludiamo con l’economia. Le differenze, come si vedrà, sono profonde e possono portare ad un accordo, ma non a una fusione.
Le polemiche in corso sulle vicende legate all’esplosione della spesa pubblica in deficit e del conseguente debito pubblico nascondono una contrapposizione profonda, quella fra il popolo dei cittadini e il popolo dei creditori – lo Staatvolk e il Marktvolk (1). Il popolo dei cittadini è nazionale, quello dei creditori è internazionale. I creditori ”votano” ogni giorno attraverso i mercati definendo il rischio del debito pubblico, i cittadini votano ogni cinque anni definendo le forze al governo. I primi sono interessati ai servizi dello Stato Sociale e non danno peso al meccanismo del loro finanziamento, i secondi sono interessati alla credibilità degli impegni finanziari e non badano alla legittimità politica.
Lo Staatvolk non ha degli interessi finanziari – sono in maggioranza poveri e quindi, al contrario dei ricchi, posseggono immobili – i cui prezzi non si formano nel continuo in mercati organizzati e quindi in sostanza sono ignorati, ma non ha nemmeno attività finanziarie – i cui prezzi, invece, si formano nel continuo e sono visibili ogni giorno accendendo la televisione. Lo Staatvolk è quindi poco o per niente informato sull’andamento della propria ricchezza. Si può spiegare anche così la crescita o la tenuta nei sondaggi dei populisti, anche in presenza di perdite in campo finanziario – come la flessione dei prezzi delle obbligazioni, che si era registrato ai tempi del Conte I – dovute alle politiche messe in atto proprio da loro.
I partiti tedeschi e austriaci – popolari e socialdemocratici – negli anni Trenta volevano proteggere il popolo dalla concorrenza che veniva dal basso, quella degli slavi. Volevano difendere il popolo anche dagli ebrei che però venivano dall’alto, dall’imprenditoria, dalla finanza, e dal giornalismo. Nel primo caso era una difesa del tenore di vita del popolo, perché gli slavi lavoravano per salari inferiori, nel secondo dalla Modernità che era (ed è) in conflitto con i costumi secolari. Gli slavi di ieri sono gli africani di oggi, mentre gli ebrei di ieri sono le élite cosmopolite di oggi che vivono nelle metropoli.
Oggigiorno la maggioranza di chi vive in provincia ha votato per la Brexit, per Trump, per Le Pen, e anche per Erdogan. Napoleone III, accusato di esercitare un potere antidemocratico, sosteneva che lui era stato eletto dal popolo, mentre chi lo attaccava – la finanza e il giornalismo – aveva sì un gran potere, ma non era mai stata eletto (2). Una risposta all’obiezione di Napoleone III che non richieda un intero trattato non si è ancora trovata.
Il Populismo, infine, non si spiega in modo meccanicistico: dalla crisi economica alla disaffezione delle masse. Il sistema di mercato si appella all’agire razionale, che si suppone che sia capace di definire il miglior interesse personale. Esiste però un’altra sfera, dove si ha l’agire intuitivo. Nel Sistema dell’agire razionale solo i risultati individuali sono premiati. Non si ha riguardo se i risultati siano giusti o meno. Nel Sistema dell’agire intuitivo, invece, si vogliono i risultati giusti (3). Si ha così la discrepanza – si sospetta incolmabile – fra merito e destino (4). Chi ha ottenuto dei risultati pensa di averli meritatamente guadagnati, chi non li ha avuti pensa che alberghi un’ingiustizia.
1 – Wolfgang Streeck, Buying Time, Verso, 2017
2 – Pierre Rosanvallon, Le bon gouvernement, Edition du Seuil, 2015.
3 – Paul De Grauwe, The Limits of the Market, Oxford, 2017,
4 – Max Weber, Economia e Società, Vol. II, Parte Seconda, Edizioni di Comunità, 1974, capitolo 8: Il problema della Teodicea.