L’esplosione che il pomeriggio del 4 agosto ha distrutto il porto di Beirut e causato la morte di più di 100 persone è solo l’ultimo colpo inferto ad un Paese già profondamente provato da una crisi economica e politica che va avanti ormai da mesi. L’incidente di martedì ha provocato danni per 10 miliardi di dollari e la distruzione della principale arteria commerciale del Libano avrà effetti devastanti sull’economia. A pagare le conseguenze di quanto accaduto e dei suoi risvolti futuri saranno le fasce più deboli della popolazione e in particolare i bambini, la cui sopravvivenza è già a rischio a causa della mancanza di cibo.
Alcuni giorni prima dell’esplosione, Save the Children aveva richiamato l’attenzione delle autorità libanesi e della comunità internazionale sulle precarie condizioni di vita dei bambini, evidenziando come la crisi economica e la conseguente svalutazione della lira libanese avesse spinto «più di mezzo milione di bambini di Beirut alla fame e a lottare per la sopravvivenza».
Secondo la Ong, un alto numero di famiglie residenti nella capitale non può più permettersi non solo servizi essenziali quali elettricità, combustibile per cucinare, prodotti igienici di base o l’acqua, ma neanche il cibo. Nello specifico, 910mila persone sono costrette a vivere in maniera tanto precaria e oltre la metà (564mila) sono bambini. I numeri presentati dalla Ong nel suo ultimo report sono di per sé allarmanti, ma molto probabilmente il dato reale è ancora più grave. Come specificato dagli stessi operatori umanitari, i dati «potrebbero essere solo la punta dell’iceberg, a fronte di una crisi economica che stanno vivendo le famiglie di tutto il Libano, a causa dell’aumento dei prezzi di cibo, affitto e altri beni di prima necessità».
Negli ultimi dieci mesi la lira libanese ha perso più dell’80 per cento del proprio valore nei confronti del dollaro e lo stesso governo stima che il 75 per cento della popolazione abbia bisogno di aiuto da parte dello Stato per continuare a sopravvivere. A confermare i timori delle autorità è il report redatto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), secondo cui i prezzi del cibo e degli affitti è aumentato del 169 per cento in meno di un anno, mentre la disoccupazione è salita del 35 per cento e ha raggiunto numeri ancora più preoccupanti nel settore dell’economia sommersa.
La mancanza di entrate e di prospettive migliori per il prossimo futuro hanno quindi costretto due terzi della popolazione libanese a spendere sempre meno per il cibo nel tentativo di risparmiare il più possibile. Da qui l’allarme del direttore libanese di Save the Children, secondo cui entro la fine del 2020 si registreranno i primi casi di bambini morti per fame. A patire la mancanza di cibo tra l’altro non sono solo le classi più povere, ma anche quella media, il cui potere d’acquisto ha subito una drastica diminuzione a causa della crisi. In alcuni casi, le famiglie hanno dovuto costringere i propri bambini a lavorare per aumentare le entrate, andando a incidere negativamente anche sulla loro istruzione.
La situazione però rischia di farsi ancora più disperata. I silos che si trovano nel porto di Beirut e che contengono circa l’85 per cento delle riserve di cereali del Paese sono andati per lo più distrutti e anche quelli che sono rimasti in piedi sono inutilizzabili a causa della contaminazione da nitrato. Il rischio quindi è che il Libano resti in breve tempo senza farina, provocando un ulteriore aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.
Far fronte al problema dell’insicurezza alimentare di più della metà della propria popolazione è una sfida che il governo libanese non sa come affrontare. La soluzione proposta dalle Ong è l’implementazione di un piano di assistenza sociale a sostegno delle fasce più vulnerabili che hanno visto la loro condizione peggiorare anche a seguito della pandemia, oltre che della crisi economica. Nel lungo periodo servirebbe invece una politica sociale che protegga le famiglie da nuovi shock economici e che sia in grado di aiutare soprattutto i lavoratori autonomi o coloro che lavorano nell’economia informale.
Ad oggi però l’esecutivo non è in grado di portare avanti riforme di questo livello a causa della mancanza delle risorse finanziare adeguate. Il Libano sta affrontando la più grave crisi economica e finanziaria mai vista dalla fine della guerra civile e le trattative con il Fondo monetario internazionale sono ancora in alto mare. La distruzione del porto ha poi ridotto ulteriormente gli spazi di manovra dello Stato, avendo messo fuori uso lo snodo commerciale più importante del Paese, difficilmente ricostruibile in breve tempo.
I timori di Save the Children rischiano quindi non solo di trasformarsi in realtà, ma è molto probabile che il numero di bambini che patisce la fame e che rischia di morire a causa della mancanza di cibo continuerà ad aumentare in un tempo relativamente breve.