Sbagliando s’imparaCome l’Europa centrale e i Balcani si preparano al ritorno a scuola

Il Kosovo sta valutando tre diversi scenari per il nuovo anno scolastico, la Serbia non ha ancora deciso la modalità di insegnamento, la Romani sta predisponendo della zone semaforiche, mentre la Polonia intende riaprire completamente le classi dal primo settembre

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Ripreso da Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e pubblicato originariamente da Balkan Insight

I paesi dell’Europa centrale e sudorientale si stanno preparando per il nuovo anno scolastico mentre sono alle prese con un picco di infezioni da coronavirus, e se alcuni dicono di essere (quasi) pronti, altri non hanno ancora deciso quale modalità di insegnamento impiegare e aspettano il parere degli epidemiologi.

Le opzioni comprendono lezioni più brevi, classi meno numerose, alternanza di lezioni in presenza e online o combinazioni di queste e altre soluzioni.

Balcani occidentali ancora indecisi
La Serbia non ha ancora deciso la modalità di insegnamento per il prossimo anno scolastico: il governo e il suo staff di crisi stanno valutando diversi modelli proposti dal ministero dell’Istruzione, ha dichiarato in conferenza stampa il primo ministro Ana Brnabić.

Brnabić ha detto che tutte le scuole opereranno allo stesso modo. «Vogliamo fornire criteri chiari in base ai quali le scuole decideranno come lavorare. Non le lasceremo decidere da sole», ha dichiarato.

Una proposta è quella di rimandare in classe gli alunni dalla prima alla quarta elementare in gruppi non più grandi di 15, con lezioni dai 30 ai 35 minuti e pause di 20 minuti per la disinfezione.

Il ministro dell’Istruzione Mladen Šarčević ha dichiarato al quotidiano Blic all’inizio di luglio che il ministero stava pensando a un «modello combinato», ovvero «gli studenti farebbero lezione online, ma andranno anche a scuola ogni due settimane, per fare esercizi».

In Bosnia Erzegovina, le due entità (Republika Srpska e Federazione BiH) e i 10 cantoni presenteranno un piano dopo le consultazioni con epidemiologi, insegnanti, sindacati e genitori, visto l’aumento del numero di casi nelle ultime sei settimane.

Le tre opzioni sono ritorno a scuola, lezioni online e la combinazione delle due modalità.

«L’anno scolastico passato non si può assolutamente ripetere e lo sappiamo da molto tempo. Ora inizierà: in che modo e in che ambito lo definiremo», ha dichiarato il direttore dell’Istituto di salute pubblica della RS Branislav Zeljković.

Merima Bećarevic, capo del consiglio dei genitori del cantone di Sarajevo, ha affermato che una proposta potrebbe essere quella di consentire ai genitori dei bambini dalla prima alla quarta elementare di rimanere a casa e aiutarli durante le settimane di lezione online. «Vedremo quanto ciò sia realistico, dato che i genitori sono impegnati a lavorare, sia nelle istituzioni private che in quelle pubbliche», ha detto.

Il ministero dell’Istruzione del Montenegro si è dichiarato pronto per il nuovo anno scolastico, ma previa consultazione con l’Istituto per la sanità pubblica. Nel frattempo, sta preparando lezioni in video nel caso in cui le scuole rimangano chiuse a causa dell’epidemia.

Il Kosovo sta valutando tre diversi scenari per il nuovo anno scolastico; riapertura parziale delle scuole a settembre, non riaprire affatto o posticipare la riapertura, ha spiegato il ministro dell’Istruzione Rame Lahaj. Il ministero ha «elaborato programmi per tutti i livelli di istruzione» e per tutti e tre gli scenari, compresi approcci diversi per comuni diversi in base al livello della pandemia.

Il ministero realizzerà video lezioni per la scuola dell’obbligo per l’intero anno. Le piattaforme di notizie locali Kallxo, BIRN Kosovo e Internews Kosovo sono state nuovamente invitate a far parte del progetto, come durante il lockdown.

In Albania, secondo le ultime informazioni le scuole riapriranno a settembre, ma questa decisione sarebbe stata presa all’inizio di giugno, quando il numero di contagi era sceso ad una cifra. Nel frattempo i numeri sono aumentati, con un record di 139 casi il 5 agosto e una media di 5 decessi correlati a COVID-19 al giorno nelle ultime settimane.

L’istruzione pubblica albanese era già stata colpita dal terremoto di novembre 2019 e attualmente circa 96 scuole sono chiuse o solo in parte operative a causa dei danni causati dal sisma, che secondo il ministero della Pubblica Istruzione ha colpito circa 40.000 alunni.

Ciò ha causato il trasferimento di circa 20.000 alunni nelle aree densamente popolate dell’Albania centrale nelle cosiddette “scuole ospitanti”, già sovraffollate a causa dell’enorme spostamento della popolazione verso le aree urbane negli ultimi tre decenni.

La Macedonia del Nord non ha ancora deciso se aprire scuole e asili a settembre, ma il ministro della Sanità Venko Filipce ha dichiarato che «molto probabilmente» scuole e asili dovranno allineare tutti i protocolli prima della decisione finale.

Filipce ha dichiarato alla TV locale Kanal 5 che «fra le misure principali ci sono gruppi più piccoli, più turni e lezioni più brevi», aggiungendo che lo scopo è che i bambini rimangano in spazi chiusi il meno possibile e tutti con la mascherina.

Il ministero croato della Scienza e dell’Istruzione ha dichiarato a BIRN che «dal 7 settembre gli studenti frequenteranno le lezioni in aula nel rispetto di tutte le misure epidemiologiche», mentre le lezioni online saranno fornite in casi eccezionali agli studenti che non possono frequentare le aule per motivi di salute.

Zone semaforiche in Romania
In Romania, il presidente Klaus Iohannis ha annunciato che l’anno scolastico inizierà il 14 settembre e in presenza per la maggior parte dei bambini, ma saranno i comuni a decidere in base al numero di casi di COVID-19 individuati negli ultimi 14 giorni nella zona.

Le zone con meno di una infezione ogni mille residenti saranno considerate “verdi” e le scuole funzioneranno normalmente. I comuni fino a tre casi per mille saranno classificati “gialli” e i bambini frequenteranno le scuole solo per alcuni corsi. Nelle zone “rosse” con più di tre casi ogni mille abitanti tutte le lezioni si terranno online.

Secondo il presidente circa 50 comuni in Romania sarebbero probabilmente “zone rosse”, centinaia di città sarebbero considerate gialle e la maggior parte dei comuni, compresa la capitale, sarebbe nella categoria verde.

La Moldavia aprirà le scuole il primo settembre con l’obbligo di mascherina per gli insegnanti, ma non per gli studenti, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Igor Sharov, aggiungendo che il piano è basato sulle proposte ricevute da parte di insegnanti, genitori, studenti e funzionari scolastici in diversi distretti.

Circa il 65% degli istituti scolastici si dichiara pronto a riprendere gli studi rispettando le norme di sicurezza, che comportano un solo bambino per banco e uno spazio di 1,5 metri tra i banchi.

In Turchia, il ministro dell’Istruzione Ziya Selçuk ha dichiarato che le scuole riapriranno come previsto il 31 agosto, nonostante le richieste di rinvio legate all’aumento dei casi di coronavirus.

«Tutti dovrebbero sentire sulle spalle il peso di 18 milioni di studenti», ha affermato Selçuk, invitando i cittadini ad essere più cauti e seguire tutte le misure di sicurezza del governo.

Tuttavia, la decisione del governo ha lasciato perplessi molti insegnanti. «Non sappiamo come procedere in questo ambiente rischioso. Il numero di nuovi casi aumenta ogni giorno e avere [gli alunni] che si riuniscono nelle scuole e nelle aule non sarà positivo in termini di diffusione del virus», ha fatto notare a BIRN un insegnante di Istanbul, chiedendo di non essere nominato.

L’Europa centrale spera nel ritorno alla “normalità”
La Polonia intende riaprire completamente le scuole dal primo settembre, ha detto il ministro dell’Istruzione Dariusz Piontkowski, nonostante una recrudescenza delle infezioni da coronavirus, che ha visto recentemente il paese registrare 680 nuovi casi in un giorno: il numero più alto dall’inizio della pandemia.

Il governo, osservano gli esperti, rischia di ripetere l’errore di allentare troppo presto le misure, che ha portato ai recenti picchi nei casi e alla diffusa negligenza.

La nazione di 38 milioni di persone ha registrato un totale di 48.789 casi e 1.756 decessi, il che è stato considerato un risultato positivo.

Piontkowski ha affermato che il ministero dell’Istruzione imporrà rigide norme di igiene e sicurezza per le scuole, ma non le mascherine, nonché criteri in base ai quali alcune scuole potrebbero passare all’istruzione online o ad un mix se le infezioni dovessero aumentare. I presidi avranno la facoltà di decidere per le proprie scuole.

Il governo intende obbligare i genitori a rimandare i figli a scuola anche se preoccupati, perché «un genitore non è un epidemiologo».

Anche in Ungheria il governo sta pianificando di avviare un normale anno scolastico, ma preparandosi a eventuali modifiche, ha dichiarato alla TV pubblica M1 Zoltán Maruzsa, Segretario di Stato all’Istruzione, aggiungendo che «l’anno scolastico inizierà in un modo tradizionale, aprirà a settembre, ma ove necessario verranno prese misure locali».

Ciò è in linea con i suggerimenti degli esperti di istruzione e salute, che sostengono che dovrebbe essere evitata una chiusura universale delle scuole, poiché pone un enorme fardello sui genitori e contribuisce al ritardo degli studenti svantaggiati.

Se la pandemia dovesse ripresentarsi in autunno (attualmente l’Ungheria segnala un leggero aumento dei casi, ma ha ancora un basso numero di contagi), le scuole dove ricompare il virus dovrebbero essere chiuse, ma senza coinvolgere l’intero paese.

ELTE, la più grande università ungherese, sta optando per un “formato ibrido”, in base al quale alcuni corsi minori avverranno in presenza, ma la maggior parte delle lezioni più frequentate verrà trasmessa in streaming. Le mascherine saranno obbligatorie negli edifici universitari.

Nella Repubblica Ceca, il 28 luglio il ministro dell’Istruzione Robert Plaga ha dichiarato che le scuole apriranno normalmente dal primo settembre, anche se nelle aule dovranno essere osservate norme sanitarie più severe.

Secondo il ministro, le scuole devono prestare maggiore attenzione alla disinfezione delle mani e, ad esempio, ad una migliore e più frequente ventilazione in classe. Se durante l’autunno il governo fosse costretto a imporre di nuovo le mascherine in tutta la società, le scuole non farebbero eccezione. In caso di contagio in una scuola, le autorità sanitarie regionali decideranno se chiudere la scuola, a seconda delle circostanze.

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