Ma quante cose è riuscito a fare in così poco tempo! Senza essere riuscito neppure ad attraversare la conradiana linea d’ombra, è morto il 6 febbraio 1963 prima di compiere trent’anni, Piero Manzoni è uno di quei personaggi che più lo studi e più vengono fuori aspetti del tutto particolari, inediti addirittura.
Ovviamente il mondo fuori lo conosce soprattutto per la Merda d’artista, che non è una rivisitazione del readymade duchampiano ma l’estensione estrema del corpo del suo autore, non è soltanto provocazione, o almeno lo è in parte, e contiene un sottile ragionamento di natura economica: novanta barattoli, sigillati e numerati, contenenti 30 grammi di cacca umana, venduta al prezzo corrente dell’oro. Insomma quel che potrebbe valere l’arte indipendente dal suo contenuto, in questo caso il termine acquisisce ulteriore importanza.
Che l’economia e la politica interessassero il giovanissimo Piero prima di aver compiuto la scelta definitiva verso l’arte, che avviene intorno al 1956, è notizia che conoscono soltanto i suoi più esperti biografi o esegeti. Ma che fosse così appassionato al punto da voler dire la sua nel dibattito del tempo è novità che vengo a scoprire per caso.
O meglio, avendo tra le mani il prezioso volumetto, ultimo uscito per De Piante Editore, che pubblica l’introvabile articolo “L’economia del carnefice” che Manzoni scrisse sul bollettino Gioventù Sociale nel maggio 1950.
Non è certo una riflessione sull’arte, che ancora stava lontanissima dai radar di Piero, ma la testimonianza di un brevissimo momento di impegno politico dello studente del Leone XIII, istituto gesuita a Milano. Manzoni è attivo attorno ai Gruppi di Preparazione Sociale, espressione del mondo cattolico con diverse sfumature, dal volontariato all’organizzazione di seminari e convegni.
Nelle poche cartelle dell’articolo Manzoni interviene sul difficile rapporto tra il modello capitalista e quello marxista, schierandosi dalla parte del liberalismo e contro «l’essenza totalitaristica del socialismo», decisione che indubbiamente fa specie per un rivoluzionario come lui.
Attuale e sferzante anche nella terminologia Piero Manzoni difende la democrazia contro il falso equalitarismo applicato dai fan di Marx, beccandosi diverse critiche all’interno degli stessi GPS e in particolare da un lettore che bollava di bieco individualismo il capitalismo «carnefice».
La risposta di Piero non si fa attendere, puntuta e pienamente liberale, ove evidenzia che le ingiustizie sociali sono «conseguenza delle leggi degli uomini e non delle leggi dell’economia».
Poiché le pagine di questo gioiello editoriale sono poche, non è il caso di svelare altro, se non la sorpresa di incontrare un Manzoni che presto si infatuerà di idee più di sinistra, pur rimanendo estraneo a partiti e schieramenti.
A proposito della sue (non) scelte politiche, ribadì in un’intervista che il termine «non ha nessuna significato per noi, noi viviamo in un mondo avveniristico!», ma a quel punto è già il Piero Manzoni conosciuto nel mondo dell’avanguardia, coccolato da Lucio Fontana, che dialoga con gli artisti stranieri, da Yves Klein al Gruppo Zero.
Benemerito il nuovo titolo del catalogo De Piante – il payoff recita pochi libri per pochi, piccoli, curati, con copertine d’attore in edizione limitata – che pubblica solo autori italiani defunti spaziando da Sciascia a Morselli, da Fruttero & Lucentini a Montale, da Paolo Villaggio a Carlo Mollino. La copertina de “L’economia del carnefice” è stata affidata ad Aldo Spinelli che ha realizzato 200 variazioni diverse sull’impronta della propria mano, evidentemente omaggio al pestifero Pierino.