Casse vuoteNove regioni dell’Unione europea su dieci devono affrontare un calo delle entrate a causa della pandemia

Quasi tutti i comuni dell’Ue registrano una crisi di bilancio che per l’Italia è stimata intorno ai 30 miliardi di euro. Per ripartire però non basta il NextGenerationEu, c’è bisogno di una governance multilivello che coinvolga le singole amministrazioni nell’elaborazione dei piani nazionali per la ripresa

(Photo by François Walschaerts / POOL / AFP)

Articolo pubblicato originariamente dallo European data journalism network

Secondo un rapporto pubblicato il 12 ottobre dal Comitato europeo delle Regioni (CdR), «oltre il 90 per cento delle regioni e dei comuni dell’Ue si aspetta un crollo delle entrate» per l’anno in corso, con un valore stimato di 30 miliardi di euro per Italia, Germania e Francia.

Mentre è esplosa la spesa degli enti locali per quanto riguarda sanità, servizi sociali e protezione civile, avverte il rapporto, le entrate del turismo e dell’economia in generale sono in netto calo. In Italia e Spagna, tra i Paesi più colpiti all’inizio della primavera, gli enti locali sono responsabili per oltre il 90 per cento della spesa sanitaria.

A essere più colpite dal deficit sono le città con oltre 250 mila residenti. Secondo un sondaggio condotto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il 78 per cento degli intervistati appartenenti a comuni di grandi dimensioni ha registrato un «forte impatto» sulle proprie finanze, e l’83 per cento di loro prevede una diminuzione del gettito fiscale pari al 53 per cento.

Il governo francese stima che le amministrazioni locali potrebbero subire perdite finanziarie per 7,5 miliardi di euro nel 2020, circa il 3 per cento delle entrate totali dell’anno precedente. In Italia, gli enti locali prevedono una diminuzione delle entrate compresa tra il 9 e il 21 per cento, ovvero tra i 3,7 e gli 8 miliardi di euro. In Germania, secondo il rapporto, il gettito fiscale per i comuni potrebbe diminuire del 10 per cento.

In un discorso al Comitato delle regioni, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto ai rappresentanti regionali che gli enti locali saranno al centro del nuovo Fondo per la ripresa previsto dall’Ue per fronteggiare il coronavirus. Un programma da 55 miliardi di euro, previsto all’interno del fondo da 750 miliardi di euro, sarà incentrato sui sussidi all’occupazione, sotto forma di liquidità alle piccole imprese, che potrebbero alleviare parte dell’onere per le regioni nei prossimi due anni.

Per sbloccare le risorse previste all’interno del fondo di recupero, tuttavia, i Paesi dell’Ue dovranno elaborare piani nazionali, e le regioni temono che le loro esigenze vengano trascurate dai governi nazionali. «Riteniamo che le città e le regioni dovrebbero essere incluse nella progettazione dei piani di sviluppo nazionale sin dall’inizio», ha dichiarato Ursula von der Leyen.

Il presidente del CdR Apostolos Tzitzikostas ha avvertito che l’aumento della spesa e la diminuzione delle entrate mettono a rischio le finanze pubbliche di comuni, città e regioni, le quali tuttavia rappresentano il livello di governo più affidabile dell’intero blocco. «Se i servizi pubblici crollano, la nostra ripresa sarà più lenta e più dolorosa per le persone e le loro comunità», ha dichiarato. «Un piano di ripresa che rimane spazialmente cieco e soddisfa solo le esigenze nazionali fallirà», ha aggiunto Tzitzikostas.

Bypassare il governo centrale?
I governi dell’Ue, tuttavia, sono stati riluttanti nel rinunciare al controllo di parti dei fondi dell’Ue. Per questo i sindaci delle capitali dell’Europa centrale hanno fatto pressioni per avere l’accesso diretto ai fondi dell’UE, aggirando i governi nazionali.

La relazione del Comitato europeo delle Regioni ha avvertito anche che la pandemia rischia di aumentare il divario tra aree rurali e urbane e di approfondire il gap del sistema educativo. Secondo il rapporto, solo sei Stati membri offrono un’offerta scolastica digitale di alto livello per l’80 per cento o più degli studenti.

È probabile che l’impatto della pandemia sia maggiore anche sulle donne, che costituiscono quasi l’80 per cento della professione sanitaria dell’Unione Europea.