Boni!…State ‘boni. Maurizio Costanzo ha ragione: le misure da lui prese per il debutto, con pubblico in sala presente, del nuovo MCShow, traslocato dal teatro Parioli agli studios sulla Tiburtina dove sono stati riprodotti fedelmente gli ambienti dello storico palcoscenico, sono totalmente approvate dalle disposizioni governative.
Basta leggerle: le distanze tra gli spettatori possono essere ridotte a meno di un metro, se essi siano dotati di mascherina e separati da plexiglass tra le poltrone. Naturalmente, come sempre ricorre in letteratura giuridica nazionale, l’ambiguità e la discrezionalità sono intrinseche: esentati dal distanziamento sono tutti coloro che sotto la propria responsabilità personale accettano di assistere alle rappresentazioni alle condizioni date: mascherine e separé, appunto.
Nulla quaestio dunque. I peana di guerra esplosi sui social media, soprattutto scatenati dagli addetti ai lavori del settore spettacolo e intrattenimento, sono vane voci nel deserto. Non solo quello biblico, anche quello terreno, quello delle sale vuote e chiuse.
Ma i Dpcm non chiudono, impongono limitazioni talmente dissuasive che il famoso effetto forno è assicurato. Tanto vale chiudere davvero e protestare. Risultato: è come porgere la mano al lupo che te la sbranerà.
Il vecchio mattatore dei talk, però, ha tutte le carte in regola. Altrimenti, al suo spettacolo, il sindaco di Roma e il viceministro alla Salute non ci sarebbero andati. Separatori trasparenti, mascherine d’ordinanza e, perdipiù, sierologico per tutti. Offre lui.
Detta la verità sulle cose come stanno, il punto non è l’apologia di Maurizio Costanzo. Né, tantomeno, si vuole sparare sulla croce rossa del mondo dello spettacolo moribondo. Il punto è bensì la descrizione di una mutazione della specie umana.
Si alza il sipario Tv e assistiamo alla prima prova generale, molto efficacemente riuscita, di un assembramento vecchio stile, almeno in apparenza, ma sinistramente ingabbiato e travisato in volto. Una scena da carcere di tortura, da bagno penale mediatico nel gran set della società sanitaria che infetta la gioia della vita. Altro che una distesa e serena platea di spettatori gaudenti.
Ora, viene da dire: ma come si può avere il cuore di prendersela con una pletora di poveretti ammassati in serie, muti e paralizzati, costretti in un abitacolo trasparente, col fiato corto, rarefatto, viziato e puteolente? E come accanirsi contro l’ideatore e il promotore di tale miseranda scena di guerra al Covid?
A Maurizio Costanzo va casomai il merito di avere messo in scena, ancora una volta da pioniere della sperimentazione socialmediatica, un riuscito modello dimostrativo: il passaggio di specie che dall’Homo sapiens, che ancora si assembra in file ordinate e assiste a spettacoli dal vivo, pur soggiacendo a privazioni e costrizioni fino a pochi mesi fa inimmaginabili, all’Homo Pandemicus (già definito dal filosofo Fabio Vighi), che si trincera tra le pareti fortificate di casa e si scaglia con tutta la forza social che gli resta contro quello che rimane della libertà d’azione, di movimento e di raduno con animo lieto.
È curioso, ma l’uomo nuovo, in questa transizione, assomiglia a un pollo da allevamento.