Una storia ultra trentennale è alle spalle del concorso più ambito dagli chef di tutti i continenti che ogni due anni si affrontano a Lione durante il Sirha, l’evento internazionale dedicato ai settori dell’ospitalità e della ristorazione, per aggiudicarsi il titolo di campioni del mondo. Paul Bocuse, definito il papa della cucina, l’imperatore della gastronomia, il cuoco del secolo è stato l’unico chef a poter vantare ininterrottamente per 53 anni, dal 1965 al 2018 anno della sua scomparsa, le tre stelle della Guida Michelin.
Lui era di Lione: con la famiglia viveva sulle rive della Saône in quel Collonges-au-Mont-d’Or dove dalla nascita nel 1926 trascorse tutta la vita e non è un caso che la finale mondiale dell’evento da lui ideato si tenga proprio in quella città che Bocuse ha sempre considerato il “granaio di Francia” per le tante eccellenze enogastronomiche del territorio. Ineccepibile guardiano della tradizione vocato alla genuinità del prodotto (“la cuisine fusion c’est la confusion”, amava dire), Paul Bocuse è colui che è platealmente riconosciuto, tra le altre cose, per aver fatto uscire i cuochi dalla cucina, donando loro visibilità e inventando questo concorso mondiale che nacque all’interno del salone des métiers de bouche di Lione, poi divenuto il Sirha.
Quest’anno il candidato italiano a competere alla selezione europea è Alessandro Bergamo, sous chef del Ristorante Cracco a Milano, già finalista della region Italia e Sud Est Europa di S.Pellegrino Young Chef 2020 e assistente coach all’Accademia Bocuse d’Or Italia durante la finale mondiale del 2019 che ha visto in gara per l’Italia Martino Ruggieri. Con Bergamo, a comporre il dream team italiano, il giovane commis Francesco Tanese e il coach Lorenzo Alessio, membro della Federazione Italiana Cuochi che da quest’anno ha siglato un sodalizio con l’Accademia Bocuse d’Or Italia che si occupa della selezione dei candidati e della preparazione del finalista per le competizioni europee in vista del mondiale.
Diciassette le nazioni in gara (Inghilterra, Belgio e Croazia hanno rinunciato a causa della pandemia) per dieci posti disponibili che consentiranno l’accesso alla finale: Bergamo gareggerà il 16 ottobre scontrandosi direttamente con diversi top player del settore come la Norvegia, la Finlandia e la Francia. Nessun tifo da stadio quest’anno: le restrizioni a causa del Covid-19 lasceranno spazio a una gara diversa, trasmessa in streaming a porte chiuse con la sola presenza degli addetti ai lavori. Nonostante ciò, le regole restano le stesse: 5 ore e 35 minuti per presentare una creazione su piatto e un’altra su vassoio che verranno giudicate dalle commissioni di chef secondo i criteri di presentazione, gusto, metodo di cottura, abilità, rispetto dei prodotti e originalità. Quest’anno il tema del vassoio ha come ingrediente principale le quaglie, l’uovo di quaglia e due contorni vegetali, mentre il tema del piatto è il pesce gatto da presentare con tre contorni vegetali. «La preparazione dei piatti è ultimata – dichiara Alessandro Bergamo da Cesenatico dove si allena – abbiamo standardizzato ogni passaggio: ora dobbiamo entrare nel box di gara ed essere perfetti. Abbiamo lavorato tanto e l’apporto di tutti è stato fondamentale: presenteremo un lavoro bello e curato nei dettagli che è stato pensato e ideato per renderlo fattibile negli spazi e nei tempi previsti dalla gara».
Gara a cui Alessandro Bergamo ha preso parte come assistente coach durante la finale di Lione 2019: «Aver lavorato con Martino Ruggieri – spiega – penso sia stato un passaggio fondamentale per poter affrontare oggi la gara avendo un’idea concreta di quello che sarà. Certo oggi mi metto in gioco in prima persona e la responsabilità è enorme, ma quello di partecipare al Bocuse d’Or è un sogno che ho da tempo e sono convinto di poter dare il meglio». Ormai da mesi le giornate di Alessandro Bergamo e del suo team si susseguono con ritmi ben precisi: sveglia alle 6.15, sei chilometri di corsa (l’allenamento fisico e mentale è fondamentale in una competizione di questo tipo), colazione, spesa e dalle 8 del mattino alle 22 della sera prove costanti sette giorni su sette: l’ultimo giorno di riposo è stato a fine giugno. Le speranze sono tante: l’Italia del Bocuse d’Or non si è mai classificata tra i top player, fatto salvo per il quarto posto di Paolo Lopriore nel 2001 e il quattordicesimo posto di Martino Ruggieri nel 2019.
«Quest’anno stiamo lavorando su un bellissimo progetto – spiega Luciano Tona, direttore dell’Accademia Bocuse d’Or Italia – senza pensieri strani in gioco: l’ultima prova con servizio è andata molto bene e siamo soddisfatti del lavoro». Gli fa eco il vicepresidente Carlo Cracco: «Siamo contenti degli allenamenti, Bergamo è cresciuto molto e anche Tannese, il commis, ha fatto passi da gigante. Su Alessandro Bergamo non ho mai avuto dubbi, ma del resto sono di parte», conclude sorridendo. Soddisfatto anche Enrico Crippa, presidente dell’Accademia Bocuse d’Or Italia: «Possiamo affermare di essere pronti e di aver svolto un ottimo lavoro. Abbiamo imparato dagli errori del passato – commenta lo chef tre stelle Michelin – e abbiamo vissuto questa seconda esperienza con una consapevolezza diversa: siamo stati più attenti a quello che il Bocuse d’Or chiede e ci siamo fatti trasportare meno dalla creatività». Un’ultima curiosità: il trentenne Alessandro Bergamo è nato a Mariano Comense e brianzolo è anche Marco Sangalli, l’architetto che si è occupato della realizzazione del vassoio per la gara. Bergamasche, invece, sono le quaglie con cui si sono allenati durante le prove: la taglia di questi animali è infatti più simile a quelle estoni con cui il team italiano dovrà lavorare a Tallin.