L’assalto dei partitiIl nuovo piano di razionalizzazione della Rai (ammesso che la Rai si possa razionalizzare)

L’amministratore delegato Fabrizio Salini, voluto dal governo gialloverde, ha presentato un piano di risparmio che prevede accorpamenti di reti obsolete e investimenti nel digitale con RaiPlay. Idee che però hanno provocato reazioni da più parti nel mondo politico e la tradizionale resistenza interna

AFP

Non scorrono mai acque tranquille nel lungo fiume di Mamma Rai, ma dal 14 ottobre – data dell’ultimo Consiglio di amministrazione – si può affermare senza timore di smentita che Viale Mazzini si trova nel pieno della solita tempesta.

Mercoledì scorso, infatti, Fabrizio Salini – amministratore delegato voluto dal governo gialloverde in ticket con il presidente Marcello Foa – ha presentato un piano di risparmio da 20 milioni per un bilancio spesso in rosso, specialmente durante una crisi come quella che stiamo vivendo, attraverso una serie di rinvii, razionalizzazioni e accorpamenti tra reti considerate ormai obsolete da un mercato dell’informazione e dell’intrattenimento in perenne evoluzione.

Le proposte, emerse sia nelle dichiarazioni del deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, membro della Commissione di Vigilanza Rai, sia da fonti interne all’azienda, sono semplici: si va dalla possibile fusione di Rai5 e Rai Storia, che lascerebbe libero un canale per il brand di Rai Cultura; la valorizzazione di Rai Scuola per puntare sulla didattica a distanza; lo slittamento in avanti dell’apertura dei canali istituzionale e inglese.

Il punto che ha forse attirato più dibattito è tuttavia la strategia del servizio pubblico sul fronte sport, che mette in discussione una redazione di ben 120 giornalisti, alcuni dei quali si accapigliano su Twitter: fonti interne rivelano tuttavia che verranno tolti due canali del digitale terrestre a Rai Sport, ma che i contenuti più caldi verranno spostati su Rai Due e il resto su Rai Play, l’on demand varato proprio negli ultimi anni, durante la gestione Salini.

Le idee di razionalizzazione hanno subito scatenato reazioni da diverse parti, in nome del contratto di servizio: da Anzaldi di Italia Viva a Valeria Fedeli del Partito democratico, ex ministro dell’Istruzione, dall’ex Mediaset Giorgio Mulè al presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini, entrambi di Forza Italia, passando per Sinistra italiana, che ha lamentato il rinvio della fiction su Mimmo Lucano, l’ex Sindaco di Riace, così come per la Lega di Salvini.

Tutti invocano un intervento di Gualtieri e dello stesso Salini per chiarire quanto sarà trattato già durante il prossimo Cda del 29 ottobre. Sibillino è stato anche il commento del sottosegretario all’Editoria del Partito democratico Andrea Martella, che alla presentazione del rapporto Auditel-Censis ha detto che alla Rai servirebbe «un sistema di governance nuovo».

In controcanto il Movimento 5 Stelle, che attraverso la deputata Francesca Flati ha letto la razionalizzazione come uno sforzo «per la tutela dell’offerta e del personale».

Salini, dal canto suo, chiamato a luglio del 2018 dal governo gialloverde, ha provato a rimescolare le carte tra i volti in onda, lanciato nuovi programmi e puntato sul digitale con RaiPlay.

Adesso arriva la prova più difficile: bisognerà chiedere sacrifici a una delle aziende più lottizzate e sindacalizzate. Nonostante le reazioni negative da più fronti, fonti interne Rai rivelano che Salini voglia ancora andare avanti su questa strada mettendo in cima alle priorità cultura e sport. Attraversare la tempesta, in vista del rinnovo dei vertici previsto per il prossimo anno, non sarà cosa semplice.

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