Il Parlamento europeo ha condannato la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti. Lo ha fatto l’8 ottobre votando a maggioranza una risoluzione (574 sì, 77 no, 43 astenuti) in cui invita gli Stati membri a proporre possibili soluzioni per l’introduzione di uno strumento giuridico comune a tutti con l’obiettivo di garantire una remunerazione equa per stagisti, tirocinanti e apprendisti nel mercato del lavoro dell’Unione, garantendo anche un ambiente di lavoro adeguato, un trattamento equo e paritario, con periodi di prova di ragionevole durata e senza contratti atipici.
Tutto bellissimo, sulla carta. Perché la risoluzione è un atto non vincolante. Gli Stati membri non sono obbligati a realizzare la risoluzione, ma è pur sempre un chiaro messaggio politico. È stato riconosciuto, una volta per tutte, che il tirocinio non pagato una forma di sfruttamento giovanile. «Per molto tempo ci siamo abituati a tirocini non retribuiti, ma questo deve cambiare. Non possiamo più permettere che i giovani vengano sfruttati così» ha commentato il presidente del Parlamento europeo David Sassoli.
Questo vale tanto nel mercato europeo quanto nelle stesse istituzioni dell’Unione. Il Parlamento europeo ha infatti iniziato a pagare i suoi stagisti solo due anni fa. Nel luglio 2018, su iniziativa dell’eurogruppo dei Socialisti e democratici, si è arrivati alla decisione comune di vietare stage non retribuiti nell’istituzione. Oggi, i tirocini, sia per laureati che per studenti, possono essere svolti in uno dei luoghi di lavoro ufficiali del Parlamento europeo (Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo) o presso gli Uffici di collegamento negli Stati membri. Prevedono un’assicurazione sanitaria e un salario che varia da 800 a 1.300 euro al mese.
La risoluzione dei giorni scorsi del Parlamento europeo è arrivata in risposta alla presentazione da parte della Commissione di un piano per migliorare e finanziare maggiormente il sistema Garanzia Giovani (Un progetto che in Italia ha avuto effetti disastrosi in molte regioni) all’interno del suo pacchetto “Sostegno all’occupazione giovanile” del primo luglio scorso. Tra gli obiettivi dichiarati dei deputati c’è la riduzione del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) che nell’Unione europea si attesta al 17,6% (dati agosto 2020), in aumento rispetto al 14,9% registrato prima della pandemia. Non sarà così facile farlo visto che il 21 luglio i leader dei 27 Stati membri hanno ridotto in modo significativo, dal 15% al 10%, le risorse del Fondo sociale europeo Plus destinate a sostenere le azioni volte a promuovere l’occupazione giovanile, pur di trovare un accordo sul NextGenerationEu.
Un giovane su sei che era occupato prima dello scoppio della pandemia ha perso il lavoro o è stato licenziato, e l’orario lavorativo dei giovani occupati è diminuito di quasi un quarto, con due giovani su cinque che riferiscono un calo del reddito. Nella nostra penisola le cose non vanno di certo meglio, anzi. Già tra i peggiori paesi del continente, la disoccupazione giovanile in Italia è in continua crescita, e si attesta per il momento al 32,1%.
Per quanto riguarda l’Italia, va fatta una distinzione tra stage curriculare ed extra-curriculare. Per il primo si intende un percorso “formativo-professionale” che i giovani svolgono all’interno del piano di studi universitario o di un altro istituto scolastico. I tirocini extra-curriculari o non curriculari hanno invece l’intendo di inserire i laureati nel mondo del lavoro. Da circa 5 anni sono state introdotte nel nostro paese delle leggi che hanno imposto il rimborso spese per i giovani che hanno finito di studiare e che sono impegnati in stage extra-curriculari. Ogni regione ha la sua normativa, ma c’è una grossa differenza all’interno del territorio: come compenso minimo, si passa dai 300 euro della Sicilia agli 800 del Lazio. Per i tirocini curriculari invece la battaglia è ancora aperta: non ci sono tutele e soprattutto non c’è l’obbligo di indennità.
Come se non bastasse, per via della pandemia, molti stage e tirocini sono stati sospesi o annullati. Qualcuno è riuscito a continuare da remoto, con tutti i contro del caso, ma le occasioni diminuiscono continuamente. Secondo i dati raccolti dalla testata online “Repubblica degli Stagisti”, le opportunità di tirocini extracurricolari si sono dimezzate: 96.376 nel primo semestre di quest’anno contro 185.152 per lo stesso periodo dell’anno scorso (-48%).
«In un momento di crisi economica è ovvio che tutti patiscono. Il problema è se c’è una classe anagrafica, così come una zona geografica o un genere, che patisce più delle altre», dice a Linkiesta Eleonora Voltolina, giornalista e direttore responsabile di Repubblica degli Stagisti. «Purtroppo in Italia, la classe anagrafica dei giovani under 30 non è mai stata molto considerata. E questa ne è la riprova».
«Tirocini, stage, e apprendistato sono le forme in cui i giovani entrano nel mondo del lavoro, e sono fondamentali. Il fatto dunque che questi si sono ridotti di praticamente il 50% è un dramma perché significa che ci saranno la metà delle opportunità per i giovani di fare il primo passo».
Anche per le aziende però non è facile: tra perdite economiche, incertezza per il futuro e continui cambiamenti nelle regole e nelle disposizioni, molte compagnie non hanno potuto assumere tirocinanti, anche perché non rientravano nei parametri legali per avviare o mantenere gli stage. Le premesse non sono buone secondo Voltolina: «Ci sono aziende che oggi stanno patendo molto gli effetti di questa pandemia e che quindi pensano solo alla propria sopravvivenza. Ci troviamo a dovremo far fronte a una situazione in cui il numero di opportunità di tirocinio per i giovani sarà drasticamente ridotto. Tuttavia, tutte quelle aziende che possono permetterselo, dovrebbero cercare di offrire ai giovani le posizioni migliori possibili, seguendo sia le norme italiane che la risoluzione del parlamento europeo di pochi giorni fa».