Emergenza NeetIl progetto Garanzia Giovani è stato un fallimento totale

La Commissione europea ha annunciato di voler rilanciare il programma, l’Ocse raccomanda di rinvigorirlo contro la crisi Covid. Ma i risultati in Italia sono scarsissimi. Tra il 2018 e il 2019, poco più di diecimila ragazzi sono stati assunti con gli incentivi del progetto comunitario. E il sito non è aggiornato da un anno

(Photo by ANDREA PATTARO / AFP)

A sei anni dall’avvio di Garanzia Giovani, mentre la Commissione europea annuncia di voler rifinanziare il progetto per fronteggiare la crisi Covid-19 e l’Ocse raccomanda di usarlo contro la crescente disoccupazione giovanile, in Italia il programma di Bruxelles destinato ad ampliare le competenze dei Neet (i ragazzi che non studiano e non lavorano) finora si è rivelato una missione fallita.

Nonostante il rifinanziamento della seconda fase con oltre 1,2 miliardi fino a fine 2020 – dopo gli 1,5 miliardi dei primi tre anni – dei risultati di Garanzia Giovani si sa poco o nulla. Se non che l’Italia continua a essere maglia nera in Europa con oltre 2 milioni di Neet sotto i 30 anni, superando i 3 milioni se si arriva a 34 anni. Un limbo fuori dal percorso di studio, ma ai margini del mercato del lavoro, in cui è rimasto incastrato quasi il 29% dei giovani italiani. Ridotto di poco dal 2014, non solo per l’uscita graduale dalla crisi economica ma anche perché la popolazione ha continuato a invecchiare e il bacino delle fasce d’età più giovani si è ristretto.

Il sito governativo garanziagiovani.gov.it non risulta aggiornato da oltre un anno. Ma gli ultimi dati sui risultati del progetto europeo si trovano nei database dell’Inps, con le comunicazioni sulle assunzioni effettuate tramite gli incentivi “Garanzia Giovani”: nel 2018 e 2019 sono state poco più di 10mila in totale su una platea di quasi 1,5 milioni di giovani iscritti al programma (dati aggiornati a giugno 2019).

Per il resto, come avvenuto sin dall’avvio del 2014, da Nord a Sud spopolano gli stage “garantiti”. I pochi annunci che si trovano sui siti online riguardano ancora quasi esclusivamente tirocini che difficilmente potranno incidere sull’occupabilità futura dei ragazzi italiani: dal rifornimento scaffali di un supermercato alle pulizie nei ristoranti, dallo smistamento della frutta al carico e scarico delle merci.

Dopo la prima fase, con l’incremento di budget tra risorse comunitarie, fondi sociali europei e cofinanziamento nazionale, l’Italia ha esteso il progetto fino a fine 2020. E accanto al programma rivolto solo ai Neet, ha affiancato anche l’asse “1bis” dedicato ai giovani disoccupati fino a 35 anni residenti nelle regioni del Sud. Avvalendosi pure della clausola di flessibilità del 10% per poter includere anche Veneto, Emilia Romagna e Trento, che avevano un tasso di disoccupazione giovanile elevato ma inferiore alla soglia minima del 25% per poter usare i finanziamenti del blancio Ue.

L’ultimo monitoraggio di Garanzia Giovani pubblicato dall’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal), che gestisce il progetto, risale a un anno fa. Dai dati, si vede come, nonostante la corsa all’adesione al programma da parte dei ragazzi italiani, il numero dei partecipanti si riduce via via lungo il percorso di accompagnamento. Su 1 milione e 390mila iscritti al 30 settembre 2018, il 77,8% risultava preso in carica ma solo il 56% (583.619) era stato avviato agli interventi di politica attiva. Ovvero la metà. Sempre secondo Anpal, di questi, all’uscita dal progetto solo 288mila aveva un lavoro. Anche se, a guardare gli scarsi dati Inps sulle assunzioni, probabilmente chi era riuscito a farsi assumere il lavoro lo aveva trovato tramite altri canali.

L’Italia, come spiega il demografo Alessandro Rosina nel report appena pubblicato “I Neet in Italia. Dati, esperienze, indicazioni per efficaci politiche di attivazione”, sconta il mancato funzionamento dei centri per l’impiego sul territorio nazionale e la mancata sinergia con le agenzie private. Laddove questa ha funzionato, come in Lombardia, i dati degli occupati di Garanzia Giovani crescono.

Per il resto, oltre all’ampio buco nero dei Neet non raggiunti, c’è, poi, quello dei non attivati. Al netto di chi si è iscritto ma non è stato preso in carico, una larga parte di presi in carico (44%) non ha ricevuto alcun intervento di politica attiva.

Con una anomalia tutta italiana: solo nel nostro Paese il tirocinio extra-curriculare risulta la misura più diffusa, rappresentando il 58,3% del totale delle politiche attive avviate. Con picchi di oltre il 60% nel Mezzogiorno. Circa tre partecipanti su quattro hanno avviato solo uno stage che nella maggior parte dei casi non si è tradotto in un lavoro vero e proprio. Il 56,3% dei tirocinanti, alla fine, non ha ricevuto alcuna proposta.

Anche la Corte dei Conti europea, in un report del 2017, aveva fatto notare l’anomalia: «L’occupazione è la destinazione più comune per le “uscite positive” in tutti gli Stati membri visitati, eccetto l’Italia». In Spagna, l’inserimento al lavoro arrivava all’84%, in Croazia all’86%, in Francia addirittura al 90%. Con i tirocini che erano solo una piccolissima parte delle politiche attivate.

Eccoli allora i risultati della missione fallita italiana. Nel 2018, secondo i dati Inps diffusi dall’Inps, sono stati assunti solo 5.654 ragazzi con l’incentivo della Garanzia Giovani (di cui 5.473 a tempo indeterminato e una trasformazione da stagionale a stabile). Nel 2019 questo numero scende a 4.685 (di cui 4.553 a tempo indeterminato). Cifre basse per un programma che, seppure non avesse l’obiettivo diretto di trovare un lavoro ai giovani disoccupati italiani, rappresentava comunque una prima speranza con la promessa di garantire almeno un’offerta di lavoro «qualitativamente valida». L’obiettivo dichiarato era quello di fare uscire il giovane dalla condizione di inattività, proponendo attività che rafforzassero l’occupabilità o che conducessero a un posto di lavoro.

In Italia, a sei mesi di distanza dalla data di presa in carico nel programma Garanzia Giovani, risulta occupato solo il 26 per cento. Troppo poco per il Paese che ha il numero record nell’Unione europea di giovani che non studiano e non lavorano. Una cifra che, nel pieno della crisi pandemica, è destinata ad aumentare: come già viene fuori dai primi dati Istat, gli inattivi sono cresciuti di quasi 900mila unità – soprattutto nelle fasce più giovani – solo da febbraio a maggio.

Ecco perché la Commissione europea ha deciso di rinnovare e rafforzare Garanzia Giovani con almeno 22 miliardi nel bilancio 2021-2027. E anche l’Ocse, nell’outolook 2020 sul lavoro, raccomanda all’Italia di riprendere e rinnovare «significativamente» il programma Garanzia giovani.

Ma Alessandro Rosina elenca gli errori che stavolta, dopo il fallimento alle spalle, non devono essere commessi. In primis – dice – bisogna conoscere i Neet, intercettarli, capire cosa desiderano e perché si trovano in questa condizione. Servirà poi un coordinamento centrale «solido» con strategie diversificate per territorio e per categorie di Neet (non sono tutti uguali), promuovendo alternative al lavoro nero e cercando soprattutto di prevenire, e non solo di curare, la caduta dei giovani nel limbo dell’inattività. Serviranno politiche attive che funzionino per far funzionare la nuova Garanzia Giovani anti-Covid. Il governo lo ha scritto nel Piano nazionale di riforma, ma il piano di potenziamento dei centri per l’impiego sconta già il ritardo di almeno un anno.

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