American tsunami?Biden pensa all’unità nazionale e comincia ad arruolare repubblicani anti Trump

I giornali e i sondaggi raccontano di un’ondata democratica che rigetterà i 4 anni del presidente. Vedremo. Intanto Bloomberg ha investito 100 milioni per far perdere la Florida a Donald, ormai diventato insopportabile perfino ai suoi elettori

(Photo by Chandan Handan Khanna / AFP)

Trump e il terremoto possibile
«In Muskegon, Michigan, la folla…ha gridato “four more years!” (Altri quattro anni da presidente, ndr). Non era abbastanza per Trump: «Li mandate ai pazzi se dite “12 more years”. Cosi poi dicono “è un fascista”». Questa la cronaca, da Slate, di uno degli ultimi comizi presidenziali. La folla ha invocato altri dodici anni, il presidente era contento ma dai video si vede che è stanco, e demoralizzato. Quando ha ballato, ha commentato una brutta persona su Twitter, «sembrava un comico da bar a fine serata dopo che ha fatto solo tre dollari di mance».

Tutto questo perché ora, di nuovo, si parla di Blue Wave, di onda blu democratico, e pure di Blue Tsunami, con vittorie in Georgia e Arizona e seggi senatoriali in Kansas e Alaska (più difficile). Biden è sempre in vantaggio nei sondaggi. E se i sondaggi sono affidabili, scrive Peter Hamby su Vanity Fair, «il presidente sta per essere schlonged» (posseduto con un organo riproduttivo maschile molto grande, le riviste patinate sono più scurrili di una volta).

Trump e i mariti suburbani
A dare il colpo definitivo di schlong potrebbero essere i gruppi che votavano Trump. Gli anziani, che aveva vinto col 9 per cento in più di Hillary Clinton, ora danno il 20 per cento in più a Biden, per la gestione del Covid e altro. Le donne bianche laureate, che potrebbe perdere con 25 punti di distacco. E i loro mariti, quei maschi bianchi suburbani che l’altra volta avevano votato Trump. Secondo nuove indagini negli stati in bilico, Trump li sta perdendo per la prima volta da quando è presidente. Ma sta perdendo sostenitori ovunque, perché dopo sei anni di Trump a tutte le ore nessuno lo sopporta più.

«In tutta l’America, parlando con gli elettori, ho sentito sempre le stesse frasi: “Non mi piace Trump” e “Sono stanco di lui” e “Non ce la faccio a reggere altri quattro anni così”», ha raccontato il giornalista e saggista Tim Alberta. «Anche i suoi sostenitori sono stanchi di Trump. Ne ho intervistati centinaia, solo pochissimi non mi hanno parlato male di lui, del suo comportamento inappropriato e sfiancante». E al netto degli scontri politici, delle azioni o inazioni dell’amministrazione, di tutte le guerre culturali, la decisione per molti dipende da una conclusione basica: «Non approvano il presidente come essere umano».

Trump e le città anarchiche
La Casa Bianca sta studiando un modo per togliere milioni di dollari per il Covid, i pazienti con Hiv, e gli esami medici dei neonati a New York, alla capitale Washington, a Seattle e a Portland, Oregon. Perché le città sono state definite da Trump «giurisdizioni anarchiche»; e secondo lui vanno punite con tagli ai programmi per i cittadini più poveri e/o malati.

Le città coinvolte stanno facendo ricorso. E a Portland hanno creato un bellissimo logo che sembra un’insegna al neon anni Cinquanta, tipo quella di Las Vegas: c’è un alce dal naso rosso che salta, c’è la sagoma dell’Oregon, c’è scritto «Anarchist Jurisdiction» in lettere luminose; c’è anche un logo di Seattle, tipo cartolina d’epoca.

Trump e i bambini perduti
545 bambini separati dai genitori migranti, tre anni fa, passato il confine americano, non sembrano avere la possibilità di ritrovare i genitori. Non si riescono a rintracciare, dopo essere stati deportati. Intanto, il segretario trumpianissimo alla Homeland Security (il dipartimento che durante la presidenza Trump ingabbiava i bambini) Chad Wolf ha twittato vantando iniziative per la lotta al traffico di esseri umani, contro il quale «@realDonaldTrump e il dipartimento stanno intraprendendo azioni decisive» (Wolf non è interessato ai piccoli sequestrati; l’iniziativa, molto patrocinata da Ivanka Trump, è vista anche come ammiccamento a Qanon; che diffonde la teoria della cabala di pedofili che bevono sangue dei bambini, eccetera).

Biden e i figli altrui
Nel dibattito di domani notte – se non se ne andrà dopo un po’ come ha fatto martedì con Lesley Stahl di 60 minutes – Trump attaccherà Biden sul figlio Hunter. Sui rapporti con gli ucraini e i cinesi, sul computer con le e-mail che non si sa se siano vere o create apposta per essere trovate da Rudy Giuliani.

Non potendo vantare una valida gestione della pandemia, il presidente e la sua campagna stanno cercando di cambiare argomento, facendo di Hunter Biden il volto nuovo della campagna democratica. Joe Biden non vorrebbe rispondere facendo presente che i ragazzi Trump hanno molto guadagnato dalla presidenza paterna, che hanno sottratto soldi all’organizzazione benefica di famiglia (chiusa dopo le indagini), che hanno rapporti internazionali vastissimi, dagli arabi ai prestanome d’affari delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Alcuni dei suoi e molti finanziatori vorrebbero lo facesse (intanto l’Fbi indaga sul coinvolgimento russo nel caso del computer di Hunter Biden; le indagini richiederanno mesi; il direttore della Nation Intelligence di nomina trumpiana, John Ratcliffe, ha comunque detto che secondo lui i russi non c’entrano).

Biden e il governo diverso
Joe Biden ha promesso «l’amministrazione più diversa della storia americana», e per diversificare pare stia pensando a dei repubblicani. Si parla di autorevoli bianchi anziani antitrumpiani. Come l’ex governatore dell’Ohio John Kasich (promulgatore di una delle leggi antiaborto più restrittive dell’Unione). O l’ex senatore dell’Arizona Jeff Flake (mormone che ha votato per Brett Kavanaugh alla Corte Suprema). O l’ex deputato Charlie Dent, che due anni fa si è dimesso e fa il lobbista (la donna che deve esserci sarebbe Meg Whitman, Ceo di Quibi, ex eBay). I portavoce di Biden, interrogati, hanno fatto sapere che non sono state ancora prese decisioni, ma che «la diversità nell’ideologia e nelle origini è un valore fondamentale della transizione», e si vedrà.

Florida Men in trincea
Si sta consumando in Florida lo scontro finale cripto-guappo tra due newyorkesi di una qualche fama, Michael Bloomberg e Donald Trump. Bloomberg, miliardario dei media e altro, ex sindaco di New York, ex candidato alle primarie, sta spendendo 100 milioni per far perdere lo stato a Trump, che ha molti meno soldi sia come patrimonio personale sia come fondi elettorali. Trump deve vincere i 29 voti elettorali della Florida. Per rispondere all’inondazione di spot Biden-bloomberghiani, la sua campagna è stata costretta a disinvestire negli stati del Midwest per piazzare altra pubblicità nel costosissimo mercato tv locale (alla sua campagna, in ottobre, sono arrivati solo 63 milioni contro i 177 di Biden).

«Ora Trump viene costretto all’equivalente di una guerra di trincea, deve spendere così tanto in Florida da non avere risorse per competere dove dovrebbe», ha detto a Politico Steve Schale, del super PAC pro Biden Unite the Country. Spiegando felice che lui e altri super PAC (gruppi di azione politica che per legge non potrebbero coordinarsi con le campagne elettorali) possono spendere molto altrove: in Michigan-Wisconsin-Pennsylvania dove la campagna di Trump ha cancellato pubblicità tv prenotate, in Georgia e in Arizona dove Biden potrebbe vincere neanche più a sorpresa.

I repubblicani, alcuni, dicono che non importa, che contano più i social, che anche nel 2016 Trump aveva fatto pochi spot. Kevin Sheeky, consigliere politico di Bloomberg, insiste sull’efficacia degli investimenti nello stato: «La Florida è uno stato cruciale per la vittoria, ed è dove vorremmo che Trump vivesse stabilmente dopo aver perso» (i newyorkesi scoattano peggio dei romani, spesso).

Florida Men e Proud Boys
Molte notizie di questa fine campagna sono inquietanti e assurde allo stesso tempo. Per dire. Racconta il Washington Post che in Alaska e Florida la polizia sta investigando sulle e-mail di minacce mandate a elettori democratici, firmate dai Proud Boys, gruppo di destra già noto per gite armate nelle città dove si manifestava contro il razzismo, preferito da Trump che gli disse «stand back and stand by» al primo dibattito.

I Proud Boys, se sono loro, hanno usato dati da database di elettori. Nelle e-mail ordinano di cambiare registrazione e iscriversi alle liste come repubblicani, e di votare per Trump: «Tu voterai per Trump o ti verremo a cercare». Perché «sapremo per quale candidato hai votato» (Enrique Tarrio, leader dei Proud Boys, ha detto che le lettere non vengono da loro).

Florida Men e Second Gentlemen
Il marito di Kamala Harris, un simpatico avvocato a Los Angeles di nome Doug Emhoff, è andato a far campagna nella fossa dei Trump, a Palm Beach. Pioveva a dirotto, la deputata locale Lois Frankel ha gridato dal palco «sta piovendo democrazia!». “Dougie”, che potrebbe essere il primo Second Gentleman della storia americana ed è un tipo pratico, ha invitato a votare perché «se vinciamo la Florida, è game over la sera delle elezioni, e la facciamo finita con questo incubo», ed è stato molto applaudito.

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