Mare nostrum?Nella crisi con la Turchia nel Mediterraneo, l’Ue ha messo in secondo piano la Grecia

Per mesi Atene ha insistito a Bruxelles per l’applicazione di nuove sanzioni contro Ankara, ma gli interessi dei singoli Stati membri impediscono una risposta univoca e il fronte non riesce a essere unito come nel negoziato Brexit

(Photo by AFP)

La contesa per il Mediterraneo orientale e per la riscrittura delle zone economiche esclusive si è riaccesa negli ultimi giorni con la ripresa delle attività della Oruc Reis, la nave d’esplorazione turca già attiva a settembre nei pressi dell’isola greca di Kastellorizo. Il suo ritorno al porto di Antalya era stato interpretato dall’Ue come un segnale positivo e una dimostrazione della volontà di Ankara di trovare una soluzione alla contesa attraverso la diplomazia.

La recente mossa turca ha però infranto le speranze europee e allarmato ulteriormente la Grecia, che fin dal principio aveva diffidato della Turchia e chiesto a Bruxelles di assumere una posizione più dura nei confronti di Ankara. La Grecia ha infatti definito la controparte turca la più grande minaccia nel Mediterraneo e ha insistito in sede europea per l’applicazione di nuove sanzioni contro la Turchia.

Le richieste greche, però, sono rimaste in larga parte inascoltate. L’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Josep Borrell, ha definito «spiacevole» la ripresa delle attività della Oruc Reis e ha invitato nuovamente la Turchia a seguire la strada del dialogo. Le sanzioni, pure inserite nel documento finale del Consiglio Ue del 2 ottobre, non saranno quindi prese in considerazione dell’Ue, almeno non per i prossimi mesi.

La posizione assunta da Borrell e dalle istituzioni europee ha quindi disatteso le aspettative della Grecia – che spera in un rafforzamento del fronte anti-turco all’interno dell’Unione e in una maggiore tutela dei propri interessi – e ha costretto Atene a chiedere aiuto ancora una volta agli Stati Uniti. Ma perché l’Ue è così determinata a dialogare con la Turchia? E quanto peso ha la Grecia all’interno dell’Unione?

Una questione di approccio
Come spiega a Linkiesta Andrea Dessì – responsabile di ricerca nell’ambito del programma Mediterraneo e Medio Oriente dell’Istituto Affari internazionali – prima di tutto l’Ue non può presentarsi come un attore neutrale nella contesa per il mare nostrum tra Grecia e Turchia a causa dell’appartenenza alla comunità europea non solo di Atene, ma anche di Cipro. «Quando nel 2004 Bruxelles ha concesso a Nicosia di entrare nell’Ue ha perso la sua neutralità e la possibilità di risolvere la questione, diventando ancora di più una parte del conflitto».

Adottare quindi a priori la posizione di Atene non aiuterebbe l’Ue a mediare nella contesa per il Mediterraneo, che è invece l’obiettivo primario di alcuni Paesi, capeggiati dalla Germania. «In Ue ci sono due gruppi: il primo – formato da Grecia, Cipro e Francia – spinge per l’applicazione delle sanzioni in risposta alle provocazioni turche perché ritiene che Ankara capisca solo l’uso della forza; il secondo – che sta avendo per ora la meglio in sede comunitaria – vede nella Turchia un partner strategico sotto diversi profili e vuole dare più tempo alla diplomazia. Quest’ultimo schieramento, guidato dalla Germania, ha espresso la propria solidarietà nei confronti della Grecia, ma ha scelto la strada del dialogo con la controparte turca».

Ciò non significa che Atene non conti a livello europeo, sottolinea Dessì. «Ciò che cambia tra i due gruppi è l’approccio alla contesa per il Mediterraneo e le modalità di risoluzione scelte. Le sanzioni renderebbero più difficile il dialogo con la Turchia e se l’obiettivo dell’Ue è aumentare la propria influenza su Ankara è meglio focalizzarsi sugli interessi in comune (come quelli energetici, economici o geopolitici), per far capire alla controparte che nel lungo periodo ha molto più da perdere che da guadagnare». Da qui la centralità per il Consiglio Ue della definizione di un’agenda positiva che aumenti le relazioni bilaterali e che renda ancora più controproducente per la Turchia minare i suoi rapporti con l’Unione.

Il dialogo è tra l’altro l’unica via prevista dalla Convenzione della Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) per risolvere i problemi derivanti dalla delimitazione delle Zee, ma perché si arrivi ad un tavolo negoziale funzionale, conclude Dessì, l’Ue non può semplicemente sposare la posizione greca e la stessa adozione di nuove sanzioni risulterebbe controproducente.

Il peso della Turchia
Parlare di Unione europea in relazione alla contesa per il Mediterraneo, tuttavia, non è totalmente corretto. L’Ue, come spiega a Linkiesta Lorenzo Noto – esperto di Mediterraneo ed EastMed per Limes – non può essere generalmente considerato un soggetto geopolitico «perché i suoi Stati membri non si muovono all’unisono, bensì seguendo ognuno i propri interessi».

Nello scontro tra Grecia e Turchia bisogna quindi prendere in considerazione tre Paesi: la Francia filo-ellenica, la Germania filo-turca e l’Italia, che fatica a prendere posizione tra i due contendenti. «La prima ha sempre avuto una presenza fisica nel Mediterraneo, mentre Berlino vede Ankara come la porta d’accesso al mare nostrum. L’Italia invece offre a parole il suo sostegno ad Atene, ma sa che Ankara è oramai un partner strategico».

Nel contesto attuale, la Turchia «si sente quindi legittimata a riaprire le contese congelate nel Mediterraneo, come quella per la sovranità marittima. La Grecia invece è fortemente in difficoltà, motivo per cui cerca nell’Ue un partner su cui fare affidamento in vista dei colloqui per la revisione del Trattato di Losanna del 1920, con il quale furono definiti i confini marittimi in seguito legittimati dall’Unclos».

La Grecia, sottolinea Noto, conta sul fatto che l’Ue ha sempre difeso la validità del Trattato dell’Onu e più in generale il diritto internazionale, ma le pressioni della Turchia sono un fattore da non sottovalutare. «Ankara ha capito che con gli Usa sempre più lontani dal Mediterraneo ha un margine di manovra maggiore per cambiare i Trattati e riconquistare l’influenza che aveva ai tempi dell’Impero», come dimostra per esempio il suo coinvolgimento in Libia. Atene d’altro canto pensa di avere dalla sua Francia, Usa e in parte anche l’Italia, e ritiene pertanto di poter cedere il meno possibile alle richieste turche nei futuri negoziati. «La Turchia però è una potenza regionale, per cui ha un peso maggiore rispetto alla Grecia che, al contrario, non può essere considerato un soggetto geopolitico», spiega Noto.

Intanto, l’atteggiamento assunto dalle istituzioni Ue nei confronti della Turchia ha fatto aumentare il senso di insicurezza della Grecia, che ha quindi cercato protezione presso gli Stati Uniti, sempre più defilati ma comunque ancora presenti nel Mediterraneo. «La contesa per il mare nostrum rende evidente la contraddizione tra l’azione all’unisono che l’Ue dovrebbe avere per essere un soggetto geopolitico e il peso degli interessi dei singoli Stati».

Che si tratti quindi di una strategia per la promozione del dialogo o dell’incapacità dei Paesi membri di andare oltre i propri obiettivi personali, la Grecia difficilmente otterrà dall’Ue la risposta che vorrebbe e dovrà prepararsi a scendere a compromessi con la Turchia per le acque del Mediterraneo.