Le elezioni di domenica nella Repubblica turca di Cipro (Trnc) si sono concluse con un testa a testa tra il presidente uscente, Mustafa Akinci, e il premier Ersin Tatar: il primo ha ottenuto il 29,84 per cento delle preferenze, il secondo il 32,35. Il ballottaggio è adesso atteso per il 18 ottobre e il risultato delle urne avrà un impatto decisivo sul futuro di tutta l’isola.
Cipro – come spiegato da Linkiesta in una puntata della serie Oltre l’Europa – è divisa in due dal 1974, anno in cui la Turchia occupò militarmente la parte nord dell’isola in risposta a un colpo di Stato greco. Negli anni si sono succeduti diversi colloqui di pace organizzati dalle Nazioni Unite e miranti a riunificare il territorio cipriota, ma i risultati fino a oggi sono stati deludenti.
Uno dei primi compiti che il prossimo presidente del Trnc dovrà con molta probabilità affrontare riguarda proprio la riapertura dei tavoli negoziali sul futuro dell’isola, motivo per cui sia la comunità internazionale che la Turchia guardano con particolare apprensione ai risultati del 18 ottobre.
Il presidente uscente è infatti noto per le sue posizioni moderate e per aver preso le distanze da Ankara, che vorrebbe portare ancora di più l’isola sotto il proprio controllo. Tatar invece è legato al presidente turco Recep Tayyip Erdogan ed è contrario alla trasformazione di Cipro in una confederazione. Secondo il premier, l’isola dovrebbe essere divisa in due Stati indipendenti aventi entrambi uguali diritti e Zone economiche esclusive differenti. Uno dei primi punti su cui Tatar vuole trovare un accordo con la controparte greco-cipriota è proprio la spartizione delle acque territoriali e delle risorse in esse contenute, in linea con i progetti espansionistici della Turchia.
Se Tatar venisse eletto, Erdogan riuscirebbe quindi a influenzare più facilmente la politica turco-cipriota a proprio vantaggio, inserendosi ancora di più nel Mediterraneo orientale e nella contesa per le sue risorse. Per comprendere quanto forte sia l’interesse della Turchia nei confronti dei risultati delle elezioni basta vedere quanto accaduto a pochi giorni delle urne, quando il primo ministro turco-cipriota ha annunciato la riapertura della spiaggia di Varosha durante una visita in Turchia. La località turistica è zona militare fin dal 1974 e il Governo greco-cipriota ne reclama da sempre il controllo dato che la popolazione residente – costretta a scappare a seguito dell’arrivo dei militari turchi – era in maggioranza di origine greca.
La mossa di Tatar però ha allarmato anche i suoi avversari, preoccupati dall’ingerenza sempre più palese di Ankara nelle questioni interne dell’isola. Il presidente uscente, subito dopo aver votato, ha definito le elezioni “cruciali per il nostro destino” e ha nuovamente criticato le interferenze turche nella politica interna della Trnc.
La vittoria di Akinci è vista da più parti come l’ultima possibilità per risolvere la questione di Cipro e per allontanare l’isola dall’orbita di Ankara, ma la Repubblica turco-cipriota dovrà comunque tener conto del volere della Turchia in sede negoziale.
Il Paese anatolico partecipa infatti alle trattative di pace insieme alla Grecia e al Regno Unito ed è l’unico Stato ad aver riconosciuto la Repubblica turco-cipriota. Qualsiasi accordo per la divisione di Cipro dovrà quindi avere l’approvazione della Turchia, per cui il prossimo presidente dovrà trovare il giusto compromesso tra gli interessi del popolo che rappresenta e quelli di Ankara.
Il Mediterraneo orientale
Il risultato delle urne e i futuri legami del nord dell’isola con la Turchia interessano particolarmente anche la Grecia e l’Ue. L’apertura della spiaggia di Varosha aveva già fatto salire la tensione con la controparte greca ed è stata definita dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Josep Borrell, dannosa per la ripresa dei colloqui di pace.
Le elezioni si stanno infatti svolgendo in un periodo di particolare tensione nei rapporti tra Ankara e Bruxelles: la Turchia sta facendo pressioni per la ridefinizione delle Zone economiche esclusive greche a proprio vantaggio e ha più volte inviato navi da ricerca nelle acque contese. La situazione sembrava essere migliorata dopo il ritorno nei porti turchi della Oruc reis, impiegata al largo dell’isola greca di Kastellorizo, e il raggiungimento di un’intesa per l’avvio di nuovi colloqui tra Ankara e Atene.
Subito dopo lo spoglio di domenica, però, la Turchia ha diramato un nuovo Navtex in cui annunciava la ripresa delle attività di esplorazione della Oruc reis nelle acque contese dal 12 al 22 ottobre, riaccendendo la tensione nel Mediterraneo orientale. Il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, ha immediatamente condannato la decisione di Ankara, affermando che essa «dà il via a un’escalation di tensioni» e rappresenta «una grave minaccia per la pace e la sicurezza nella regione (…). La mossa mostra che Ankara è inaffidabile e non vuole veramente un dialogo”.
La nuova provocazione turca arriva inoltre a pochi dalla decisione dell’Unione europea di imporre nuove sanzioni alla Turchia in caso di ulteriori violazioni del diritto internazionale. Le minacce europee – di per sé piuttosto blande – non hanno sortito l’effetto sperato e adesso Bruxelles dovrà decidere se adottare misure più dure nei confronti della Turchia o continuare sulla strada del dialogo, contraddicendo se stessa e ignorando le richieste della Grecia.