Falla nel sistemaPerché l’articolo 7 del Trattato di Lisbona è inefficace per garantire lo stato di diritto in Polonia e Ungheria

Nel 1984 Altiero Spinelli propose di far giudicare alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la violazione o meno dei principi democratici in uno Stato membro. Ma con la stupida protervia del metodo intergovernativo i governi nazionali hanno deciso di autoaffidarsi questo potere. Con i risultati che vediamo

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La proposta di introdurre una clausola costituzionale sul rispetto dello stato di diritto fu inserita dal Parlamento europeo nel Progetto di trattato che istituisce l’Unione europea (“progetto Spinelli”) nel febbraio 1984 e in particolare negli articoli 4 e 44 basandosi sull’idea che la futura Unione avrebbe dovuto dotarsi, entro cinque anni dalla sua nascita, di una propria Carta dei diritti fondamentali e avrebbe dovuto aderire contemporaneamente alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.Il progetto del Parlamento europeo prevedeva inoltre – contrariamente alla mancanza di simili previsioni nei trattati di Roma del 1957 – che avrebbero potuto aderire all’Unione solo Stati europei democratici.

Nel trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, aveva introdotto un articolo 7 ispirandosi al progetto Spinelli che prevedeva la possibilità di sospendere dei diritti di uno Stato membro – come quelli di voto nel Consiglio – in caso di violazione grave e persistente dei diritti fondamentali mentre il Trattato di Lisbona ha poi precisato che tale violazione doveva riguardare i valori comuni elencati all’art. 2 fra cui lo stato di diritto.

La differenza fondamentale fra il progetto Spinelli e l’attuale articolo 7 del Trattato di Lisbona risiede nell’autorità che constata se vi sia stata o meno una violazione dello stato di diritto.
Il Parlamento europeo proponeva di affidare il potere di constatare la violazione alla Corte di Giustizia, autorità giurisdizionale indipendente, dando così la possibilità al Consiglio europeo di comminare a maggioranza delle sanzioni contro lo Stato inadempiente dopo aver avuto l’accordo del Parlamento europeo. Le sanzioni potevano giungere fino a sospendere la partecipazione dello Stato in questione dal Consiglio europeo, dal Consiglio dell’Unione e da ogni altro organo dove lo Stato è rappresentato in quanto tale.

Il Parlamento europeo non era giunto fino al punto di proporre che uno Stato membro dove prevalga un sistema autoritario (o, se volete, una “democrazia illiberale”) possa essere espulso come avviene nel Consiglio d’Europa (art. 8 dello Statuto) o nelle Nazioni Unite (art. 5, 6 ed 19 dello statuto).

Con la stupida protervia del metodo intergovernativo i governi hanno deciso di auto affidarsi questo potere inventando il meccanismo inefficace dell’articolo 7 e fondandolo sulla decisione all’ unanimità del Consiglio europeo di constatare la violazione “grave e persistente” dei valori indicati all’art. 2 TUE salvo affidare al Consiglio dell’Unione la possibilità di decidere a maggioranza qualificata l’applicazione di sanzioni che tuttavia escludono la sospensione della partecipazione delio Stato alle istituzioni in cui sia rappresentato in quanto tale.

In attesa di un nuovo trattato di natura costituzionale, il Movimento europeo ha proposto prima nella sua iniziativa dei cittadini europei e poi in una petizione al Parlamento europeo di affidare il compito di monitorare il rispetto dello stato di diritto negli Stati membri e da parte dell’Unione europea ad un organo indipendente sul modello della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa proponendo di creare una “Commissione di Trier” in riferimento alla città tedesca dove ha sede l’accademia del diritto europeo e rafforzando nello stesso tempo la missione della Agenzia dei diritti fondamentali che ha sede a Vienna.

Abbiamo appreso con piacere che il governo tedesco ha deciso di proporre un sistema ispirato al Progetto Spinelli del 1984 e cioè di coinvolgere la Corte di Giustizia e che la proposta tedesca sta suscitando consensi crescenti.

*Pier Virgilio Dastoli è il presidente del Movimento Europeo – Italia

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