Un non politico. Un candidato civico, come si dice. Espressione dell’intesa fra Partito democratico e Movimento cinque stelle. Un mister X – difficilissimo da trovare – che faccia recedere Carlo Calenda o che comunque sia in grado di batterlo e andare al ballottaggio contro la destra.
È questo il disegno cui si sta lavorando al Nazareno, quando ancora manca molto tempo alle elezioni comunali di Roma che, pandemia permettendo, dovrebbero tenersi nella tarda primavera del 2021.
Lo schema prevede ovviamente il ritiro di Virginia Raggi dalla corsa. Con la Raggi in campo il Partito democratico infatti sarebbe nei guai: di certo non appoggerebbe una sindaca giudicata disastrosa, né vuole sostenere Calenda ma al contempo non ha finora trovato un candidato suo (si dice che ancora si insista su David Sassoli ma questa telenovela rischia di diventare stucchevole).
Via la Raggi, dunque. Luigi Di Maio è l’unico che potrebbe convincerla offrendole in cambio un ruolo di governo: come potrebbe Virginia preferire una probabilissima disfatta già al primo turno a un suo ingresso nell’esecutivo? E tuttavia l’operazione non è semplice perché lei ambisce a una poltrona di ministra, sapendo che Nunzia Catalfo, Lavoro, e Fabiana Dadone, Pubblica amministrazione, non sono fortissime: il che porterebbe dritto dritto a quel rimescolamento di carte che in politichese si chiama rimpasto, una scelta che è stata esclusa da tutti i leader di partito della maggioranza, almeno a parole.
Si capirà qualcosa di più ai famosi Stati generali del Movimento ma intanto è già chiaro a tutti, soprattutto ai romani, che il dopo-Raggi è iniziato.
Nulla di più emblematico di questo dato di fatto della sua esclusione dalla riunione di 10 giorni fa a palazzo Chigi che ha visto intorno allo stesso tavolo Giuseppe Conte, monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e il presidente del Lazio Nicola Zingaretti per cominciare a discutere della preparazione per il Giubileo del 2025.
Capito chi mancava? Virginia Raggi, non invitata. Lei l’ha presa malissimo. Intuendo che le si è voluto inviare un segnale molto pesante. Oltretevere sanno perfettamente che il sindaco di Roma che dovrà sobbarcarsi il grande lavoro per l’appuntamento convocato da Papa Francesco non sarà lei. Quanto a Conte, sempre zelante con tutti, questa volta non ha fatto nulla per evitare l’incidente, d’altra parte tra il presidente del Consiglio e la sindaca di Roma non c’è mai stato un buon feeling.
E mentre Calenda – smentendo quelli che sussurrano che si sarebbe già pentito della scesa in campo a Roma – ha cominciato a girare le periferie della Capitale e a tessere la sua rete di rapporti, il Partito democratico sta facendo capire che proprio non ce la fa a trattare con il leader di Azione, che da parte sua pur abbassando i toni polemici non è entrato nei cuori dei dem. I quali non si fidano di lui. Criticano che stia facendo tutto da solo sembrando più un influencer che un candidato sindaco, anche i più ben disposti lamentano una sua autoreferenzialità, un protagonismo personale che esclude rapporti politici.
Per il Partito democratico dunque è meglio guardare altrove, alla ricerca di un mister X che piaccia anche ai grillini, peraltro tagliando fuori i dem che si sono già candidati. La cosa evidentemente non farà piacere a Monica Cirinnà e agli altri dem scesi in campo che poco affettuosamente anche al Nazareno vengono chiamati «i sette nani». Ma si sa, da sempre il Partito democratico di Roma è bravissimo a litigare con se stesso.