Siete tutti perdonatiLa satira distopica dove fare elemosina diventa cool

Nel nuovo romanzo di Enrico Dal Buono, un arrampicatore sociale di provincia ha fondato la prima agenzia per barboni del pianeta: la Beautiful Loser, che ha trasformato l’accattonaggio in un’azienda redditizia, cui si interessano grandi marchi. Un modo scherzoso per mettere in fila le contraddizioni del presente e le ragioni reali su cui si basano le azioni di tutti

AP Photo/Antonio Calanni per Lapresse

Davanti ad Armani, Cartilagine è stravaccato su un plaid nero. Rien ne va plus lavora sul plaid marrone e oro di Louis Vuitton. Rosso e verde per Gucci, giallo per Acqua di Parma, arancione per Hermès. Dai fili argentati che collegano le facciate pendono, là in alto, larghi piatti di rame per le offerte su cui è scritto in un bel corsivo “Please, Moon, give me a bit of your light”, e cappelli giganti, ribaltati verso il cielo, recitano: “For stars’ coins”.

Ecco passare lì sotto, a lente falcate, spostando lo sguardo tra barboni e vetrine, giovani professionisti con cappotti sfiancati da vedergli le costole, signore più svelte, con filo di perle e sopra il collo di volpe, anziani in loden e scarpe inglesi ben lucidate, gay con baffi senza un pelo fuori trama, ragazze venute dai quattro angoli d’Europa tutte scosciate anche se è ottobre.

«Sono stato io a fare questo» mi dico stringendo la mano di Olimpia. Chi nel portamonete in coccodrillo, chi nella pochette paillettata, chi nella giacca a coste, tutti tengono una manciata di monete da donare ai barboni.

I claim d’accattonaggio li abbiamo concordati con gli uffici stampa. Il cartello fuori da Dolce & Gabbana dice: “Cuore Italiano”. Rolex: “Chi decide, concede”. Loro Piana: “Given in Italy”. Cartier: “I diamanti regalano luce”. Sulla cornucopia di cuoio, realizzata ad hoc da Bottega Veneta e già colma di spiccioli, potete leggere: “For handmade future”.

«E se al-Sifra quest’anno rovinasse tutto?» penso nell’accarezzarmi la mascella gonfiata dai pugni di Black Saladin. Guardo Olimpia: bionda, con quel mento allungato che pare noia perenne, con quegli occhi orientali che piumeggiano sulle teste leggeri. «Secondo me cingalesi e barboni dovrebbero vendere beni di sostentamento in autostrada il venerdì sera, quando si scappa dalla città» dice. «Cosa non avrei dato, tante volte, per delle Pringles e dell’acqua».

Una coppia in pendant, grigio fumo di Londra dalla testa ai piedi, si sta scattando un selfie davanti a Bellini. Lei e lui, in posa, danno un bacio all’unisono a una moneta da due euro, prima di regalarla al vecchio. Posteranno la foto su Instagram e Facebook, si taggheranno presso Prada, via Montenapoleone, 6, Milano, con l’hashtag #homelessfashionnight. «Dici solo in tangenziale o anche su viale Certosa?» chiedo sovrappensiero a Olimpia, sfiorandomi il versamento di sangue sotto l’occhio.
«C’è coda anche lì?»
«Ma non vivi a Milano da quando sei nata?»
«Io vivo da trent’anni al di qua della circonvallazione interna. Sono poco più che una paesana».
«Come si capisce dai tuoi tacchi».
«Già».
«So che non li sopporti».
«Sopporto meno questa puzza d’immondizia» dice lei. «Ma anche la rossa puzza così?»
«Attraversiamo, forse di là è meglio».

Stiamo andando verso palazzo Serbelloni, dove alle 21.30 io e il designer Barabba Croselli assegneremo The New Next, il premio all’under 18 più caritatevole dell’anno. Criterio: la quantità di post che lo immortalano nell’elemosina ai Beautiful Loser. Premio: una settimana da barbone.
«Non m’avevi detto che questi adesso se la passano alla grande, che un mutilato albanese la settimana prossima va a Courmayeur?»
«Non è questo il punto. Tra le serate di charity, dove sciure in pelliccia donano migliaia di euro ai bambini di un qualche buco sperduto dell’Africa, con le foto tristi d’autore che passano là in fondo sopra ai candelabri, tra quella roba e l’elemosina da strada, c’è la stessa differenza che corre tra Eataly e una vera bottega».
«Rallenta, per favore, sai che non mi piace fumare in movimento».
«La stessa differenza che passa tra un sorbetto della Carte D’Or e una granita a Palermo, tra un vestito di marca e uno sartoriale. L’elemosina veramente figa, è una roba artigianale, fatta a mano. Tu guardi negli occhi il barbone e immagini che cosa c’avrà alle spalle, interpreti il cartello, tiri a indovinare il suo privato, distantissimo e impensabile, lì, a due passi, lì, con quella puzza che stai sentendo».
«Mi merito la taglia quarantadue: nemmeno questa puzza mi fa passare la voglia di salmone».
«Perfino i miei barboni con più follower devono strofinarsi i vestiti con lische di pesce e bucce di banana».

Incrociamo Alda Terenghi, direttore della rivista Hype. A me dice: «Che carino il totem che distribuisce i guantini da elemosina di Celine» A Olimpia dice: «Salutami la mamma».
Davanti a Tiffany, il posto che doveva essere di al-Sifra è vuoto. C’ho fatto mettere L’Unto, installazione in cartapesta del papa-clochard che Fabrizio Cattarin ha realizzato gratis per noi: scalzo, la talare ingrigita, il rocchetto di damasco bianco tutto squarci, il camauro con il bordo d’ermellino bruciacchiato, in mano una croce d’ottone a cui manca il braccio sinistro, nell’altra una bottiglia di gin Gordon’s.

Attraversando la strada, di fronte a La Perla, il Mancinato mendica su un panno di pizzo. Il suo cartone recita: “La vostra anima a nudo”.
«Non regalarmi mai biancheria sexy» mi dice Olimpia.
«Vale per tutti gli uomini: è come se noi vi regalassimo un paio di scarpe col tacco. Del nostro numero».
«Ma ci farai eccitare o no?»
«Allora tu gira con un cappello piumato e un mantello azzurro. I classici Disney stanno alle aspettative delle donne quanto i film porno a quelle degli uomini».
«Ma a me piaci solo tu» la stringo.
Lei è un elastico, torna sempre in posizione di riposo.
«A quanto pare non si è adulte senza un paio di corna» dice. «Crescono subito dopo le tette».

Salutiamo l’assessore allo sviluppo economico, Laballotta, con gli occhiali in tartaruga e con la moglie in ecopelliccia. Lui dice: «Dio mio, Walter, tu hai delle occhiaie terribili, ma invece tu, Olimpia, perché non ti vesti così tutti i giorni?»
Io dico: «Vi piace qui?»
La moglie dice: «Preferisco il vostro nuovo servizio di clochard a domicilio».
«Homeless at home» dico io.
«Esatto» fa la signora Laballotta. «Io lo uso soprattutto la mattina, per iniziare la giornata con una buona azione», si commuove fino alle lacrime. Quando sono lontani Olimpia mi dice: «Andrebbe internata».
«In effetti i target dell’app dovrebbero essere più che altro vecchie cattoliche, comuniste gambizzate da qualche malattia degenerativa, manager in paranoia da cocaina, robe così. Lei è soltanto depressa».
«La depressione non la concepisco. C’è la tristezza. Ed è una cosa. Ma lo sguazzo nell’angoscia cosmica mi dà i nervi».
«Sai, magari pensi alla morte».
«C’è gente che muore di fame. E sono più allegri degli spaccapalle che si lamentano con lo stomaco pieno di quinoa, l’armadio pieno di vestiti e la rubrica piena di amici».

«Eppure io trasformo i primi nei secondi» le dico. Perché mi è appena arrivato un messaggio del Frustrato: «Scusa capo, me ne vado. Almeno non sarò complice. Siamo una ventina. Gli altri prenderanno tutti quell’agrodolce…»
Provo a chiamarlo: spento.
«Perché hai quella faccia?» mi chiede Olimpia.
«Quale faccia?» forzo un sorriso. «No, niente. Presentimenti stupidi. Acceleriamo il passo che sono quasi le nove». «È quella sciroccata che ti fa impazzire, vero?»
«Quale sciroccata?»
«Sempre la rossa. Quella che mi sembra di avere già visto. Quella che lavora con te»
«Lavora per me» le punto l’indice contro.

da “Siete tutti perdonati” di Enrico Dal Buono, La nave di Teseo, 2020, pp. 208, 17 euro

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