L’indagine sui misteri finanziari del Vaticano, che ha portato alle dimissioni del cardinale Becciu pur non essendo lo stesso a oggi formalmente indagato, alcuni esponenti della Segreteria di Stato vaticana ed elementi di spicco della finanza internazionale, è stata sino ad oggi alimentata dalle indiscrezioni provenienti dall’interno dei palazzi vaticani e veicolati verso l’esterno dall’inchiesta dell’Espresso.
Da circa un mese i giornali a ritmo serrato illustrano i retroscena dietro l’acquisto di un prestigioso immobile londinese da parte del Vaticano. Secondo l’accusa mossa dall’Ufficio del Promotore di Giustizia del Vaticano l’investimento avrebbe causato una ingente perdita (nell’ordine di centinaia di milioni) alle casse del Papa a beneficio di due finanzieri, Mincione e Torzi, con cui la Segreteria di Stato aveva condotto le trattative.
Di più, sempre secondo le anticipazioni dell’Espresso, l’inchiesta avrebbe portato alla luce l’esistenza di una vera e propria cricca affaristica dietro le mura leonine. Scenari che evocano ombre del passato legate allo scandalo dello IOR, la banca centrale vaticana, dei tempi del misterioso Monsignor Marcinkus e degli affari col banco ambrosiano del banchiere Calvi, misteriosamente morto per suicidio sotto un ponte, guarda caso, sempre di Londra. Alcuni articoli pubblicati su Libero a firma di Vittorio Feltri hanno lanciato ombre e sospetti sul fondamento di tali accuse e sui meccanismi, assai incerti, che legano ancora una volta indagini giudiziarie ed informazione.
Forse il tempo servirà a fare luce (non è detto) ma intanto accanto alle illazioni alimentate dalla stampa e dagli interessi, veri o presunti, che la muovono, la realtà giudiziaria sta offrendo qualche serio spunto di raffreddamento allo slancio delle indagini promosse dagli organi di giustizia vaticana. In particolare sembra problematica la convergenza tra le procedure vaticane e quelle ordinarie della giustizia italiana.
Già un mese fa il clamoroso arresto della presunta “spia” ed amica di Becciu, Cecilia Marogna, era stato revocato dalla Corte di Appello di Milano cui i promotori di giustizia del Vaticano avevano richiesto l’estradizione, allo stato assai problematica. È di oggi la notizia che il Tribunale del Riesame di Roma ha invece annullato integralmente un sequestro disposto nell’ambito di una perquisizione a carico di uno degli indagati (un dipendente dell’ufficio amministrazione della Segreteria di Stato, coinvolto nelle trattative sull’immobile di Sloan Square).
Il pubblico ministero Vaticano aveva richiesto assistenza giudiziaria alla procura romana per il sequestro di documenti e materiale informatico che aveva esteso anche a delle somme di denaro e di monete emesse dal Vaticano a garanzia di un pur parziale risarcimento del danno alle casse di San Pietro.
I difensori erano ricorsi al Tribunale di Roma contro il provvedimento di sequestro emesso dalla procura di Roma in esecuzione della richiesta dei promotori vaticani. Secondo i legali non esistendo un trattato o una specifica convenzione di assistenza giudiziaria non è possibile la collaborazione diretta tra le due procure ma le richieste di provvedimenti restrittivi o di sequestro devono necessariamente passare per la Corte di Appello italiana competente per territorio. Di più: il sequestro a scopo preventivo deve essere approvato comunque da un giudice secondo le norme interne italiane che si applicano quando non vi siano trattati tra i paesi interessati.
Non sono semplici schermaglie giuridiche ma problemi concreti che possono rendere difficile il viaggio dei promotori vaticani alla ricerca della verità e di cospicui risarcimenti per le casse del Papa. Il punto è che lo Stato del Papa non è uno stato di diritto e che le sue norme non sono conformi ai principi della Convenzione Europea dei diritti umani.
Il sito ufficiale dello Stato della Città del Vaticano avverte quanto alla struttura istituzionale che «la forma di governo è la monarchia assoluta. Capo dello Stato è il Sommo Pontefice, che ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Il potere legislativo, oltre che dal Sommo Pontefice, è esercitato a Suo nome, da una Commissione composta da un Cardinale Presidente e da altri Cardinali, nominati per un quinquennio. Il potere esecutivo è demandato al Presidente della Commissione che, in tale veste, assume il nome di Presidente del Governatorato ed è coadiuvato dal Segretario Generale e dal Vice Segretario Generale. Il potere giudiziario è esercitato, a nome del Sommo Pontefice, dagli organi costituiti secondo l’ordinamento giudiziario dello Stato».
Diciamo che per quanto illuminata a divinis la legislazione vaticana non è conforme a quella che negli stati democratici garantisce il diritto minimo del cittadino al giusto processo. Per dire, nello Stato del Vaticano i promotori di giustizia possono arrestare direttamente gli indagati senza prima passare da un giudice ed anzi gli stessi inquirenti, in base ad un’espilicita autorizzazione del Sommo Pontefice (il “rescritto” di derivazione dall’impero romano) possono derogare anche alle invero poche garanzie che i codici vaticani pongono a favore degli inquisiti.
Può uno Stato di diritto acconsentire che un suo cittadino sia processato senza la tutela di garanzie che la Costituzione riconosce? Le norme di diritto internazionale pongono l’obbligo per ogni Stato di verificare nel caso di richiesta di estradizione che esistano presso lo Stato richiedente tutte le garanzie che non si applichino procedure contrarie alla dignità umana.
Quanto ai rapporti tra i due stati oggi, esiste un autorevole precedente: quello di monsignor Marcinkus che la giustizia italiana richiese al Vaticano per arrestarlo, ma che la Santa Sede rifiutò eccependo l’immunità delle alte cariche impiegate presso gli enti centrali. Vedremo quanto questo potrà incidere, non ci sono precedenti di inchieste di tale portata, ma certamente il fatto che per ben due volte la giurisdizione italiana abbia respinto le iniziative degli inquirenti Vaticani ha il suo significato e peserà.