La più surreale verifica della storia repubblicana, ieri la prima giornata della seconda tornata, contempla anche la scena di un presidente del Consiglio che improvvisamente lascia la riunione con la delegazione dei Cinquestelle, con la quale in effetti non aveva nulla da dirsi, per recarsi al Quirinale per l’incontro con le Alte cariche dello Stato.
Mentre più tardi è toccata ai suoi fans del Partito democratico che proprio ieri, tramite Dario Franceschini, avevano insignito Conte della candidatura a premier, qualunque cosa voglia dire.
L’avvocato del popolo ha intenzione di chiudere un accordo con i partiti della maggioranza sulla “ciccia” del Piano per il Next Generation Eu, cioè sulle cifre destinate ai vari capitoli e questo anche per venire incontro per esempio alla convergente richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza e di Italia viva di alzare, e di molto, la relativamente striminzita cifra di 9 miliardi per la sanità (così da disinnescare la richiesta di attivazione del Mes, un tema che farebbe esplodere la maggioranza).
Per non sbagliare, l’avvocato si è portato con sé i ministri Gualtieri e Amendola, gli unici a capirci qualcosa di Recovery fund e che infatti ormai egli ha assunto come guardaspalle politici (e che proprio per questo non sono amatissimi al secondo piano del Nazareno).
L’impressione è che Giuseppe Conte stia scherzando col fuoco. Sembra non rendersi pienamente conto della serietà della situazione, fra ritardi sul Recovery, disastri comunicativi e pessime notizie sulla pandemia, col tasso di positività risalito al 12,3 per cento. Col risultato che ancora nessuno ha capito bene se e come intenda rispondere all’assalto renziano, se mediando o sfidando.
Secondo alcune voci, il premier sarebbe pronto non solo a cambiare le poste del Recovery, stralciando il tema politico della governance, e forse anche a mettere in discussione la delega sui servizi che egli aveva avocato a sé.
Queste voci sono state alla base di una dichiarazione distensiva di Ettore Rosato (Italia viva vede Conte stamattina) ma egli stesso ha fatto sapere che «la situazione non è cambiata», mentre il Nazareno spiega che Renzi starebbe perdendo il controllo dei suoi parlamentari, preoccupatissimi di una crisi senza altri sbocchi che le urne.
Ma l’incertezza non è solo colpa dell’avvocato. Anzi: la responsabilità principale della confusione del momento è di quel Partito democratico che un giorno dice di Conte peste e corna e il giorno dopo lo eleva a candidato premier di una coalizione tra Partito democratico e Movimento cinque stelle che non si sa dove sia stata decisa, e da chi.
Su questo punto forse qualcosa si muoverà, malgrado il clima non proprio propizio per il dibattito che spira al Nazareno: per ora si sente Tommaso Nannicini, che ricorda che sulle alleanze e le politiche decidono “gli iscritti”. Ma la verità è che è una fase molto tattica.
Malgrado tutto, se e quando si voterà lo decide il capo dello Stato, sempre silente sulle ultime convulsioni politiche, e nel Palazzo le previsioni non sono a favore delle elezioni ma di un nuovo governo: o un Conte ter, cioè un rimpasto forte dell’attuale esecutivo, o un governo tecnico le cui caratteristiche sono tutte da definire. Ma la situazione è in movimento.