Sono trascorsi quindici mesi da quando abbiamo scritto per la prima volta su Linkiesta che Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Fofò Dj, Rocco Casalino e i loro associati sono l’esperimento politico di occupazione delle istituzioni più imbarazzante e pericoloso mai capitato alla Repubblica italiana negli ultimi decenni. Lo abbiamo ripetuto quotidianamente, più volte al giorno, snervati dal dover scrivere sempre la stessa cosa, eppure travolti dalle continue e incessanti decisioni stravaganti di un gruppo di inattrezzati a gestire un condominio.
Oggi che la loro inadeguatezza è evidente a tutti, è confortante constatare che se ne siano finalmente accorti anche alcuni giornali, alcuni commentatori e alcuni dei loro volenterosi complici politici, all’alba del dicembre 2020. Malimorté.
Su Linkiesta non abbiamo mai criticato la nascita in sé del Conte due, anzi. Al contrario, abbiamo criticato l’azione politica di un governo che se da un lato ha avuto il merito di chiudere la guerra stupida a Bruxelles dichiarata dal Conte uno, dall’altro non ha rigettato le decine di porcate legislative con cui sono stati piegati i principi dello Stato di diritto e sprecati miliardi su miliardi in mancette e politiche economiche di stampo venezuelano.
Sostanzialmente, abbiamo contestato al Pd di non aver esercitato su Conte quell’egemonia politica e culturale sui Cinquestelle che essendo riuscita a Matteo Salvini non era esattamente fuori dalla portata degli stagionati dirigenti democratici.
Invece, il Pd ha scelto la strada dell’alleanza strategica con i Cinquestelle, del Conte leader fortissimo di tutti i progressisti, della foto di Narni, probabilmente più per fermare il progetto politico di Matteo Renzi, un sabotaggio andato a buon fine, che per una visione strategica autonoma.
Poi è arrivato il Covid-19, una catastrofe senza precedenti, ingestibile per quelli bravi, figuriamoci per gli amici di Casaleggio, ma che grazie a Giuseppe Conte ci ha laureati campioni del mondo in diverse discipline macabre, dal numero dei morti, al tasso di mortalità, al crollo del pil, ai crimini nelle case di riposo, ai contagi negli ospedali, all’inefficienza dell’assistenza sanitaria locale, alle scuole chiuse, alla farsa delle mascherine e dei banchi a rotelle, allo zero assoluto in termini di tracciamento e di tamponamento e con ogni probabilità anche al ritardo sulle vaccinazioni, di cui nessuno al momento sa nulla tranne che non (non) saranno somministrate in avveniristici padiglioni di vetro a forma di primula.
Un disastro politico, civile e morale, di cui ancora non vediamo la fine, peraltro ottenuto avendo adottato le misure più dure, restrittive e contraddittorie del pianeta, insomma un record che dovrebbe far scattare l’inibizione a vita dai pubblici uffici e istruire un processo all’Aja per crimini contro l’umanità.
Con il cashback di Stato hanno invitato gli italiani a fare gli acquisti natalizi di persona personalmente, salvo poi additarli al pubblico ludibrio perché questi screanzati hanno avuto l’incoscienza di seguire il loro consiglio e sono andati sul serio a fare shopping; con i decreti natalizi annunciati e poi smentiti e con le misure adottate per farci passare «un sereno Natale» ma rigettate perché guai a fare i cenoni, la decretazione d’urgenza è diventata un’insensata sciarada enigmistica per cui io il 25 non potrò invitare a pranzo mio fratello perché lui ha due figli sopra i quattordici anni e quindi deve stare a casa, ma lui invece potrà ospitarmi perché mia figlia invece ne ha solo otto.
In che modo mio fratello possa essere un pericolo pubblico per la diffusione del virus a casa mia, ma io a casa sua invece no è un mistero che va al di là delle mie modeste capacità di comprensione e che magari sarà risolto dal ministro Roberto Speranza con il famigerato libro ritirato in fretta e furia a settembre dalle librerie, l’opera con cui – credendosi Maciste o Arcuri – avrebbe voluto spiegarci come era riuscito a sconfiggere il virus Corona, proprio mentre il virus Corona lo mandava definitivamente al tappeto.
È un delirio che si ripete quotidianamente in loop da mesi, una coazione a commettere sempre lo stesso errore cominciata a marzo e che rivivremo il sei o sette gennaio con le solite anticipazioni ai giornali compiacenti delle nuove misure per fermare la curva dei contagi, in modo da testare le acque, confondere tutti e non risolvere nulla, sprecando ancora una volta tempo ed energie che a marzo avrebbero fatto meglio a impiegare in una grande operazione nazionale di tracciamento e di tamponamento e adesso in una campagna di vaccinazione, ma che non è stata fatta allora e che non stanno facendo adesso, se è vero come è vero che il super commissario Arcuri ha messo le mani avanti per dire che in caso di terza ondata la campagna di vaccinazione sarà a rischio.
Che è come se Churchill e Roosevelt, ripeto anche questo, avessero annunciato di essere pronti a sconfiggere il nazifascismo ma a patto che il nazifascismo fosse stato d’accordo, altrimenti si sarebbero dovuti arrendere.
Nei giorni scorsi, per un attimo, è sembrato che il Pd avesse finalmente capito di aver contribuito a questo patatrac, lasciando per pudore che fosse Renzi a chiedere il conto al premier populista. Per un po’ non abbiamo più sentito le enormità sui Cinquestelle “costola della sinistra” e non si è parlato più di alleanza strategica guidata da Conte.
A un certo punto è parso addirittura possibile che intorno a Carlo Calenda candidato sindaco a Roma si potesse costruire un percorso alternativo, liberal-democratico e riformista, senonché improvvisamente il Pd è tornato sui suoi passi, ha preso le distanze dalle manovre renziane, ha scaricato Calenda (col risultato che finirà per sostenere Virginia Raggi contro la destra, ammesso che la destra non faccia cappotto al primo turno), ha rilanciato la patacca della fulgida figura progressista del capo di governo devoto a Padre Pio e ora è pronto ad andare al voto con i Cinquestelle nel caso Renzi decidesse davvero di staccare la spina, naturalmente con la legge elettorale vigente, con la mutilazione del Parlamento e senza i correttivi senza i quali fino a un quarto d’ora fa diceva che votare sarebbe stato pericoloso per la democrazia.
Immagino che bella campagna elettorale potranno fare Nicola Zingaretti e Dario Franceschini, guidati dall’avvocato e professor Conte: noi siamo quelli che abbiamo chiuso tuttti in casa, che abbiamo creato più danni economici di tutti, che abbiamo avuto più morti di chiunque altro, che abbiamo sprecato risorse che non avevamo, che abbiamo rifiutato miliardi a tasso zero per riorganizzare il sistema sanitario, che non siamo riusciti a presentare un piano strategico per risollevare il paese con i soldi europei, che abbiamo approvato leggi giustizialiste, che ci siamo indebitati fino al collo perché Di Maio e Vito Crimi, forti della loro competenza e abilità, hanno avuto il piacere di controllare l’acciaio, la compagnia aerea, il mercato del lavoro e qualche istituto finanziario.
Con risultati così entusiasmanti come non correre dritti ad incassare il consenso popolare. Il Pd ovviamente è libero di abbandonare il principio identitario e fondativo della vocazione maggioritaria, ma forse non fino al punto di abbracciare una vocazione suicida.