Giuseppe Conte e Luigi di Maio quanto e cosa hanno “pagato” al generale Khalifa Haftar per ottenere la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo? In preda ad una grottesca e risibile sindrome da Grande Fratello i nostri due non si rendono conto che la domanda non si sarebbe posta con rilievo se si fossero comportati da statisti: l’Aise e la Farnesina trattano e contrattano, danno qualcosa e i pescatori ritornano coperti da una opportuna diplomatica coltre di silenzio.
Ma se un capo di governo e un ministro degli Esteri si comportano come Totò le Moko, nello scandalo di tutte le cancellerie del mondo che giudicano che così facendo hanno premiato i sequestratori di uno scabrosissimo omaggio, e fanno una parata mediatica sul suolo libico, non possono pensare più di gabbarci. Non possono farci credere che l’unica contropartita è stato un loro banale incontro con Khalifa Haftar per dirgli che l’Italia è a favore di una soluzione equilibrata della crisi libica (uffaaa!).
Tutto qui? Haftar da 107 giorni urla e strepita che il prezzo per la restituzione dei nostri pescatori è che l’Italia gli restituisca i “quattro calciatori” libici che in realtà sono quattro trafficanti di carne umana regolarmente condannati da un tribunale italiano con pesanti accuse e pene. Che ne è stato di questa fermissima sua richiesta? Haftar l’ha abbandonata? Ha liberato i pescatori in cambio di nulla, di un incontro inutile con Conte e Di Maio? Ha avuto altre contropartite?
La differenza tra il Grande Fratello imbastito a Bengasi da Conte e Di Maio e la diplomazia di un paese serio è tutta qui. Al Gf devi fare vedere e dire tutto, anche gli accordi più scabrosi tra i partecipanti. Una nazione seria, invece risolve le crisi con tatto, discrezione, silenzi. Senza parate. E senza il sospetto che i “quattro calciatori” di Haftar non gli verranno restituiti da qui a poco, magari tramite una revisione del loro processo. Honny soit qui mal y pense.