Evitare la terza ondataNon tutti i Paesi in Europa hanno scelto di adottare il coprifuoco

Non tutti gli Stati membri hanno deciso di vietare la circolazione negli orari notturni. Nei Paesi Bassi è stata introdotta la restrizione per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, causando violenti proteste. Per Francia è Belgio si è trattato di una scelta obbligata, mentre Austria, Germania e Regno Unito hanno preferito il lockdown

LaPresse

La seconda ondata della pandemia ha spinto i governi degli Stati membri a varare una serie di misure restrittive pensate per convivere con il Covid-19 per tutto l’autunno e l’inverno. Il lockdown è diventato però più l’eccezione che la regola perché paralizza la vita economica di una nazione, infligge gravi danni al sistema educativo e non è sostenibile, dal punto di vista psicologico, per periodi troppo prolungati. Al suo posto molti governi hanno preferito adottare il coprifuoco: ovvero il divieto di circolazione e la chiusura di tutti i locali pubblici e degli esercizi non essenziali oltre una certa fascia oraria.

La prima a farlo su scala regionale è stata la Francia, a metà ottobre, inizialmente in otto dipartimenti del Paese tra cui Parigi, per poi estenderla progressivamente al resto dello Stato. Il divieto di circolazione, almeno in una prima fase, è stato implementato dalle 21 e sino alle 6. A novembre, a causa della crescita esponenziale della curva dei contagi, il governo francese ha introdotto  un lockdown nazionale, poi allentato alla fine del mese e rimosso alla metà di dicembre. Il coprifuoco è rimasto in vigore ed è stato anticipato alle 20 a partire dal 15 dicembre e alle 18, in una dozzina di Dipartimenti, all’inizio di gennaio e poi in tutto il Paese due settimane dopo.

Anche il Belgio che ha registrato un tasso di contagio tra i più alti d’Europa tra ottobre e novembre ha applicato il coprifuoco, ma in maniera diversa nelle sue due grandi macroregioni che a causa dell’assetto federale sono, in pratica, due nazioni quasi-indipendenti. Nelle Fiandre il coprifuoco è in vigore dalle 24 alle 5, mentre nella Vallonia (più la regione di Bruxelles), il divieto di uscire di casa inizia alle 22. 

Nella seconda metà di gennaio anche il governo dimissionario del premier Mark Rutte, dopo un aspro dibattito parlamentare, ha scelto di adottare il coprifuoco nei Paesi Bassi: tra le 21 e le 4 di mattina. Si può circolare in quelle ore solamente per necessità o per portare a spasso il proprio cane. Chi non rispetta la misura è soggetto a una multa di 95 euro, una cifra non elevata per gli standard olandesi. La misura era stata imposta per l’ultima volta nel corso della Seconda guerra mondiale e ha portato a contestazioni violente da parte di una frangia minoritaria della popolazione, perlopiù giovanile.

In Grecia invece è in vigore un lockdown duro sin dal 7 novembre a cui si è aggiunto il coprifuoco dalle 21 alle 5. Il lockdown è stato allentato solamente il 18 gennaio, con la riapertura dei negozi non essenziali ma i cittadini, per uscire di casa, devono fare richieste via sms a un numero creato dalle autorità che in risposta emette una sorta di autocertificazione dalla durata e scopo limitati.

La Spagna ha adottato una soluzione più creativa. Il governo ha stabilito che il coprifuoco ha inizio alle 23 ma le singole Comunità Autonome possono decidere di anticiparlo o ritardarlo di un’ora. Il recente aumento dei casi ha portato le Comunità Autonome ad adottare più restrittive. Tra queste spicca la Comunità di Madrid, tradizionalmente liberale, che ha anticipato il coprifuoco di due ore, spostandolo dalle 24 alle 22. 

In Slovenia dalle 21 alle 6, in Romania dalle 23 alle 6, in Cechia dalle 21 alle 5  e in Lettonia dalle 22 alle 5 ma solamente nei fine settimana. L’Ungheria è probabilmente la nazione che ha adottato l’approccio più duro dato che, oltre le misure restrittive, si è anche deciso di chiudere i confini nazionali nel tentativo di prevenire il contagio.

L’Austria, la Germania, il Regno Unito e la Svizzera non hanno adottato il coprifuoco, optando per lockdown nazionali, anche duri, che però non sono mai sfociati nel divieto assoluto di uscita nelle ore serali. A pesare su questa scelta sono state probabilmente considerazioni di carattere costituzionale oppure approcci culturali di tipo diverso. Il coprifuoco è stato rifiutato anche da quegli Stati scandinavi che hanno cercato di gestire la pandemia in maniera più liberale. In Svezia questa restrizione è soggetta a un divieto di natura costituzionale mentre altri Paesi, come Finlandia e Norvegia, hanno implementato poche restrizioni nel corso dell’emergenza sanitaria (con l’eccezione dell’area di Oslo e della Danimarca) e non hanno probabilmente ritenuto che il coprifuoco fosse necessario. In altri casi, invece, i governi hanno imposto orari di chiusura anticipati e confidando nell’effetto dissuasivo del rigido clima invernale. In Ucraina tutti i locali pubblici devono chiudere alle 22 e le temperature rigide prevengono la formazione di assembramenti in strada.

Ma il coprifuoco è utile dal punto di vista epidemiologico? La risposta è sfumata e legata all’orario in cui è in vigore. La scelta fatta da Parigi di adottarlo a partire dalle 18 ha sicuramente un impatto significativo sulla vita delle persone e almeno durante la settimana lavorativa impedisce quasi del tutto gli incontri nelle case. Si tratta, però, di una pesante limitazione della libertà individuale e il coprifuoco, almeno nelle sue forme più estreme, potrebbe non essere sopportabile per lunghi periodi di tempo. Questa misura restrittiva tende ad avere una funzione educativa ed esplicita la diffidenza dello Stato nei confronti della capacità di giudizio dei cittadini che vengono sottoposti a un lockdown dalla durata temporale ridotta.

Il coprifuoco è anche una misura discriminatoria, dal punto di vista economico, perché colpisce duramente alcuni settori produttivi, considerati non essenziali, mentre ne risparmia altri. I negozi non ne sono toccati, i musei neanche ma i bar e i ristoranti perdono buona parte del proprio fatturato a causa delle restrizioni mentre altri luoghi di svago, come i cinema e i teatri, rischiano di non sopravvivere a un divieto di questo genere se prolungato nel tempo.

La scelta di sacrificare alcuni settori produttivi rischia di fomentare invidie e tensioni sociali e inoltre solo alcune classi di età, nello specifico quelle più giovani, sono colpite in maniera rilevante dalle restrizioni notturne.