Forza della demografiaL’Europa del futuro sarà divisa tra regioni giovani e aree vecchie. E l’Italia si troverà a metà strada

Nonostante l’età media più bassa si trovi nei Paesi dell’Est, nei prossimi 30 anni il trend si invertirà a favore del centro del continente. Le città più dinamiche saranno le capitali come Berlino e Dublino. Milano è sulla buona strada, ma il resto no

AP Photo/Michael Sohn

Tra le conseguenze dirette e indirette dello stravolgimento socio-economico portato dalla pandemia di Covid vi saranno anche quelle demografiche. I minori redditi, il lavoro più scarso e meno sicuro e le incertezze a detta degli esperti raffredderanno ancora di più l’inverno demografico che l’Europa attraversa da qualche tempo.

Il numero di nascite rischia quasi sicuramente di toccare nuovi minimi nei prossimi anni. Probabilmente verranno accentuate e anticipate quelle tendenze che i demografi ritengono caratterizzeranno il XXI secolo nel Vecchio Continente. E che promettono di trasformarlo.

Sarà una trasformazione tuttavia molto disomogenea, come disomogeneo d’altronde è stato finora lo sviluppo dell’Europa, al di là delle migliori intenzioni spesso frustrate di chi lo vorrebbe più unito e meno meno diseguale.

Oggi a essere più vecchie in Europa sono le aree rurali del Sud della Francia, tra la Borgogna e i Pirenei, quelle della Castiglia e della Galizia in Spagna, parte della Finlandia, l’ex Germania Est in spopolamento. Qui l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra il numero di over 64enni e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è massimo, e arriva anche vicino al 60%.

Al contrario scende sotto il 30% in alcune grandi aree urbane come quella parigina, in Irlanda, in parte delle province polacche, slovacche, ungheresi.

Se a Ovest si tratta delle conseguenze di un alto tasso di natalità e dell’immigrazione, a Est piuttosto è l’effetto di una alta mortalità tra gli anziani e non solo e di un’aspettativa di vita ridotta.

Anche se per ora portano agli stessi risultati questa diversità porterà a esiti molto diversi nei prossimi decenni.

Secondo le previsioni infatti il vantaggio rispetto al resto della UE di un Est più giovane durerà solo per altri 20-30 anni, ma nella seconda metà del nostro secolo anzi sarà proprio la Polonia, assieme alla Spagna e al Sud Italia e alla Finlandia l’area con più anziani in proporzione ai lavoratori, con i primi che saranno più di 70 o 80 ogni 100, mentre rimarranno meno di 60, un dato comunque molto alto, in alcune aree della Germania, dell’Irlanda, in Svezia, Repubblica Ceca, a Parigi.

Dati Eurostat

Non sarà quindi l’attuale “nuova Europa”, quella che oggi attira investimenti da parte dei vecchi Paesi più ricchi anche grazie alla bassa spesa pubblica in welfare e pensioni (e di conseguenza alla bassa tassazione), a essere quella più vitale nel XXI secolo, ma il core del Continente rimarrà ancora l’area centrale, con più abitanti in età lavorativa in rapporto a quelli che con il proprio lavoro dovranno mantenere.

E l’Italia? Il nostro Paese sembra a metà del guado. Dopo la metà del secolo, una parte finirà a fare parte di quel gruppo di province in cui gli 80enni superano gli under 20. Solo gran parte del Nord Italia non si unirà a quella porzione di Europa più vecchia, quasi decrepita, in cui nasceranno così pochi bambini da essere addirittura meno dei grandi anziani.

Dati Eurostat, rapporto tra 80enni e under 20

Ci sono alcuni elementi che caratterizzano le aree che si salveranno in parte dall’invecchiamento della popolazione e quelle che invece ne saranno colpite in pieno.

Innanzitutto è chiarissima la differenza tra le principali aree urbane e quelle rurali. Sono le grandi città quelle in cui si concentra un’economia di servizi avanzati e di alta tecnologia che sta sostituendo la vecchia industria.

Ma questo non basta a spiegare tutto, vi sono metropoli e metropoli. Se oggi Bucarest appare, con un rapporto di dipendenza degli anziani del 27,2% tra le città meno anziane d’Europa dopo la giovanissima Dublino, entro una quarantina d’anni sembra essere destinata a invecchiare molto più velocemente. Mentre sarà Berlino quella più giovane nei prossimi decenni. Più di Madrid, di Parigi, che ora hanno un indice inferiore.

Questo perché Berlino, come Dublino e altre città simili, oggi sono caratterizzate non solo da una dinamicità dell’economia superiore, ma anche da un livello di immigrazione decisamente più elevato, del resto stimolato anche dalle opportunità economiche e da un tasso di natalità in crescita, cui certo non è indifferente anche in questo caso il livello di salute dell’economia, l’elevata occupazione femminile e il welfare disponibile per le famiglie.

In questo senso appare normale che, anche se in Italia oggi Milano e la provincia appaiano più anziane di Roma, le posizioni si invertiranno già dal 2030.

Dati Eurostat

E così anche tra province rurali, mediamente più vecchie di quelle con grandi città, vi sono quelle dell’Est, come Cluj Napoca, Romania, o Snowiecki, sud della Polonia, che nonostante siano più giovani di altre analoghe a Ovest, invecchieranno molto velocemente, e quelle francesi e tedesche come Haute Marne e Barnim, tra quelle con più anziani ora, che avranno un andamento molto più moderato.

In Italia l’area con l’indice di dipendenza degli anziani più alta, l’ex provincia di Carbonia -Iglesias, seguirà un trend simile a quello della spagnola Zamora, con un invecchiamento e uno spopolamento molto accentuati

In controtendenza con quanto avverrà per esempio a Milano.


Dati Eurostat

Questo significa che abbassare le tasse, magari mettendo una bella flat tax, per attrarre gli investitori e avere salari più bassi può non bastare nel lungo periodo se non si affronta il problema demografico.

Non basta attirare impianti produttivi di prodotti con margini medi (per esempio automobili ed elettrodomestici) se non si riesce a produrre un’economia avanzata e ad alta produttività e se non si riesce ad attirare anche immigrazione, possibilmente di alta qualità, come riescono a fare Francia e Germania, Irlanda e Svezia, che pure hanno prezzi più alti e un fisco più pesante (con l’eccezione particolare dell’Irlanda).

In futuro il problema della spesa per le pensioni e la sanità potrebbe essere più pressante per Paesi come Romania e Polonia che per quelli dell’Ovest che ora pure impegnano una parga parte del loro bilancio nel welfare.

E di cui però ora vedono i frutti in un invecchiamento più rallentato.

L’Italia dovrà scegliere ancora una volta se essere al centro dell’Europa o alla sua periferia, se essere Paese di emigrazione ed invecchiamento o agganciare anche dal punto di vista demografico l’asse franco-tedesco. Possibilmente senza spaccarsi tra un Nord europeo e un Mezzogiorno periferico come al solito.

La soluzione sembra essere sempre la stessa, fare più figli, smentire la profezia secondo cui l’Italia farà parte di quella periferia con meno bambini e ragazzi. Dopo il Covid sarà ancora più difficile, e però per lo stesso motivo ancora più necessario.

dati Eurostat

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