Riassunto delle puntate precedenti. Si sono perse settimane a caccia di transfughi, mentre si sarebbe potuto aprire subito un percorso come quello avviato due giorni fa dal capo dello Stato con l’incarico esplorativo al presidente della Camera, Roberto Fico, per capire se si può arrivare a un patto di legislatura partendo dalle forze che hanno dato vita all’ultimo governo. Oltre alla perdita di tempo, c’è stata una perdita di centralità del Partito democratico, per la scelta di accodarsi ai personalismi incrociati di queste settimane. Giuseppe Conte e Matteo Renzi troveranno un accordo? I Cinque Stelle reggeranno? Tra le domande che tutti si pongono, il Pd non c’è. Il problema è che spesso non c’è neanche il dramma che sta vivendo l’Italia. Molti s’illudono che, una volta risolte le beghe tra politici, ci sarà solo da spendere i soldi europei e tutto andrà a posto. Questa illusione è ciò che dovrebbe spaventarci di più. Per carità, tutti citano le grandi emergenze nazionali. Ma non si sentono mai specificare la visione, le proposte e – perché no – le persone in grado di risolvere quei problemi.
Non è tardi per cambiare schema di gioco, ma bisogna volerlo. In questo articolo sul Foglio, ho fatto qualche esempio, provando a spiegare perché ora servano temi, non nomi. Andrea Orlando, politico di professione e attuale vicesegretario del Pd, ha detto che invece nella nostra Costituzione “vengono prima i nomi dei contenuti”, perché prima s’incarica una persona di formare un governo e poi si fa il programma. Lasciamo pure da parte i limiti di questa interpretazione tutta “procedurale” della nostra Costituzione (le consultazioni servono a capire se c’è una maggioranza intorno a un programma, e gli incarichi esplorativi esistono proprio perché prima vengono i contenuti e la politica, dopo i nomi).
Proviamo a prendere sul serio il metodo Orlando: prima i nomi. Ma quali? Il muro contro muro su Conte sì/no non ha senso, perché il presidente del Consiglio è stato un punto di equilibrio in due maggioranze opposte e può continuare a esserlo, ma prima vengono le maggioranze appunto, prima viene la politica (ne ho parlato qui). Oggi come si pensa di dare un segno di rilancio nell’azione di governo? Si potrebbe iniziare scegliendo i nomi giusti per i posti giusti, a partire da tre priorità: Recovery plan, vaccini, scuola.
1. Recovery plan. Tutti dicono che NextGenerationEU è un nuovo Piano Marshall. Chiediamoci allora come l’Italia democratica uscita dal fascismo e dalla Seconda guerra mondiale decise di usare il Piano Marshall. All’interno del governo De Gasperi, dopo lo strappo con socialisti e comunisti, ci si affidò a Luigi Einaudi, vicepresidente del Consiglio e ministro del neo-istituito Bilancio, un nuovo dicastero creato ad hoc presso Palazzo Chigi. Autorevolezza, capacità tecnica, visione politica, esperienza istituzionale coniugate con un incarico politico di primaria importanza (la vicepresidenza) e un neo-dicastero (il Bilancio) col potere di coordinamento sugli altri dicasteri e le relative tecnostrutture: ecco gli ingredienti della ricetta usata allora. Perché non ripeterla con una figura di garanzia per il Recovery plan? Pensiamo meno al futuro della maggioranza e di più a quello del Paese.
2. Vaccini. Sul piano vaccinale, è indietro l’Europa ed è indietro l’Italia. Non è una partita che si può affidare a commissari buoni per tutte le stagioni o per tutti i temi. Serve una responsabilità politica, forte e autorevole: un membro del governo che si coordini e – di nuovo – coordini chi, all’interno del governo stesso, ha responsabilità su sanità, trasporti, affari europei, pubblica amministrazione, raccolta dati, lavoro e terzo settore. Perché non individuare una figura di garanzia anche qui? Il piano vaccinale è multidimensionale e non è solo un tema da ministero della Salute, che nel frattempo dovrebbe essere lasciato libero di concentrarsi sulle altre priorità innescate dalla pandemia e sul ridisegno del servizio sanitario nazionale del futuro.
3. Scuola. Questo è uno dei settori dove si sono accumulati più errori e ritardi nell’azione di governo. Dobbiamo cambiare passo, isolando questa responsabilità politica dal Cencelli delle spartizioni tra partiti e correnti. Adesso serve subito un piano straordinario, da realizzare da qui a settembre, per il contrasto alla dispersione scolastica, la misurazione e il recupero delle competenze perse durante il Covid: un piano da definire subito con parti sociali ed esperti, ma senza arenarsi dietro a scuse su orari, luoghi o calendari estivi. Nello stesso tempo, va progettata la scuola del futuro (ne ho parlato sempre qui). Per fare tutte queste cose, serve una figura autorevole e capace di portare avanti il dialogo sociale senza smarrire la direzione di marcia.
Vogliamo parlare di nomi? Lasciamo stare le impuntature personalistiche e gli indici di popolarità che durano lo spazio di un mattino. Lasciamo stare la caccia ai parlamentari senza fissa dimora. Parliamo di questi nomi: tre figure autorevoli e condivise sui temi di cui sopra per dare un chiaro segnale di svolta. Ecco perché vorrei che tutti i partiti della maggioranza si dicessero pronti a ridurre le proprie delegazioni al governo, per fare spazio e dare concretezza a questa proposta. E, ovviamente, quando invito a parlare di questi tre nomi, do per scontato che non debbano essere sempre declinati al maschile.