«Draghi? Ha le qualità che da tempo auspicavo in un politico: una persona seria, competente, autorevole ed efficace». Lo dice Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, in una intervista alla Stampa sulla svolta inattesa nella crisi politica.
«Ammiravo Draghi anche in tempi non sospetti», ammette. Al meeting di Rimini di agosto, durante il discorso dell’ex presidente della Bce, «pensavo che avrei trovato in sala buona parte dei rappresentanti del sistema politico ed economico italiano» e invece «c’ero solo io».
«Ho sempre considerato Mario Draghi un patrimonio del nostro Paese», dice Bonomi. Dagli industriali e dai sindacati è già arrivato il sostegno a un esecutivo guidato dal professore. «Alla politica noi abbiamo sempre chiesto un metodo di lavoro. Abbiamo sperato di poterci confrontare con persone serie, autorevoli, competenti», spiega.
Finora Carlo Bonomi si era fatto conoscere per i suoi attacchi al governo. Ora l’aria sembra essere cambiata. Che cosa chiederà Confindustria al nuovo presidente del consiglio? «Non miliardi ma confronto», risponde. Quanto ai provvedimenti da sempre criticati, come reddito di cittadinanza e quota 100, spiega: «Abbiamo sempre pensato fosse necessario combattere la povertà ma è sotto gli occhi di tutti che il reddito di cittadinanza come strumento per favorire la ricerca di un lavoro ha fallito».
Anche quota cento va rivista: «Abbiamo sempre avvertito che quota 100 avrebbe creato problemi di sostenibilità del debito pubblico e aggravato l’ingiustizia verso i più giovani. L’idea che pensionando in anticipo i più anziani si creassero nuovi posti di lavoro non è fattibile».
Sul lavoro, invece, «abbiamo bisogno di una riforma radicale degli ammortizzatori sociali e di politiche attive del lavoro efficaci, non solo imperniate sui centri pubblici per l’impiego. Sono due riforme che vanno insieme. A luglio abbiamo presentato una nostra proposta al governo. Ma non se ne è mai fatto nulla».
L’ipotesi, su questi temi, è anche quello di un tavolo comune con i sindacati. «Credo che il nuovo governo potrebbe convocarci per una trattativa a tre», dice Bonomi. «Dobbiamo cambiare la filosofia: è difficile immaginare di mantenere il lavoro dove era e come era in un mondo che cambia. E contemporaneamente tutelare le persone, formandole perché abbiano la capacità di modificare la loro professionalità. Ma per ottenere il risultato bisogna modificare vecchie norme. Come quella che impedisce la formazione a chi si trova in cassa integrazione».
Sul blocco dei licenziamenti dice: «All’inizio della pandemia eravamo in emergenza ed era naturale adottare un intervento emergenziale come il blocco, che peraltro non è stato adottato in nessun altro Paese occidentale. E nonostante il blocco dall’inizio della pandemia abbiamo comunque perso oltre 600mila posti di lavoro. Nessuno vuole fare macelleria sociale. Dobbiamo invece graduare l’uscita dal blocco prolungando la cassa Covid per le aziende in gravi difficoltà ma togliendo i vincoli alle altre. Unendo nuovi ammortizzatori e nuove politiche entrambi volti all’occupabilità».
La speranza del presidente di Confindustria, ora, è che i partiti guardino «all’unità del Paese come ha detto Draghi accettando l’incarico». I dati «dicono che nel 2020 abbiamo perso Pil in una percentuale doppia della Germania. Con Draghi abbiamo ben altre aspettative».