Un cambio di guardia, ma senza strappi e nella direzione della continuità. Al vertice della Cisl arriva Luigi Sbarra, eletto dal Consiglio generale come successore della segretaria Annamaria Furlan, che ha deciso di lasciare con più di un anno di anticipo dopo sette anni alla guida del sindacato. «Passo il testimone in mani sicure», ha detto Furlan, dopo aver indicato lei stessa Sbarra come suo sostituto. «Luigi sarà un grande segretario».
L’arrivo di Sbarra al timone della Cisl è stato approvato quasi all’unanimità dal parlamentino della Cisl: 168 voti su 173 presenti. Da tempo seguiva da vicino le vertenze e i tavoli principali insieme a Furlan, dopo che era stato richiamato due anni fa nella segreteria confederale come segretario aggiunto. Era chiaro a tutti, insomma, che il sindacalista calabrese fosse il candidato naturale alla successione. Furlan, prima donna a guidare il sindacato con 4 milioni di iscritti dopo l’uscita di scena improvvisa di Raffaele Bonanni, aveva già detto che non si sarebbe ricandidata al congresso federale, che comincerà nei prossimi mesi. E poi, circa due settimane fa, ha bruciato i tempi con l’annuncio dell’intenzione di lasciare l’incarico già da marzo.
Sessantuno anni, originario della Locride, dipendente dell’Anas, Luigi Sbarra ha una lunga carriera sindacale alle spalle. Partito dal settore dei braccianti agricoli con la Fisba, ha scalato il sindacato prima come segretario provinciale di Reggio Calabria per poi arrivare alla segreteria regionale e infine nazionale dal 2009. Con una parentesi dal 2015 al 2018 alla guida della Fai, la sigla che rappresenta agricoltura, ambiente e industria nella Cisl. per poi rientrare a Roma nella sede centrale di via Po.
La stessa Furlan nel 2018 lo propose come segretario generale aggiunto, affidandogli le deleghe “di peso”: contrattazione, mercato del lavoro, industria e rappresentanza.
Al centro del suo discorso di insediamento, Sbarra – come già ripetuto in precedenza da Furlan – ha posto la necessità di aprire «una vera e rinnovata stagione di concertazione» con un nuovo «patto sociale» per arrivare «a un modello di sviluppo che coniughi solidarietà e competitività, partecipazione e produttività» grazie all’aiuto dei fondi in arrivo dall’Europa con il Recovery Plan.
Con la pandemia, ha detto, «abbiamo toccato il picco di oltre 9 milioni di persone in cassa integrazione e nel 2021 corriamo il rischio di perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro», oltre ai «quasi 500mila già persi».
Da qui la richiesta, già avanzata nei primi incontri con il nuovo governo, di una proroga del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali Covid finché dura l’emergenza. Sbarra ha mostrato apprezzamento per le linee programmatiche di Draghi laddove ha «fatto riferimento all’esigenza di difendere e proteggere tutti i lavoratori, come anche il forte accento sulle politiche attive». Ma, ha precisato, «senza innamorarci delle parole. Valuteremo e metteremo a verifica i fatti».
In agenda ci sono poi le riforme, dagli ammortizzatori sociali (sui quali si è aperto il tavolo con il ministro Orlando) alla pubblica amministrazione. E in queste partite, come nella Cisl di Furlan anche in quella di Sbarra resta centrale «l’unità d’azione con Cgil e Uil», che però «non deve essere un feticcio fine a se stesso, né omologazione a un pensiero unico, ma costruzione di una proposta di sintesi in grado di rispondere a tutte le sensibilità».
In linea con la priorità della «piena realizzazione del piano vaccinale», Sbarra ha anche sollecitato «un incontro per aggiornare i protocolli sulla sicurezza per facilitare la somministrazione nei luoghi di lavoro». Incontro che ci sarà proprio questo pomeriggio con le parti sociali.
Mentre sul Recovery Plan, definito come «occasione storica», ha chiesto «concretezza progettuale, con un vero cronoprogramma e reali valutazioni d’impatto sui riflessi occupazionali, sociali ed economici di ogni progetto». Ecco perché «il percorso va condiviso a ogni livello», ha precisato.
Con un avvertimento anche alla politica: «Il legislatore stia lontano dai temi propri della libera contrattazione. Imbrigliare nella rigidità della legge organizzazione del lavoro, rappresentanza, causali, mortifica la contrattazione». Il riferimento è al tema del salario minimo, ma anche alle regole sui contratti a termine del decreto dignità, che proprio durante il Festival de Linkiesta Sbarra aveva criticato duramente. «La politica ha solo un messaggio: fare tutto con la legge. Dal salario minimo in poi. Ma i posti di lavoro stabilii e retribuiti non si creano per legge. Servono investimenti pubblici e privati», aveva detto già nel 2019.
Per Sbarra ora la sfida sarà duplice. Non solo quella di guidare un grande sindacato nella peggiore crisi occupazionale dal dopoguerra, con una attenzione particolare al Mezzogiorno (che conosce bene). Ma anche quella di recuperare la fiducia nelle parti sociali da parte di un mercato del lavoro sempre più frammentato tra formule contrattuali che i sindacati faticano a intercettare. Nel 2020 la Cisl ha perso più di 10mila iscritti.