All’inizio della mia carriera nel mondo del giornalismo enogastronomico ho moderato per lungo tempo i forum del mensile La Cucina Italiana. Era l’inizio del 2000, la situazione era molto diversa da quella attuale: non c’erano programmi di cucina, internet era agli albori, gli chef stavano mediamente ai fornelli e non in tv e – attenzione attenzione! – i social network non esistevano.
Il magazine per il quale lavoravo, allora all’avanguardia sullo sviluppo nel digitale, aveva aperto un sito di ricette e consigli gastronomici nel 1997, e aveva inserito nel sito sei forum tematici, ciascuno dedicato a un argomento specifico.
I forum erano paragonabili agli attuali gruppi di Facebook, ed essendo quello uno dei primissimi spazi dedicati alle ricette, erano molto frequentati e assiduamente popolati da ogni genere di contenuto generato dagli utenti.
Le regole erano ferree ed erano state ideate dall’allora vicedirettore della rivista, Vitalba Paesano, a cui va indubbiamente dato il merito di essere stata la vera pioniera dello sviluppo della cucina italiana online. Convinta sostenitrice del digitale, era non amatissima (sì, è un eufemismo) dal resto della redazione strettamente cartacea: credo di aver sentito la parola “cannibalizzazione” ripetuta come un mantra ad ogni riunione, almeno una dozzina di volte, per anni.
Di fatto sui forum si incontravano i lettori della rivista, esseri mitologici con gli archivi del giornale dal ’29 ai giorni nostri, capaci di scovare una ricetta uscita nel settembre del 1963, conoscendo indice e numero di pagina e ricordando ogni singolo ingrediente citato dal cuoco Cirillo e dalla mitica Signora Olga.
Sul forum si scambiavano ricette, ovvio, parlavano di cucina, creavano quella che oggi chiameremmo community e che allora era solo un’aggregazione di persone appassionate della stessa materia. Le discussioni erano infervorate, continue, infinite: ma soprattutto erano immoderabili. Eppure: eppure a un gruppo sparuto di semi-redattori toccava moderarle.
Perché la dottoressa Paesano non ammetteva errori nei forum, non ammetteva deroghe alle rigide regole che aveva scritto e pretendeva che nel “suo” universo digitale gli utenti si comportassero come persone educate e rispettose.
Il problema era farlo nel concreto: perché noi eravamo in tre, loro spuntavano come funghi. Erano migliaia, sempre di più, ogni giorno più agguerriti e con un infinito monte ore di tempo libero. Noi avevamo il nostro lavoro da fare, e moderare i forum era una delle mille incombenze di una redazione davvero esigua. Loro erano coalizzati, noi dovevamo essere gentili. Loro pretendevano che tutto fosse semplicemente perfetto, che avessimo sempre la risposta immediata, che fossimo sempre connessi. Che rispondessimo in tempo reale a qualunque esigenza. Ricordo di un 25 dicembre, con la faraona da infornare a casa, e il computer a fianco per poter rispondere a qualcuno che aveva bisogno del tempo di cottura della carne e si era perso la ricetta. Ma come? Non avevo tempo per rispondere a una necessità così incombente durante il pranzo di Natale?
Nessun grazie: tutto era dovuto, tutto era – semplicemente – gratuito. Nessuno di loro percepiva il nostro impegno, la nostra dedizione. E nessuno comprendeva le ore e la pazienza che comportava questo infame lavoro.
Quando ho letto la notizia che il New York Times ha deciso di abbandonare il suo nutrito gruppo Facebook e lasciare senza guida i 76mila iscritti faticosamente conquistati ho capito, senza aver letto l’articolo, il perché della scelta.
Poi ho letto il pezzo e la mia mente è tornata a quell’esordio lontano, e ho pensato a quanto i redattori del più importante giornale al mondo, con la sezione di cucina più bella di sempre, con le firme più prestigiose del settore, avessero ragione nel volersi sfilare dallo stillicidio quotidiano.
Loro dicono che lo fanno perché il gruppo non è più strategico per il giornale, perché ha perso contatto con la realtà del magazine, molti sospettano sia questione economica, perché non porta reddito. Ma noi sappiamo che non è così.
Non penso che il moderatore di forum o gruppi Facebook possa essere considerato lavoro usurante per la legge: ma nella realtà, lo è senz’altro.
PS alla fine, hanno vinto loro. I forumisti del 2000 sono ancora vivi e vegeti, si automoderano su un gruppo Facebook e si scambiano ogni minuto ricette consigli tecniche e … insulti. Ogni tanto li leggo, malinconica. Forse l’unico modo per moderarli è abbandonarli a se stessi e lasciare che si scontrino con il leonismo da tastiera.