«Un giorno mi vedrai in tv», ha detto una volta Cherif Karamoko a suo padre, esasperato dalla passione del figlio per il pallone. La profezia di Cherif si è avverata per metà: in tv ci è arrivato davvero, ma suo padre non ha potuto esserci per vederlo. Cherif Karamoko ha vent’anni, è un calciatore, uno scrittore e un sopravvissuto. È cresciuto a Nzérékoré, un paesino della Guinea, dove giocava a pallone davanti alla scuola. A soli 15 anni, dopo essere rimasto orfano di padre per la guerra e di madre per l’Ebola, decide di raggiungere suo fratello maggiore Mory in Libia e da lì affrontare il Mediterraneo per arrivare in Italia.
Il destino è stato spietato oltre che cinico: in mare Cherif Karamoko ha perso suo fratello. «Salvati tu che hai un sogno» gli aveva detto prima di morire, mentre gli legava il salvagente al collo. Quella frase poi diventerà il titolo del suo libro, scritto insieme a Giulio Di Feo e pubblicato lo scorso febbraio da Mondadori.«Sono arrivato in Calabria a sedici anni e ho vissuto in un centro di accoglienza a Villa, in provincia di Reggio Calabria» racconta a NRW. «In quel centro di accoglienza non c’era il riscaldamento, il cibo era scarso e non ci davano il sapone. Soprattutto, non ci facevano studiare. Ma io sapevo quali erano i miei diritti e non mi sono arreso». In seguito alle sue proteste di fronte alla Prefettura di Reggio Calabria, Karamoko ottiene il trasferimento a Battaglia Terme in provincia di Padova, dove sorprende molti con il suo talento per il calcio che gli fa guadagnare la possibilità di un provino nella squadra del Padova.
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