In Italia sta nascendo una nuova generazione di professionisti dell’IT. I protagonisti arrivano come profughi da Paesi dilaniati da instabilità geopolitiche ma, nonostante le difficoltà delle loro storie personali, hanno i requisiti per inserirsi nel mercato del lavoro europeo. Se n’è accorto nel 2017 lo svizzero Christian Hirsig che ha deciso di lanciare un’accademia di programmazione per rifugiati, dopo un incontro illuminante con due imprenditrici statunitensi del settore della formazione professionale per migranti, attive nel coding (la programmazione, appunto) per donne e con una scuola di cucina.
Ha preso forma così Powercoders, ong che dalla Svizzera è approdata a Torino nel 2020 e ha passato il testimone a Milano per l’edizione 2021, con il supporto di Reale Foundation, Fondazione Italiana Accenture, Lenovo, UNHCR Agenzia Onu per i Rifugiati e il Comune di Milano. L’ultima buona notizia è che anche le istituzioni italiane hanno riconosciuto il valore di Powercoders che, con l’adesione alla Repubblica Digitale, è ufficialmente entrata nelle iniziative strategiche nazionali promosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
A Milano i corsi sono partiti all’inizio di febbraio in versione online e andranno avanti per tre mesi. Sono rivolti a uomini e donne per la maggior parte provenienti da strutture di accoglienza come gli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Non sono richieste competenze specifiche nel settore IT, anche se costituiscono un vantaggio, e sono invece tenute in grande considerazione motivazione, passione e determinazione, per evitare che ci sia dispersione di studenti.