In Italia i cittadini tra i 70 e i 79 anni d’età hanno ricevuto meno dosi di vaccino rispetto a quanto fosse auspicabile. Non per i ritardi nelle forniture o per una carenza di strutture. Il nodo è stata la decisione politica iniziale, un piano vaccinale che procede in parallelo con le somministrazioni: da una parte la popolazione più anziana, dall’altra operatori sanitari e altre figure chiave.
In questo modo in tutto il Paese la popolazione tra i 20 e i 39 anni, paradossalmente, ha ricevuto più vaccini rispetto ai 70enni, almeno in termini relativi. E questo nonostante una rischio di ricovero ospedaliero e di morte sensibilmente più basso.
Lo ha scritto il Financial Times in articolo firmato da Miles Johnson, Silvia Sciorilli Borrelli e John Burn-Murdoch, spiegando in che modo adesso il governo Draghi cercherà di porre rimedio alla strategia messa in campo inizialmente dall’amministrazione di Giuseppe Conte: «Draghi è pronto a dare un’accelerazione al programma di vaccinazione mettendo gli anziani in cima alla lista di priorità per le somministrazioni, in un momento in cui il Paese sta registrando un forte aumento delle infezioni quotidiane. Secondo un funzionario del governo, le misure che saranno dettagliate venerdì dal primo ministro italiano dovrebbero includere anche il reclutamento nell’esercito per accelerare la somministrazione di dosi agli over-70».
Paradossalmente solo poco più del 2% degli italiani settantenni ha ricevuto una dose, il tasso più basso tra tutti gli adulti di età superiore ai 20 anni. Per avere un termine di paragone, il 6% degli italiani tra i 60 e i 69 anni e l’8% cinquantenni hanno ricevuto già fatto una prima iniezione.
Circa il 40% della popolazione di età superiore ai 90 anni ha assunto almeno una dose, così come il 28% delle persone di età superiore a 80 anni. «Questo modello è solo italiano, non c’è in altri Paesi, nemmeno in quelli in cui l’età non è stata necessariamente un fattore prioritario, come gli Stati Uniti: anche qui la percentuale di persone vaccinate aumenta con l’età», scrive il Financial Times.
L’idea di rivedere il piano vaccinale non si basa sull’intenzione di emulare altri Paesi, ma su un’evidenza scientifica: somministrare il vaccino prima agli anziani, anche con una sola dose, riduce significativamente la mortalità, e allo stesso tempo vaccinare i giovani ha portato pochi risultati.
Fino ad oggi l’Italia ha registrato oltre 100mila decessi per Covid-19, di cui oltre l’80 per cento tra gli over-70. Ma delle 5,7 milioni di dosi somministrate solo il 30 per cento è andato alla popolazione che rientra in quella fascia di età.
Al contrario, le persone di età compresa tra i 20 e i 39 anni, hanno registrato meno di 300 decessi per Covid-19, e hanno ricevuto il 36% di tutte le dosi somministrate. Mentre gli operatori sanitari hanno ricevuto il 43% delle dosi – cioè 2,6 milioni – secondo il ministero della Salute.
Parlando con il Financial Times Paul Hunter, professore di medicina all’Università dell’East Anglia, ha detto: «Comprendo perfettamente il desiderio di vaccinare gli operatori sanitari dal momento che entrano in contatto con molte persone vulnerabili, ma questo non servirà a ridurre i decessi e i ricoveri quanto vaccinare coloro che sono più a rischio».
Il quotidiano britannico individua anche una disparità tra il milione di dosi «assicurate a operatori non sanitari, molti dei quali giovani, rispetto alle 457mila iniezioni eseguite tra gli ospiti delle case di cura». E poi conclude con un altro impegno incombente per il governo Draghi: garantire la somministrazione di dosi di vaccini inutilizzate, dal momento che alcune regioni sono più lente di altre. La Sardegna, ad esempio, deve ancora utilizzare più di un terzo delle sue dosi, mentre alla Lombardia ne resta circa un quarto: complessivamente in Italia è stato somministrato più dell’80% di tutte le dosi disponibili.