La bellezza sta cambiando. Anzi, in un certo senso è già cambiata: se non per la sostanza dei prodotti di make-up, di sicuro per il ruolo giocato dalle nuove piattaforme social, che hanno salutato l’arrivo di nuovi influencer del trucco. Su Youtube ci sono tutorial che illustrano il processo, su Instagram immagini splendenti che mostrano il risultato finale. E soprattutto su TikTok, il social della Generazione Z, dove il momento della trasformazione (repentina, come richiede la durata dei video postati) diventa un format a sé.
E a incarnare lo spirito del nuovo tempo, comprese le dinamiche di comunicazione e pubblicità dei prodotti, non può che essere Addison Rae Easterling, celebrità dei social, beauty influencer e co-fondatrice di una nuova linea di make-up. Ha 20 anni e, forte di una notorietà fulminante conquistata con balletti hip hop in stile cheerleader, è riuscita a diventare un volto noto, un personaggio famoso, una sorta di icona moderna.
A inizio 2020, grazie ai suoi 3 milioni di follower, è stata scelta per essere il volto di Madeby Collective, la nuova linea di prodotti di bellezza di Ipsy, il più grande servizio di fornitura di make–up su abbonamento di tutti gli Stati Uniti. Per entrambi è stata una scelta azzeccata, tanto che Addison Rae è riuscita a raggiungere il record dei 78 milioni di follower su TikTok, guadagnando un ruolo di punta nel settore del beauty americano.
La sua storia viene raccontata in questo incredibile articolo del New York Times Magazine, a firma di Vanessa Grigoriadis. In Addison Rae, che ha più follower degli abitanti del Regno Unito (seconda solo a Charli D’Amelio), vengono a intrecciarsi tutti i cambiamenti avvenuti nel settore della cosmesi in America negli ultimi anni.
Studiare il fenomeno significa anche riflettere sul senso di un’industria che negli Stati Uniti (dove è la più grande del mondo) riesce a totalizzare 92 miliardi di dollari nel 2019, con un consumo più che raddoppiato negli ultimi 15 anni prima della pandemia. E attraverso Addison Rae si indaga sulle nuove forme del messaggio pubblicitario, che punta più a diventare una via per il raggiungimento del benessere, attraverso l’espressione di sé.
Il racconto parte dalla fine, cioè dal contratto tra Rae e Ipsy, che sfocia nella sua linea personale di prodotti di bellezza, “Item Beauty”. Creare un brand personale è un fenomeno comune, un passo ormai obbligato per tutte le celebrità, che siano classiche (attrici, cantanti) o moderne (influencer). Lo ha fatto Rihanna, con Fenty (innovando il settore), lo hanno fatto anche Kylie Jenner, Kim Kardashian, Lady Gaga, o Jessica Alba e, a modo suo, anche Gwyneth Paltrow. Addison Rae non poteva esimersi.
Del resto è una tendenza importante, che non altera nel profondo gli equilibri di un mercato dove a livello di profitti dominano ancora i grandi marchi di bellezza – di solito sorti all’inizio del XX secolo, nel decennio d’oro degli anni ’20 – ma che è indizio di un cambiamento profondo.
Da un lato è una sorta di «atomizzazione» che rispecchia, secondo alcune analisi, la situazione del XIX secolo, quando i prodotti di bellezza venivano pubblicizzati e distribuiti da venditori locali, ognuno vantando novità, innovazioni, nuovi ritrovati. Oggi la piazza è digitale, i pareri si scambiano online e, come spiega nell’articolo Chloe Hall, digital beauty director di Elle, «le 14enni sono personalità di bellezza migliori». Logico che gli influencer, che sviluppano con i propri fan un rapporto più intimo rispetto a quello tra consumatore e marchio, riescano a emergere in questo ambiente.
Dall’altro è un rinnovamento del messaggio. I grandi marchi, pur avendo raggiunto le possibilità tecnologiche, sono rimasti fermi sulle linee abbracciate 30 anni fa, cioè proponendo uno standard di bellezza classico fondato sul modello di donna bianca. È stata la stessa Rihanna a rompere l’equilibrio: ha proposto una linea di fondotinta studiati per pelli di colori diversi.
Una piccola rivoluzione, con conseguenze notevoli: l’offerta di prodotti è cambiata, l’industria ha dovuto in poco tempo mettersi al passo e abbracciare il concetto di inclusione, allineandolo alle aspettative, più moderne, dei consumatori. È qui che anche il messaggio di fondo del make-up inizia a cambiare.
Per le celebrità, aprire una propria linea di bellezza è quasi una regola non scritta. Da un lato, come ricorda Grigoriadis, dipende dall’ovvio desiderio di monetizzare la propria fama.
Dall’altro si aggiunge un aspetto meno evidente: l’insicurezza. Il make-up è diventato per alcune di loro – e per la nuova cultura dell’industria della moda – un modo per aumentare la propria autostima.
Lo utilizzano per migliorare la percezione di sé, per ripararsi dalle delusioni, per stare meglio. «È una diversa forma di pittura», spiega Rae al New York Times, «e la si fa sulla propria pelle. Io penso che si debba lavorare per mettere in risalto le proprie particolarità e se c’è un difetto, considerarlo un aspetto che ti rende unica rispetto agli altri. Forse non è nemmeno un difetto, è qualcosa che consideri un difetto ma che in realtà ti distingue».
È qui condensato il comandamento della cultura della bellezza contemporanea: il trucco è una forma di auto-espressione e serve a parlare di sé, a sentirsi bene, a stare bene, non a cancellare le proprie irregolarità.
Ma non è così semplice.
Prima di tutto, la stessa Grigoriadis ha potuto notare un cambiamento nell’aspetto di Addison Rae che sembra, piuttosto, puntare in un’altra direzione. Il trucco più pesante, l’impiego di effetti visivi suggeriscono che, come punto di riferimento (anche del business, niente ne è esente a questo livello) è quello di Kylie Jenner. Ed è un passaggio indicativo, perché il volto di Kylie Jenner racconta un aspetto profondo del nostro tempo.
«Ogni era ha i suoi simboli estetici: la boccuccia a rosa degli anni ’20, il sorriso con denti separati di Lauren Hutton negli anni ’60, gli occhi socchiusi e ciglia dritte di Cheryl Tiegs nella fine degli anni ’70. Il nostro è Kylie», scrive la giornalista. E intende indicare «il mento piccolo e affusolato, la pelle più scura di quello che dovrebbe essere e le labbra oversize».
Non è un volto particolare, è la riproduzione della cosiddetta Instagram Face, un modello che si ritrova ovunque. Riguarda Bella e Gigi Hadid, c’entra con le Kardashian, senza dubbio, e si può riassumere così: fronte liscia, occhi ampi (o se tendono a piegarsi all’insù, occhi volpini), labbra piene, con la stessa altezza sopra e sotto, naso e mento assottigliati, zigomi altissimi.
Non sono tratti naturali o, almeno, non è naturale averli tutti nello stesso volto. Sono caratteristiche di diverse etnie che vengono raccolti con l’aiuto della chirurgia. È un volto ideale e impossibile che, quasi come un controcanto, accompagna il processo di democratizzazione e varietà del mondo della bellezza. Lo standard diventa non solo inarrivabile ma, addirittura, irrealizzabile.
Quello che ne risulta, almeno nell’analisi del New York Times, è una convivenza scomoda tra bellezza e insicurezza. Si tratta di un aspetto importante, spiega, perché emerge anche nelle confessioni che, di tanto in tanto, la stessa Addison Rae fa ai suoi follower. Momenti bui, difficoltà, paura di non piacersi punteggiano un account altrimenti dedicato al culto della bellezza e dell’automiglioramento.
Come lo si spiega? Da un lato è la legge del social: il fan si aspetta (e deve ricevere) un rapporto autentico con il suo idolo, che ricambia condividendo le sue tristezze. Dall’altro è una diretta conseguenza di una cultura che associa il make-up al benessere. Deve cioè affrontare il paradosso, solo apparente, tra la body positivity (il tuo corpo è perfetto così come è) e la cura di sé (il trucco ti renderà più bella). In mezzo c’è l’antica ma sempre valida necessità di vendere.
Il risultato è un messaggio ambiguo, una trappola retorica dissociativa: voglio che tu sappia che hai un corpo perfetto, anche se stai comprando trucchi per somigliare a me, che pure ogni tanto ho momenti di infelicità.
Come se ne esce? Semplice: non se ne esce. Anche se è difficile stabilire quanto, dell’insicurezza di Rae sia da attribuire ai social media, è logico – sostiene l’articolo – che Rae «sia diventata famosa perché è facile identificarsi con lei e perché è, in qualche modo, insicura. La fama l’ha esposta alle critiche, cosa che l’ha resa ancora più insicura ma al tempo stesso anche più preziosa».
Il circolo vizioso vale anche per i suoi fan. Più si affidano ai prodotti che Rae pubblicizza per diventare belle, più sentono di averne bisogno per sentirsi bene.