Saranno davvero possibili (totali? parziali? a macchia di leopardo?) le riaperture previste per il prossimo 26 aprile? La speranza anche per il modo dello spettacolo e dell’arte è che con l’intensificarsi della campagna vaccinale il periodo più triste dell’isolamento a cui siamo stati sottoposti possa concludersi.
Gli artisti nel frattempo non hanno mai perso l’esigenza di creare ma anche quella di mostrare in ogni modo il lavoro. È impossibile contare il numero di organizzazioni o singoli individui che hanno provato a mettere in atto pensieri laterali rispetto al loro modo precedente di considerare la propria attività: i più spericolati lo hanno fatto sperimentando nuovi percorsi, a volte con risultati inaspettati.
Durante questo sfortunato periodo che ha visto da più di un anno la serrata completa di cinema e teatri l’unica salvezza è sembrata a molti lo streaming. Si è visto di tutto in streaming: letture, conferenze e dibattiti, registrazioni di spettacoli in precedenza eseguita in presenza: si è trattato di iniziative di singoli o di istituzioni, in ogni caso messi alle corde alla pandemia.
Immediatamente poi si è aperto il dibattito: se il teatro possa essere solo ed esclusivamente quello che avviene davanti a un pubblico reale o altrimenti. Se la fruizione di un’opera d’arte possa avvenire davvero attraverso lo schermo di un cellulare o del pc di casa…
Qualcuno ha comunque provato a sperimentare un cosiddetto teatro digitale (che brutta parola!) pensato proprio per lo streaming e non semplicemente traghettato su questo mezzo.
E il risultato è stato qualche volta notevole.
Così è avvenuto ad esempio per Santa Samantha Vs che il commediografo e regista Rosario Palazzolo ha riscritto a partire da tre pièce separate. Lo ha fatto per una recita da eseguire davanti non a una platea, ma ad un unico occhio: quello della telecamera. Palazzolo ha pensato in ogni caso questo lavoro «come fosse un’operazione strettamente teatrale, solo pensata in circostanze differenti».
L’interpretazione – offerta per sole due serate in streaming dal Teatro Biondo di Palermo – di uno straordinario Filippo Luna e degli altri bravissimi interpreti non ha lasciato nessuna perplessità: anche lo streaming quando raggiunge questo livello, è grande teatro a tutti gli effetti.
Altra istituzione che sin dal primo lockdown ha messo in campo un’iniziativa dopo l’altra utilizzando in tutti i modi il digitale è stata la Triennale di Milano.
Lo scorso 16 aprile Stefano Boeri e la curatrice di T(rap&Architecture Bianca Felicori si sono misurati con Frah Quintale, Rkomi e The Night Skinny rappresentanti della corrente musical trap. Tema: l’architettura e e l’urbanistica delle periferie che appare sullo sfondo di molti video di questa corrente musicale.
Il digital talk si è svolto con le modalità di una conferenza tradizionale: con tanto di palchetto, tavolini, seggiole e sanificatori (al posto del tradizionale bicchiere d’acqua) a disposizione dei relatori. Avrebbe potuto risultare quanto di più pericolosamente noioso possibile.
Ma il tema scelto grazie anche all’inserzione di spezzoni dei video trap evocati si è invece rivelato efficace: un guizzo rispetto a quanto viene proposto nella stragrande maggioranza dei casi dalle emittenti televisive generaliste.
Anche nelle arti visive, al di là delle riaperture a strappo dei musei, molto si è mosso e proprio per iniziativa private di singoli artisti. Ne ricordo qui due.
Il girovagare di Polka Puttana ad esempio. Luigi Presicce la definisce scherzosamente una zingarata.
Presicce (origini leccesi, ma residente a Firenze) è uno dei migliori performer della scena contemporanea italiana e in realtà di scherzoso Polka Puttana, nata da un’idea condivisa con Matteo Coluccia e Gabriele Tosi ha assai poco.
L’ultima tappa (prima dell’imbarco su una nave da crociera Grimaldi per una love boat sul Tirreno) è avvenuto lo scorso 29 marzo sulla spiaggia di Mondello a Palermo. Dal furgone che costituisce l’archivio della mostra sono scese una serie di opere che già erano state disposte nelle tappe precedenti. Racconta Presicce:
«A ogni nuova esposizione arriva però sempre qualcuno di nuovo che ci lascia un’opera. Scarichiamo, allestiamo, fotografiamo e ogni volta che ripartiamo ci sono sempre cose in più».
Le Polke ad oggi sono state sei. Partite dal parcheggio della A1 uscita Villa Costanza (Firenze) il 20 dicembre 2020, sono poi proseguite all’Abetone in gennaio, a Roma e Bologna in febbraio.
Dislocate sulla sabbia di questo lido le opere presentate sono dandate a costituire l’ennesima mostra “non autorizzata” con tanto di foto di rito a documentare l’evento. A questo mostra viaggiante hanno già preso parte nomi quali Mattia Pajé, Anna Capolupo, Cesare Pietroiusti, Bianca Sofia Schroder, Francesco Lauretta, Valeria Carrieri, Andrea Renzini, Francesco De Grandi…
Qualcosa del genere sta provando a diffondere proprio in questi giorni anche Filippo La Vaccara (catanese di origine ma residente a Milano) che pure performer non è. Raffinato pittore e scultore dalle modalità pop La Vaccara ha dato vita insieme al videomaker Danilo Torre ad un cortometraggio realizzato in maniera del tutto estemporanea in un parco della metropoli lombarda.
People and Pizza è il tentativo di presentare le sue sculture animandole come si trattasse di maschere teatrali: l’idea nasce da una riflessione sui processi di diffusione del prodotto artistico.
Le sue teste realizzate in filo di ferro e cartapesta nel corto danno vita a un dialogo impossibile tra protagonisti mascherati che risultano autentici come i “tipi” della commedia antica. Anche grazie alle musiche sapienti di Alessandro Linzitto ne emerge uno spaccato (un po’ dada) della realtà che stiamo vivendo: è una visione introspettiva in chiave home movie delle teste che solitamente La Vaccara realizza in piccola dimensione utilizzano terracotta poi dipinta a mano.
Oltre al filmato La Vaccara e Torre hanno concepito otto brevissimi spezzoni autonomi che stanno condividendo sui canali social e che anticipano l’intera sequenza.