Con rinnovata energiaAnche la Borsa segnala un cambio di tendenza a favore dei combustibili non fossili

Mentre petrolio, gas e carbone patiscono una crisi, la contrazione economica dovuta al Covid non ha fermato la crescita di solare, eolico e idroelettrico. La spinta viene soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Cina, mentre nel 2021 le forze trainanti saranno l’India e l’Unione europea

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L’energia rinnovabile ha battuto anche la crisi innescata dal Covid. In contrasto con il forte calo innescato dalla pandemia in molti settori energetici come petrolio, gas e carbone, nel 2020 l’energia rinnovabile ha registrato una forte crescita in tutto il mondo. La spinta viene soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Cina, mentre nel 2021 le forze trainanti saranno l’India e l’Unione europea.

Energia solare, eolica, geotermica, idroelettrica, da biomasse, a idrogeno: queste rinnovabili non hanno solo resistito all’urto della grande contrazione economica, ma hanno perfino trovato spazio per crescere.

Secondo il rapporto “Renewables 2020 – Analysis and Forecast to 2025” dell’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2020 le energie rinnovabili hanno rappresentato quasi il 90 per cento dell’aumento della capacità energetica totale in tutto il mondo e nel 2021 accelereranno fino a raggiungere la crescita più rapida negli ultimi sei anni.

«Nel mondo ormai la corsa è partita, e non si può più fermare», spiega Francesco Ferrante, ex direttore di Legambiente e fondatore dell’associazione Green Italia. «Le rinnovabili sono un fenomeno che, a prescindere dalle volontà politiche, registrerà un’ascesa straordinaria. Per il semplice fatto che sta diventando più economico investirci: un impianto fotovoltaico ha maggiore resa, tra costi e benefici, di uno che attinge dalle fonti fossili. E anche per questo motivo è il futuro», continua Ferrante.

Negli Stati Uniti, per esempio, sono aumentati del 30 per cento sia l’eolico sia il solare, e il Texas ha dato cittadinanza a Enel Green Power, che ha iniziato la costruzione del sito a energia solare “+ storage Lily” (un impianto a energia rinnovabile con lo stoccaggio a batteria utility-scale che dovrebbe essere operativo entro l’estate 2021).

La Cina si è invece candidata come responsable stakeholder nella gestione dell’idrogeno e dell’energia solare. Il Paese è leader mondiale nella produzione dell’idrogeno, con circa 20 milioni di tonnellate annue, che rappresentano un quinto della produzione globale e sono sufficienti a coprire un decimo del suo enorme fabbisogno energetico. Gran parte della produzione cinese, però, è legata all’idrogeno grigio, ottenuto dallo scarto produttivo di una reazione chimica, oppure estratto dal metano o da altri idrocarburi.

Così nel nuovo piano quinquennale cinese, che è stato approvato nell’ottobre 2020, e fissa gli obiettivi di sviluppo economico dal 2021 al 2025, si parla soprattutto dell’idrogeno green. L’obiettivo è portare l’idrogeno green a fornire alla nazione, entro la metà del secolo, almeno il 10 per cento della sua domanda energetica, raggiungendo 60 milioni di tonnellate prodotte e oltre 10mila stazioni di rifornimento sul territorio.

Nel frattempo, l’azienda statale Huanghe Hydropower Development ha da poco terminato i lavori di costruzione di un gigantesco progetto fotovoltaico nel deserto del Qinghai. Parliamo di una distesa immensa di moduli bifacciali che hanno regalato alla provincia cinese circa 2,2 gigawatt di nuova capacità verde. L’impianto ha una capacità di accumulo solare di 202,86 MWh (e una potenza di 202,86 megawatt), tale da renderlo un vero gioiello nel mondo dello stoccaggio “behind the meter”.

Il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia, Fatih Birol, assicura inoltre che «nel 2025, le energie rinnovabili diventeranno la più grande fonte di generazione di elettricità a livello mondiale, ponendo fine ai cinquant’anni del carbone come principale fornitore di energia. A quel punto, si prevede che le energie rinnovabili forniranno un terzo dell’elettricità mondiale e che la loro capacità totale sarà il doppio dell’intera capacità energetica odierna della Cina».

A segnare un cambio di tendenza stata anche la Borsa. Ben quattro società – Enel, Iberdrola, Ørsted e NextEra – hanno superato in termini di capitalizzazione di Borsa la propria omologa petrolifera, grazie alla loro opera pionieristica cominciata quando gli impianti di energia pulita erano ancora considerati alternativi e costosi. Un traguardo che rilancia anche l’India e l’Ue, che quest’anno avranno un’espansione delle capacità di energie rinnovabili di quasi il 10 per cento, la crescita più rapida dal 2015.

I progetti in cantiere sono molti e di diversa natura. In Europa, per esempio, la Danimarca ha approvato un piano per costruire un’isola artificiale nel Mare del Nord che produrrà energia rinnovabile in grado di soddisfare il fabbisogno di elettricità di 3 milioni di famiglie. In Germania l’eolico, il solare fotovoltaico e le altre fonti rinnovabili hanno superato i combustibili fossili nella produzione di energia.

Mentre a Piolenc, nei pressi di Orange, nel Sud della Francia, è stata creata O’Mega 1, la più grande centrale solare galleggiante d’Europa. Si tratta di un impianto composto da 47mila pannelli, installati su 17 ettari di un lago artificiale, che sorge su un’ex cava mineraria. La centrale ha una capacità totale di 17 megawatt ed è in grado di fornire energia a 4.700 famiglie (circa 10mila persone).

Passando all’altra promessa del 2021, in India, a Khavda nella zona desertica del Kutch, sarà costruito il parco di energia rinnovabile più grande del mondo – che si va a unire al Bhadla Solar Park, la faraonica centrale indiana da 2,24 gigawatt. Su un’area di 72.600 ettari saranno infatti installati sia pannelli solari sia impianti eolici, con l’obiettivo di fornire 30.000 megawatt di potenza. Il progetto è uno dei primi passi concreti per raggiungere l’obiettivo del Paese, che si è impegnato a installare entro il 2022 impianti con fonti di energia rinnovabile per almeno 175 gigawattora.

Sono progetti e sperimentazioni che richiedono piani ben strutturati, che non tutti i Paesi hanno: «Chi si posiziona prima avrà un vantaggio competitivo nel momento in cui l’economia riconoscerà le rinnovabili come fonti primarie», spiega Ferrante. La politica deve quindi fare sì che la transizione verso il mondo green avvenga in maniera rapida: «In Cina gli obiettivi vengono stabiliti senza un dibattito democratico, mentre in America la libertà di mercato della i tempi della conversione ecologica. L’Europa invece ha al suo interno delle situazioni molto diseguali».

A destare maggiore preoccupazione sono alcuni Paesi, tra cui l’Italia, che paiono ancora indietro nella transizione a basse emissioni. Belgio, Bulgaria, Romania e Polonia hanno gli obiettivi meno incisivi per quanto riguarda i progressi nel settore elettrico per tutto il prossimo decennio. Mentre Italia e Germania hanno progressi troppo lenti nonostante la dimensione delle loro economie e la domanda di energia elettrica.

Il nostro Paese negli ultimi mesi ha anche stabilito gli obiettivi per il piano di sviluppo dell’idrogeno. Un progetto ancora embrionale, che prevede la penetrazione dell’idrogeno sui consumi nazionali di energia del 2 per cento entro il 2030 (con prospettiva del 20 per cento nel 2050), 5 gigawatt di elettrolizzatori installati (sempre entro il 2030) e investimenti per circa 12 miliardi di euro totali suddivisi con il settore privato.

Sempre nel 2020, l’Italia ha visto crescere il fotovoltaico, ma con performance ancora sottotono. Nel complesso, le tre rinnovabili elettriche – fotovoltaico, eolico e idroelettrico – hanno aggiunto 339 megawatt di capacità da gennaio a giugno 2020: un valore del 39 per cento inferiore a quello del 2019. Peccato, però, che per raggiungere gli obiettivi che l’Italia si è data nel Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima), sarebbero necessari 330 nuovi megawatt rinnovabili al mese.

Il motivo del ritardo? «A frenare l’Italia sono le autorizzazioni, il cosiddetto permitting», chiosa Livio De Santoli, prorettore per le Politiche energetiche alla Sapienza e presidente del Coordinamento Free. «Il nostro Paese ha dei tempi medi di realizzazione di un impianto pari al doppio della media europea. Questo ha portato a una sfiducia nei confronti del settore, che ha visto le ultime aste per la compravendita di quote di energie rinnovabili andare pressoché deserte».

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